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Focus su Scuole e armi nell'Edizione 2025 di Top 200 

Le prime duecento multinazionale del mondo ai raggi X


di Rocco Artifoni



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Merita un supplemento d'attenzione la nuova edizione di Top 200, il rapporto che il Centro Nuovo Modello di Sviluppo dedica alle prime 200 multinazionali del mondo, classificate secondo il criterio del fatturato, se non altro perché molte di loro hanno più potere di molti stati. Nel rapporto sono utilizzati due metodi per confrontare il potere economico fra nazioni e multinazionali. Un primo metodo consiste nel mettere a confronto i fatturati con i Pil nazionali, ossia la ricchezza complessiva prodotta nei singoli paesi. Secondo questa metodica scopriamo che nel 2024 fra i primi cento posti siedono 42 multinazionali, precisando che la prima, ossia Walmart; compare al 23° posto, appena dopo Taiwan. Il quadro cambia radicalmente se anziché in base al Prodotto Interno Lordo (Pil), elenchiamo gli Stati in base agli introiti governativi. Rappresentazione più reale perché basata su criteri più omogenei. Osservando questi dati, fra i primi cento posti siedono ben 67 multinazionali, con la prima multinazionale che compare al 13° posto, prima dell’Australia.

Oltre al fatturato, il Rapporto fornisce il numero dei dipendenti e i profitti realizzati da ogni multinazionale. Complessivamente nel 2024 le Top 200 hanno fatturato oltre 28mila miliardi di dollari, una grandezza corrispondente al 25% del Pil mondiale. Quanto ai profitti sono ammontati a 2mila miliardi di dollari, praticamente il doppio di quelli realizzati dieci anni fa.

Oltre ai dati statistici relativi alle Top 200, il Rapporto offre anche degli approfondimenti su tematiche di particolare rilevanza economica e sociale. E se qualche anno fa si occupò  della presenza dei privati nella sanità, quest’anno si concentra sull’invadenza del mercato in ambito scolastico. Secondo l’Unesco in tutto il mondo 350 milioni di ragazzi frequentano scuole non statali, con l’incidenza più grande nella scuola per l’infanzia. In Italia la legge permette la gestione di scuole da parte di soggetti privati, ma le distingue in paritarie e non paritarie a seconda che possano rilasciare o meno certificati riconosciuti.

La maggior parte delle scuole paritarie sono gestite da strutture cattoliche per un totale di 515.135 alunni, pari al 66% di tutti gli allievi presenti nelle scuole paritarie. Si stima che la restante quota sia distribuita per il 14% nelle scuole per l’infanzia gestite dagli enti locali e un altro 20% nelle scuole paritarie gestite da altri enti privati come cooperative, fondazioni, associazioni, ma anche società commerciali.

Oltre che nella scuola primaria e secondaria, l’istruzione privata è presente anche a livello universitario. Lo Stato italiano riconosce 29 università private di cui 9 attive solo per via telematica. Fra le principali università private compaiono la Bocconi posseduta dalla Fondazione di famiglia, la Luiss posseduta da varie realtà imprenditoriali fra cui Confindustria, l’Università Cattolica posseduta da varie istituzioni ecclesiastiche. Complessivamente in Italia le università private accolgono il 20% degli studenti universitari, ma in termini di gettito assorbono il 45%  delle tasse pagate dagli studenti.

Un altro tema affrontato nel Rapporto si riferisce al piano di riarmo intrapreso dall’Unione Europea. In ossequio ai consigli forniti da Mario Draghi, il Consiglio dell’Unione Europea ha adottato un regolamento per mettere a disposizione degli stati membri prestiti agevolati, per complessivi 150 miliardi di euro, da utilizzarsi nel 2025 per il rafforzamento dell’industria bellica. Draghi sostiene che il rilancio dell’industria bellica fa bene a tutta l’economia perché fa crescere l’occupazione, ma Greenpeace ha dimostrato che altri settori creano molti più posti dell’industria militare. Di fatto le risorse impiegate per rafforzare gli eserciti e l’industria bellica europea sono sottratte alla soluzione degli innumerevoli problemi sociali e ambientali presenti nel nostro continente. Ciò nonostante la Commissione Europea auspica che in cinque anni la spesa bellica aumenti di 800 miliardi di euro.

Complessivamente nell’Unione Europea il numero di imprese presenti nel settore bellico si aggira attorno a 2mila unità, ma le prime 10 si aggiudicano da sole metà del fatturato. Ed è triste constatare che le più grandi sono partecipate in maniera consistente dai governi. Il governo italiano, ad esempio possiede il 30% di Leonardo e il 71% di Fincantieri per il tramite di Cassa Depositi e Prestiti. Il rapporto contiene una mappa relativa alla proprietà delle prime 10 imprese belliche europee, dalla quale emerge che il governo francese è il più coinvolto con le imprese di armi essendo presente nella proprietà di Airbus, Safran, Thales e viarie altre.

Il rapporto contiene anche altri approfondimenti fra cui uno relativo all’espandersi delle plutocrazie nel mondo. Ossia la presa di potere politico da parte dei magnati dell’economia come mostra la conquista della Presidenza da parte di Trump negli Stati Uniti. Il rapporto contiene una mappa del mondo in cui sono riportati altri 35 casi di plutocrazie disseminate nei cinque continenti.

Le ultime due schede si riferiscono a iniziative di resistenza nei confronti delle multinazionali. Due in particolare: quella intrapresa dai consumatori francesi contro Tesla, per le esternazioni fasciste da parte del suo amministratore delegato Elon Musk, e quella intrapresa dal Fondo Norvegese contro Caterpillar e altre banche israeliane per la loro collaborazione con l’oppressione del popolo Palestinese. A dimostrazione che anche le potenze le più forti possono essere combattute.

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