Storie di Resistenza nel docufilm del Liceo Valdese
- Piera Egidi Bouchard
- 14 ott
- Tempo di lettura: 3 min
Presentato quest'anno "La Stampa clandestina"
di Piera Egidi Bouchard

Quando ci lamentiamo che i giovani non partecipano, che si isolano con tre o quattro amici, che non fanno altro che stare sui telefonini o sui computer, la ricetta è semplice: una storia coinvolgente, e viverla insieme, anche con gli adulti. Questa è la scommessa vincente del Collegio valdese di Torre Pellice (ora semplicemente Liceo), dove il “fare memoria”- come ha notato la preside, Alessia Passarelli - ha prodotto ogni anno un docufilm, per la regia di Anna Giampiccoli. Ieri su Jacopo Lombardini - che al Collegio insegnò, andò in montagna disarmato, come predicatore ed educatore qual era, coi suoi allievi partigiani, fu catturato e morì il 25 aprile 1945 a Mauthausen-; poi su Willy Jervis, medaglia d’oro, fucilato a Villar Pellice dopo detenzione e torture (è visitabile la cella a Torre nel Museo delle Resistenze), quello che scrisse col suo sangue sulla Bibbia “Non piangetemi, non chiamatemi povero, muoio per aver servito un’idea”, e la buttò oltre il muretto della piazza dove fu ritrovata, mentre lui era irriconoscibile. E inoltre la pastora Giovanna Pons, che ragazzina fu testimone della riunione che si tenne nella casa dei genitori e che portò al famoso “Manifesto di Chivasso” sull’autonomia delle popolazioni alpine. E significativamente si è andati a ritroso, perché il primo docufilm realizzato dai ragazzi è stato sulla Costituzione.
Quest’anno è la volta del docufilm “Stampa clandestina”, che accompagna la mostra a più livelli (fotografie, interviste, oggetti), che è esposta nella Galleria Scroppo, e a cui l’Anpi locale ha lavorato due anni, come ha ricordato la giovane presidente, Monica Barotto, subentrata a Giulietto Giordano, l’ultimo partigiano vivente di “Giustizia e Libertà” che ad agosto ha compiuto cento anni, intervistato nel film. ”Si può e si deve lavorare in sinergia” ha detto l’infaticabile sindaca Maurizia Allisio: il Comune ha dato il patrocinio, e del resto questi sono luoghi intrisi di memoria, e di memorie ben conservate e tramandate...
Presentato in anteprima lo scorso 10 ottobre, il docufilm ha fatto il tutto esaurito, e esaurite sono già le prenotazioni della replica di mercoledì 29 ottobre.

La storia è storia vera ed emozionante di questi luoghi, che subirono immediatamente dopo l’8 settembre una dura occupazione nazifascista, a cui risposero vari gruppi spontanei di giovani renitenti alla leva o di soldati fortunosamente scappati dalla caserma di Pinerolo circondata dall’esercito nazista: come Roberto Malan, che poi divenne il capo partigiano “GL” della Val Pellice, Chisone e Germanasca e infine anche della Val di Susa. Mentre la sorella Frida farà la staffetta, sarà imprigionata in via Asti, e liberata per “scambio”, poi si occuperà dell’organizzazione clandestina, in particolare delle fabbriche femminili a Torino; e a sua volta il fratello più piccolo, l’intellettuale della famiglia, Gustavo Malan, sarà l’anima proprio della stampa clandestina, scrivendo sulla rivista “Il Pioniere” da lui promossa e in altri documenti, stampati con grande coraggio nella tipografia di Pier Luigi Pagliai (poi membro del CLN di Torre) con la collaborazione di Enzo Jouve (che sarà imprigionato, torturato e perderà un occhio).[1]

Le varie stampe sono esposte alla mostra, coadiuvate da un mini-catalogo accuratissimo, che ne spiega gli argomenti, gli anni di pubblicazione e le vicende. La tipografia “L’Alpina” ora è sede del laboratorio del pittore Massimo Tosco (ma l’Anpi ha salvato i più importanti macchinari nel Museo delle Resistenze, ancora funzionanti e protagonisti nel film). Era posta proprio di fronte alla caserma Ribet, occupata dal comando nazifascista: gli operai, una decina, lavoravano di notte, c’erano anche i giovanissimi apprendisti, ma nessuno parlò mai. A travolgerli fu una spiata.
Tutte queste vicende, impersonate da ragazzi e ragazze del Collegio, vengono rappresentate nei luoghi autentici, come quelle del rifugio nella Barma d’Ours, una grotta in alta montagna, dove Gustavo batteva a macchina i suoi fulminanti editoriali, e poi un’organizzazione di staffette li consegnava a stampare.
I luoghi sono autentici, i macchinari sono autentici, i giovani interpretano i personaggi sotto la supervisione di un loro professore, Marco Fraschia, che recita anche con loro, e la corale, guidata dal maestro Walter Gatti, apre e chiude la trasmissione del film: si vede anche qualche insegnante cantare con ragazzi e ragazze “Siamo i ribelli della montagna” e “Avevamo vent’anni”, mentre col pubblico si conclude coralmente l’indispensabile “Bella ciao”... E la regista, Anna Giampiccoli, è circondata affettuosamente alla fine dai suoi personaggi.
Note
[1] In proposito, Piera Egidi Bouchard, Frida e i suoi fratelli, Claudiana Editrice













































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