Fausto Amodei, la scomparsa del fondatore dei Cantacronache
- Luciano Casadei
- 17 set
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di Luciano Casadei

Ho conosciuto Fausto, scomparso all'età di 91 anni, all’inizio degli anni '60, subito dopo i fatti del giugno e luglio a Genova, nati dall'opposizione al congresso del Movimento sociale italiano, allora guidato da Michelini, fatti che passarono alla storia per la lotta dei giovani con le magliette a strisce, e successivamente per le manifestazioni di protesta che si registrarono in altre parti del Paese, cui le forze dell'ordine reagirono in maniera spropositata il 7 luglio a Reggio Emilia, dove caddero colpite a morte cinque persone.
Lui, nell’ambiente della sinistra, era già un nome, faceva parte dei Cantacronache e divenne per tutti noi una vera icona, avendo scritto di getto la canzone Per i morti di Reggio Emilia, che cominciava cosi:
Compagno cittadino fratello partigiano teniamoci per mano in questi giorni tristi Di nuovo a Reggio Emilia di nuovo la` in Sicilia son morti dei compagni per mano dei fascisti. Di nuovo come un tempo sopra l'Italia intera Fischia il vento infuria la bufera...
All'epoca, io lavoravo in fabbrica ed ero un attivista della Fiom e della FGCI. Alla fine del 1961, quando il Partito mi chiese di entrare nell’apparato della FGCI, cominciai ad occuparmi dell’organizzazione, e quindi anche delle attività del tempo libero, che per noi significavano tra le altre cose anche quelle di organizzare le serate musicali, chiamiamole alternative (era l’epoca di Rita Pavone, ma anche di Gianni Morandi). Ci avvicinammo al mondo della canzone popolare e di protesta, in particolare quella dei Cantacronache, cui si avvicinò anche Italo Calvino, e più avanti del Nuovo Canzoniere Italiano; c’erano Sergio Liberovici, Margot, Michele Straniero, Sandra Mantovani, più tardi si aggiungeranno Paolo Pietrangeli, e naturalmente Fausto Amodei, e poi Rudy Assuntino, collaborazioni importanti furono quelle con Dario Fo.
Fausto essendo di Torino (lui era anche del collettivo di architettura, legato al PCI e alla sinistra), nell’organizzazione delle serate era sempre il più avvicinabile e disponibile a partecipare alle nostre iniziative. In quegli anni, i vari cortei che si svolgevano in città, ed erano numerosi, per lo più a seguito di scioperi e per solidarietà internazionale (la guerra in Algeria per l'indipendenza, la resistenza di Cuba alle pressioni Usa) si concludevano invariabilmente o con gli scontri con la polizia (era rimasta quella di Scelba) o con un concerto improvvisato, e lì non poteva mancare Fausto, in altri casi si organizzavano in un salone pubblico della Galleria d’Arte Moderna.
Più avanti questo impegno militante canoro si trasformò in una sorte di “mestiere” tante e diverse erano le richieste della presenza di questa nuova generazione di cantautori impegnata politicamente e socialmente. Si formò così, tramite Sergio Liberovici, in una vera e propria struttura artistica, il gruppo di Bella Ciao, in cui svettavano Amodei, Straniero, Giovanna Daffini, Marini, i Ciarchi, Pietrangeli, Bertelle, qualche volta il Duo di Piadena, Rudi Assuntino. Ricordo che il primo spettacolo lo organizzammo nel salone della federazione del Pci (allora in via Schina), poi con Fausto progettammo una tournée nella Provincia di Torino in occasione della campagna elettorale del 1963 che portò il gruppo a Settimo Torinese, Chivasso, Susa, Collegno, Grugliasco. Fu un vero trionfo.

E così, essendo Fausto quello di Torino (c’era anche Michele Straniero, un genio sottovalutato e discriminato per i suoi orientamenti) diventò inevitabile la sua presenza in ogni situazione di lotta, dall’occupazione di una fabbrica, all’assemblea in Università, al termine di un corteo. Nonostante questi impegni non abbandonò il lavoro nel collettivo della Facoltà di Architettura e lo stesso impegno politico (fu eletto nel 1968 in Parlamento nella lista del Psiup) per tutti noi era un compagno e un amico, sempre disponibile negli interventi in fabbrica o nelle scuola, senza mai tralasciare la sua importante produzione come cantautore, che oltre alla celeberrima Per i morti di Reggio Emilia, annovera la Badogliede, il Tarlo, la Fanfaneide.
L'ho incontrato lo scorso inverno ad una cena di comuni amici. Era un intenditore di vini e buona forchetta e anche in quella occasione più che avaro di battute ironiche sulla nostra classe politica, si dimostrò come sempre lucido nell’analisi realistica della situazione. E non molto ottimista sul presente della sinistra.













































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