Europei di calcio: senza talenti, Italia in crisi profonda
di Vice
Se l'Italia non avesse sollevato il classico coniglio dal cilindro all'ultimo minuto, oggi saremmo tutti in fila nello sport che da decenni meglio ci riesce e ci appassiona: il processo alla nostra nazionale di calcio. Una nazionale colpevole, però, che in Germani mostra soltanto con onestà la sua povertà di talenti. Che nello sport non è una colpa, ma che lo può diventare urbi et orbi (soprattutto se si è orbi) se si ha un'idea distorta delle proprie qualità. Del resto, come per tutto, anche nel calcio e per la nostra nazionale valgono i corsi e ricorsi storici. Oggi siamo in debito di campioni. Non a caso, metro di paragone immediato, il goal di Zaccagni, che ha permesso agli azzurri di approdare alla seconda fase degli Europei in Germania, è stato definito un goal alla Del Piero. Non ci sono più i campioni di una volta e non si tratta di una frase fatta. Il torneo continentale ne è una conferma. Però non sappiamo come spiegarci l'angosciante scoperta. Un'angoscia che aumenta in misura proporzionale alle fortuna che si registrano in altri sport individuali e di squadra, alla fioritura di talenti genuini nel nuoto, atletica leggera, tennis, scherma, pallavolo, pallacanestro, pallanuoto, ecc.
L'unico giocatore che ha una caratura di prestigio, ed è riconosciuto come tale, è Donnarumma, il portiere, che ad ogni partita aggiorna i suoi quadretti di miracoli ex voto. Ieri sera, contro la Croazia, in apertura d'incontro ha parato una sassata di un avversario all'incrocio dei pali che ha evitato alla squadra di ritrovarsi bloccata dalla tremarella nelle gambe, così come è avvenuto contro la Spagna; nella ripresa, ha fatto scudo al rigore calciato dall'asso al crepuscolo Modric, salvando momentaneamente il pareggio, fino al goal dello stesso Modric nell'azione successiva viziata da una superficialità di Bastoni.
I nostri giocatori, che non vanno oltre l'essere bravini, sono comunque il meglio che offre il nostro campionato. Peraltro povero di indigeni, molti dei quali costretti a lunghe anticamere prima di trovare un posto in pianta stabile in squadra. Un po' come per i nostri giovani sul mercato del lavoro. Il tecnico Spalletti lo sa. A differenza di chi lo ha preceduto in panchina (Mancini), non gode neppure della favorevole congiunzione astrale e alchimica che aveva permesso agli azzurri di veleggiare in Inghilterra di partita in partita, con la pubblica convinzione che saremmo ridiventati campioni d'Europa, a oltre mezzo secolo di distanza dall'impresa dell'Olimpico a Roma contro la Jugoslavia, auspice un arbitro "gentile" che permise tutto e di più pur di far arrivare al pareggio la nazionale dell'allora ct. Ferruccio Valcareggi e rigiocarsi il trofeo due giorni dopo (10 giugno 1968).
Come un moderno rabdomante calcistico, Spalletti, estremamente spigoloso ieri sera in conferenza stampa, è alla ricerca della formazione giusta che applichi il suo gioco con cui si è divertito a Roma e vinto a Napoli: triangolazioni brevi e veloci con cui portare gli attaccanti in area avversaria e costruire molteplici opportunità da tradurre in goal. Ma qui sorge il problema dei problemi: il progetto è giusto, ma non ha i giocatori giusti, né in difesa, né a centrocampo, né attacco. E quelli giusti finora utilizzati (Di Lorenzo, Jorginho, Chiesa) o non sono al top del rendimento o non sono dei galvanizzatori in campo.
Il che ci riporta all'assenza di leadership e al mancato effetto di trascinamento, che anziché trasformare in combattenti di razza chi ha ricevuto generosi mezzi fisici da madre natura (Scamacca su tutti), in campo diventa timido, alla stregua di un pulcino bagnato, mentre altri sono pervasi da uno stato di soggezione nell'applicazione del pressing e delle marcature (sia contro la Croazia, ancor più contro gli spagnoli) incomprensibile per professionisti di quel livello.
Della formazione che appena tre anni fa superò in finale l'Inghilterra, ieri sera, 24 giugno, c'erano cinque giocatori: Donnarumma, Di Lorenzo, Barella, Jorginho e Chiesa. Gli stessi (Chiesa partì però dalla panchina) che fecero di un sol boccone la Svizzera, sommersa da tre goal (due di Locatelli, uno di Ciro Immobile) nella fase a gironi degli Europei il 16 giugno 2021. Il richiamo storico non deve contribuire però a fuorviarci nelle aspettative e nei pronostici per sabato prossimo, 29 giugno, serata di ottavi di finale, perché proprio nella fase a gironi che si è appena conclusa, la Svizzera sembra più di tre anni fa, mentre l'Italia decisamente meno.
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