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Donald, Melania e "famigli", il corpo del potere ai raggi X

Aggiornamento: 27 gen

di Mariella Fassino


@Wikipedia, pubblico dominio
@Wikipedia, pubblico dominio

Le immagini dei nuovi potenti, che celebrano il trionfo di Donald Trump con il suo insediamento alla Casa Bianca, hanno occupato i nostri schermi e schermate di social, nonché di prime pagine della carta stampata durante tutta la settimana. Si scopre così che il nostro occhio, abituato al narcisismo dei corpi alimentato nel quotidiano da una valanga di messaggi pubblicitari e non, e per quanto la mente si dichiari riluttante ad ammettere di lasciarsi suggestionare dal rappresentazione del Potere, l'occhio appunto tende a incantarsi dinanzi alla messa in scena del fashion, della chirurgia estetica, del gesto che può essere servile per gli accoliti raggruppati dietro al capo o provocatorio per chi si sente coprotagonista della vittoria.

I corpi parlano con le loro posture una lingua immediata ed efficace che sottolinea le parole, le sopravanza, le rende persino inutili o meno efficaci rispetto alla forza comunicativa di un gesto, un’acconciatura, il taglio di un cappotto, un cappello, una smorfia, un sorriso.

Anche noi ci facciamo trascinare dall’incantesimo della rappresentazione e osserviamo, con la perplessità di chi ha censure inibitorie, il biondo giovanile riporto sulla dorata abbronzatura cosmetica, il pugno destro chiuso sul gomito piegato che si muove dapprima in un gesto di minaccia sessuale e poi in un disarticolato cenno di danza, l’austero cappotto nero, tutte cose a cui eravamo abituati dai mesi della campagna elettorale. Nuova è invece per noi la rappresentazione dei sostenitori più vicini al presidente, il gruppo compatto Zuckerberg, Bezos, Pichai, Musk con o senza avvenenti mogli, con o senza lingerie in vista, quello dei parenti prossimi, figlie dal ritocco estetico perfetto, capelli e cappellini impeccabili, figli e generi dalle barbe e sopracciglia scolpite. Uno sguardo più attento lo rivolgiamo a Melania, la first lady, per domandarci che cosa si cela sotto l’ala ombrosa del borsalino nero. Quel che mostra è un contorno della mandibola disegnato con le regole della sezione aurea, labbra turgide al punto giusto, impedimento spaziale al contatto stretto, buio sui sentimenti che non svela nemmeno l’austera redingote scura.

Dovremo attendere la coraggiosa prolusione della vescova Mariann Edgar Budde, che ha invocato misericordia per gay e immigrati, per carpire sul volto di Melania un cenno di piega all’ingiù delle labbra, una piccola, perplessa smorfia che sembra dire: “ma come si permette?!”.

Anni di televisione e media commerciali ci hanno plasmati al linguaggio dei corpi che trasmettono e suscitano emozioni con l’immediatezza che spesso non hanno le parole. Lo sa bene chi si occupa di comunicazione e marketing, perché in fondo anche la politica è diventata (o forse lo è sempre stata) un prodotto da promuovere e da vendere. Un discorso, una lettura, soprattutto se sono lunghi e complessi, implicano disponibilità all’ascolto, concentrazione, tempo, confronto, attività che confliggono con il multitasking e con l’intrattenimento. Non potrai mai vendere un prodotto con questi complicati mezzi e soprattutto sono cose che riecheggiano una certa cultura “woke”, parola ormai di moda per produrre contrapposizione e fanatismo.

Meglio allora abbandonarci al flusso delle immagini mentre ceniamo o facciamo altre cose o saturiamo la nostra attenzione con quelle di un altro device alla ricerca dell’identikit beauty di Giorgia Meloni che pare abbia determinato il recente incremento di popolarità della Presidente del Consiglio.

Dal Long Bob, liscio e lungo alle onde morbide, anche l’acconciatura sta suscitando un discreto consenso tra le signore.

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