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Difendiamo la comunità Ezida, non lasciamola ai criminali

  • Vice
  • 1 giorno fa
  • Tempo di lettura: 2 min

di Vice


@Gariwo
@Gariwo

Non è senza l'emozione leggere su il manifesto, edizione odierna, 25 novembre, l'articolo dedicato alla comunità ezida di Sinjar.[1] Soltanto mercoledì scorso, la recensione al libro di Carla Gagliardini "Ezidi" [2], ha contribuito ad aprire un pertugio su questo popolo misconosciuto ai più, una minoranza nella minoranza, oggetto di un forsennato genocidio ai suoi danni compiuto dai fanatici dell'Isis.

Nel titolo del quotidiano - La strada per riportare a casa le figlie perdute di Sinjar - c'è tutto il dramma di quella comunità. Sinjar è una piccola città del nord dell'Iraq, a una decina di chilometri dal confine siriano. Ai primi d'agosto del 2014, uomini e donne anziane furono trucidate dai miliziani dell'Isis, i bambini trasformati in bambini soldati, le donne e bambine violentate e vendute come schiave sessuali. Tra esse, l'attivista per i diritti civili, Nadia Murad, Premio Nobel per la Pace nel 2018.[3]

Nel 2015, Sinjar fu riconquistata da forze curde, che produsse una violenza al rovescio contro i musulmani sunniti residenti. Ma il dramma non si è esaurito. Anzi, è diventato l'inizio di un incubo alternato alla speranza per centinaia di famiglie degli ezidi, perché da allora, scrivono su il manifesto la giornalista Dida Faridoon e il collega Murat Cinar, "donne e bambine sono ancora intrappolate in diverse parti del mondo. Non più sotto la bandiera nera del Califfato, ma nelle mani di miliziani locali, gruppi fondamentalisti o reti criminali che hanno ereditato territori, ostaggi e impunità. Il tempo non ha attenuato la violenza: l’ha solo resa meno visibile."

L'articolo prosegue con le storie di Assel, Evin e Noor e di tante altre donne, e con la testimonianza di Sarab Alias, del Direttorato per gli Affari dei Sopravvissuti del Ministero iracheno del Lavoro e degli Affari Sociali, che ha ricostruito i passaggi che raccontano il dolore degli ezidi: "Abbiamo registrato 726 persone ancora scomparse, tra donne, uomini e bambini. Finora 296 famiglie hanno ricevuto i resti dei loro cari. Abbiamo esumato 500 corpi da 74 fosse comuni a Sinjar, ma il lavoro non è concluso".

Aiutiamo il popolo ezida a ritrovare sé stesso e, soprattutto, a gridare al mondo che non è una concessione vivere. Per nessuno.


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