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Difendere la Costituzione: il collante delle opposizioni per battere l'autoritarismo di Meloni

di Giancarlo Rapetti*


“Siamo pronti” diceva Giorgia Meloni nelle settimane precedenti il voto del 25 settembre 2022. Anzi, per essere precisi, diceva “sono pronta”. Poi è accaduto “l‘inevitabile e inverosimile” (definizione di Giuliano Ferrara). La destra è andata al governo. Ora. di fronte alle evidenti difficoltà e alla incapacità di governare (specialmente sui suoi cavalli di battaglia, sicurezza e immigrazione), i commentatori hanno ironizzato su quell’essere pronti, così vistosamente smentito dai fatti.

In realtà erano i commentatori a non avere capito: alla destra non interessava governare (anche se lo deve pur fare), ma occupare il potere e mantenerlo. E per questi due obiettivi era prontissima.

Per quanto ci siano anche lodevoli eccezioni (che eccezioni restano), la guerra lampo sulla RAI, le nomine in ogni ramo della amministrazione, basate sul criterio della fedeltà (familiare, parentale, amicale di lungo corso) e condotte a compimento con velocità ed efficacia, sono indice di una preparazione organizzata per tempo.

Sul secondo obiettivo, la destra si muove su due direttrici: da un lato emette provvedimenti, e ancor più annunci, a favore (a volte presunto) delle categorie di riferimento, per fidelizzare i propri elettori; dall’altro si esprime al meglio nella capacità di propaganda.

Molti esponenti del governo e della maggioranza usano tecniche di propaganda identiche, basate sostanzialmente nel fare affermazioni non proprio coincidenti con la realtà, ma con il piglio e la sicurezza espressiva di chi crede in quello che dice. Anche questo stile uniforme, ed efficacissimo stando ai sondaggi, dimostra che niente è improvvisato, ma frutto di adeguata preparazione.

Naturalmente tutto è reso più facile dall’atteggiamento dell’opposizione. Si può fare l’esempio di una discussione avvenuta in televisione tra un’attrice-conduttrice di destra e un giornalista considerato in carico alla sinistra. Dice l’attrice-conduttrice: Milano è una città sempre più insicura per i cittadini ed è colpa del Sindaco. Il giornalista avrebbe potuto rispondere: la sicurezza dei cittadini è compito esclusivo dello Stato (tramite le Forze di Polizia e l’amministrazione della Giustizia), non del Sindaco, e se Milano è sempre più insicura è un’ulteriore prova del fallimento di questo Governo, che blatera di sicurezza ma non realizza alcunché. Invece che cosa ha risposto il giornalista in carico alla sinistra? Non è vero che Milano è una città insicura, e comunque preferisco vivere in un posto insicuro ma democratico, che in uno sicuro ma totalitario. Esempio di perfetto autogol, tra l’altro sbagliando pure sul fatto che i paesi più sicuri al mondo sono anche i più democratici, guardando i dati. Così la destra vince facile. E i problemi restano.

Partendo da questa situazione di vantaggio, ora si prepara il colpo del knock out, del KO. La destra marcia spedita verso la riforma costituzionale, detta del premierato all’italiana, che, come illustrato da molti e anche in precedenti articoli sull’argomento [1], cancella il Parlamento sottomettendolo al Presidente del Consiglio eletto che diventa l’unico depositario della sovranità popolare (buttando nel cestino tre secoli di cultura politica europea).

Le condizioni sono favorevoli: stando ai sondaggi, la maggioranza è forte e sicura; fra poco ci saranno le elezioni europee, che spesso premiano il governo in carica da non troppo tempo. E’ successo a Renzi nel 2014 e a Salvini nel 2019. Questo, secondo i presumibili calcoli della destra, dovrebbe trascinare anche il referendum confermativo della “madre di tutte le riforme”. Di qui l’urgenza, prima che i presagi favorevoli si raffreddino. Tuttavia, questa potrebbe essere l’occasione per le opposizioni per fare fronte comune e impegnare una battaglia che sia possibile vincere.

Non ci sono altri campi: come si può rilevare ogni giorno, sugli argomenti di merito le distanze tra le varie forze di opposizione sono troppo grandi per trovare una sintesi. Addirittura sulla politica estera c’è più convergenza (almeno apparente) tra alcuni oppositori e il Governo che tra un oppositore e l’altro. Naturalmente perché lo scenario delineato si realizzi occorre il verificarsi di alcune condizioni politiche.

La prima condizione è che sia individuato un comune obiettivo, semplice e chiaro, la difesa della Costituzione così com’è, vigente, appunto, come nella foto di copertina. Ma per quanto, se non si afferma che la forma di governo è un “valore non negoziabile”? E quindi tutti rinuncino ai propri ritocchi o ritocchini. Le distanze nel merito non sono molte, e mai su questioni decisive, per cui questo obiettivo appare raggiungibile.

La seconda condizione è che qualcuno, tra le forze dell’opposizione, faccia agli altri in modo convincente questa proposta di minima base comune. Se ognuno gioca per sé, anche con le migliori idee, non si arriva a nulla.

La terza condizione è che si arrivi al referendum. Se il Governo trovasse in Parlamento i numeri mancanti per evitare il referendum, la notte calerebbe subito. Quindi la battaglia parlamentare deve essere efficace e soprattutto accorta.

La quarta condizione è la capacità di motivare gli elettori sulla difesa della Costituzione, sapendo che si parte in svantaggio. Per far questo occorre smettere di sottovalutare il problema, prendere atto che per Meloni questa è davvero la “madre di tutte le riforme”, che questa battaglia non è una questione tecnica, ma la decisione su come sarà o non sarà la nostra democrazia nei prossimi decenni.

Troppe volte si è gridato al lupo invano. Ma prima o poi il lupo arriva. Il politico adeguato è quello che capisce quando e agisce di conseguenza.


* Componente dell’Assemblea Nazionale di Azione


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