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Dai grillini a Meloni: poveri calzini, sempre da rivoltare...



di Menandro


La statista degli arrabbiati Giorgia Meloni ha rotto gli indugi e ora minaccia di rivoltare l'Italia come un calzino. Non è la prima, auguri. Le ricordiamo sommessamente di controllare però che al fondo del calzino, all'altezza del polliccione, non vi siano buchi. Se non altro per evitarsi la sgradevole sorpresa della necessità di un rammendo che notoriamente costa più di acquistare un paio di nuovi. Nonostante tutto il peggio che si può dire del nostro Paese, non crediamo che l'Italia meriti di essere gettata in un cassonetto per l'improvvida sortita pseudo rivoluzionaria di chicchessia. Tra l'altro, cento anni fa l'hanno già fatto le persone cui Giorgia Meloni si ispira storicamente e ideologicamente ed è finita in tragedia. Quanto alla farsa, il doppio di ogni storia che si rispetti, gli italiani la subiscono da decenni per via di una saturazione di protagonisti sul palcoscenico (gli stessi con cui Giorgia Meloni si accompagna in politica), sebbene a onor del vero, anche in sala si sta da tempo stretti.


Ciò premesso, la nostra preoccupazione è altro. In sintesi, temiamo che il suo slogan si trasformi in un tormentone di qui al 23 settembre (nella speranza che si rispetti il silenzio elettorale della vigilia). Purtroppo, conosciamo la tendenza dei politici ad innamorarsi delle loro metafore, anche se lambiscono il ridicolo e mostrano la corda al primo impatto con la realtà. Anni fa, c'era chi, pur con l'esperienza che gli derivava dalla lunga militanza in un partito serio, rigoroso, poco incline alle battute da avanspettacolo di quarta serie, appariva come posseduto da presenze maligne e spaziava da metafore sul regno animale ad affondi nell'infanzia con sospette punte di lolitismo. Credendosi forse la reincarnazione di Angelo Lombardi, il famoso "amico degli animali", in auge nella televisione di Stato degli anni Cinquanta-Sessanta, un giorno prometteva che non avrebbe mai "smacchiato i giaguari", un altro che non avrebbe mai "pettinato le bambole". Infine, affaticato, cadeva come in transe, in estasi, e deliziava i suoi interlocutori con visioni agresti in cui le mucche circolavano nei corridoi, i passerotti si posavano nella mano e i tacchini volavano sui tetti, anziché nelle padelle. Ma il top, lo raggiunse con la versione stilizzata del poeta Lucio Battisti che cantava "come può uno scoglio arginare il mare", translucidato in "siam mica qui ad asciugare gli scogli".


Quel signore fu relegato in seconda fila dall'arrivo di un comico di professione dall'ego smisurato che pretendeva di educare la politica a sonori colpi di "vaffa". Insomma, l'idea era simile a quella di insegnare ai bambini al rispetto della natura dando loro una scatola di fiammiferi in un bosco. Gli effetti diseducativi sono visibili. I suoi discepoli, "intenibili" nel voler rivoltare l'Italia come un calzino, sono passati dal "voler aprire il Parlamento come una scatola di sardine" a ribellarsi per rimanervi dentro a forza, a conferma che tra slogan e quotidiano c'è di mezzo di tutto, anche il peggio, se non l'orribile.


In questo, un altro signore, altrettanto aggressivo quanto il comico, si è superato con il tormentone (simil trumpiano) del "prima gli italiani". E gli italiani sì primi lo saranno per davvero, ma nella tomba, per gli effetti demografici conseguenti al crollo delle nascita e al rifiuto delle politiche di integrazione. Secondo le simulazioni degli istituti di statistica, a fine secolo gli italiani saranno la metà degli attuali 60 milioni scarsi. Altro che rivoltare l'Italia come un calzino. Prima ci si assicuri di averli ancora, i calzini.

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