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"Bombe da bar", nuova strage a Gaza di Israele: 39 morti



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Chiacchiere da bar? No, sono bombe vere e non giornalistiche, non scoop, quelle che sono state sganciate da Israele sull'unica caffetteria rimasta sul mare a Gaza City, la Al-Baqa, frequentata per il suo punto internet da giornalisti, tele-cineoperatori ed artisti. Ora, di quel posto di ritrovo, letteralmente distrutto non è rimasto che un cratere nel terreno, mentre macchie di sangue ricordano che cosa accaduto ai soccorritori impegnati a raccogliere pezzi di corpi che non hanno un nome.

Il bombardamento ha provocato almeno 39 vittime, tra cui donne e bambini, e decine di feriti. E' l'ennesimo crimine perpetrato del governo d'Israele e dal suo premier Netanyahu che spacciano la loro personalissima pulizia etnica per azioni di guerra. Ma le "azioni di guerra" non si sono fermate alla caffetteria. Al Jazeera riporta anche di bombardamenti su una scuola e siti di distribuzione di cibo a Gaza, che hanno ucciso 95 palestinesi, dell'attacco ad un ospedale, ferendo molte altre persone.

Tra i morti c'è anche il giornalista Ismail Abu Hatab e la pittrice Al Salmi; lei lo aveva ritratto un mese, come si legge sul Manifesto. Il racconto dei testimoni sintetizzato da al Jazeera è drammatico e provoca soltanto orrore e sgomento: "Abbiamo trovato persone dilaniate", ha detto Yahya Sharif ad al Jazeera. "Questo posto non era affiliato a nessuno, non c'era politica e non c'era alcuna associazione militare. Era pieno di gente, compresi i bambini, per una festa di compleanno". Altri testimonianze concordano sulla "neutralità" del luogo, collocato in una zona che funge da rifugio per molte persone traumatizzate e sfollate, "offrendo un po' di sollievo dal caldo opprimente delle tende".

Sollievo che è bandito dalle forze israeliane, che hanno deliberatamente e continuano a sparare nell'ultimo mese, denuncia Haaretz, contro i palestinesi che si recano nei centri di distribuzione del cibo. "E' un campo di sterminio": l'accusa arriva direttamente di chi indossa la divisa ed è senza appello per i vertici dell'IDF, il ministro della difesa, che si può chiamare tranquillamente ministro della guerra e primo ministro.


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