Aumento Irpef Piemonte: un prelievo passato sotto silenzio
- Anna Paschero
- 26 ago
- Tempo di lettura: 3 min
di Anna Paschero

È in questo mese di agosto che sta per finire, contrassegnato da ombrelloni chiusi non solo a causa della crisi climatica, che la Giunta regionale Cirio ha approvato la resa del conto del bilancio regionale 2024 e l’aggiustamento dei conti del bilancio 2025. La discussione in aula dei due importanti provvedimenti ha avuto scarsa eco da parte dei media che si sono limitati a riportare i comunicati stampa, sia dei rappresentanti politici della maggioranza, sia di quelli della minoranza, anche se su questo sito non si è rinunciato a pubblicare l'aspro dibattito che si è registrato in commissione a cavallo tra fine luglio ed inizio agosto.[1]
Le "promesse" di ieri del Presidente
Ma, soprattutto, è passata sotto silenzio una misura che avrà un impatto non lieve per le tasche dei cittadini del Piemonte: l’aumento dell’addizionale regionale IRPEF a partire dal 1° gennaio prossimo. È questa un’imposta locale poco avvertita dai contribuenti perché per lavoratori dipendenti e pensionati viene assolta mese per mese sulla basta paga dei primi e sul cedolino della pensione per i secondi. Ma è un’imposta che da dieci anni viene applicata dalla Regione Piemonte al livello massimo consentito dalla legge nazionale (3,33% per l’ultima fascia di reddito) per ripianare il pesante disavanzo dei conti lasciato dall’allora governo di centro destra del Presidente Roberto Cota (2010-2014) certificato dalla Corte dei Conti in oltre 10 miliardi di Euro.
Del piano di rientro del disavanzo “monstre”, dopo le dimissioni anticipate ad un anno dalla scadenza del mandato del Presidente Cota se ne è dovuto occupare, nel quinquennio successivo, il governo di Centro Sinistra, presieduto da Sergio Chiamparino (2014-2019), agendo, per obbligo di legge, anche sulla fiscalità regionale per i 30 anni successivi, tempo necessario a riequilibrare la pesante situazione finanziaria della Regione Piemonte.
Durante la campagna elettorale di un anno fa, Cirio aveva promesso che non avrebbe mai aumentato le tasse: la colpa, questa volta, a detta del Presidente regionale, è del governo "amico" Meloni che, con la riforma fiscale, ha reso strutturali a partire dal 2025 tre fasce di reddito e relative aliquote IRPEF che per effetto della riduzione del prelievo sui redditi più elevati, produrranno un minor gettito, sia nazionale sia locale. Per il Piemonte si tratta di 150 milioni di Euro. Una cifra che rappresenta meno dell’1 per cento del bilancio regionale e non sarebbe stato un problema recuperarli nelle “pieghe” di un bilancio sano, agendo su risorse meno impattanti sulla vita dei cittadini o su economie di spesa.
Ma i conti della gestione 2024, approvati nella stessa seduta del Consiglio Regionale del 6 agosto scorso, hanno chiuso con un ulteriore deficit di oltre 1 miliardo di Euro, 1 miliardo e 65 milioni di Euro per la precisione. Capire le dinamiche di governo della finanza di un ente pubblico è difficile per un cittadino, in genere poco avvezzo, fatta eccezione per pochi appassionati della materia, a orientarsi e a comprendere argomenti e termini tecnici come quelli trattati dai consiglieri nel lungo dibattito sviluppato in aula.
Bilanci in rosso
Una cosa però sembra di facile intuizione: quando i bilanci della Regione Piemonte erano sani, in equilibrio o addirittura con moderati avanzi gestionali, le imposte erano basse perché sufficienti a coprire le spese necessarie a garantire i servizi, primo tra tutti, quello della sanità che assorbe quasi del tutto le risorse del bilancio regionale.
Nel quinquennio 2005/2010 (Giunta di centro sinistra presieduta da Mercedes Bresso) un’efficace gestione delle risorse finanziarie regionali consentì di ridurre l’addizionale regionale IRPEF aumentando la fascia di reddito soggetta alla sola aliquota base nazionale dello 0,90% da 10.672 a 15.000 e contenendo le aliquote delle due fasce successive (da 15 a 22.000 e oltre 22.000) rispettivamente all’1,20 e all’1,40%. La misura venne resa possibile dalla realizzazione di avanzi di gestione che vennero restituiti in questo modo ai cittadini.
Oggi, dopo la disastrosa esperienza finanziaria del quadriennio leghista (2010/2014) e la gestione del governo regionale in carica dal 2019, le aliquote dell’addizionale IRPEF sono quasi raddoppiate per la prima fascia di reddito fino a 15.000 euro (1,62%) e quasi triplicate per la fascia cosiddetta dei redditi medi da 28.000 a 50.000 euro (3,31%). La correlazione tra buon governo della finanza pubblica e imposizione fiscale appare dunque evidente a tutti, con l’aggravante che l’accesso al più importante servizio reso dalla Regione, la sanità, risulta in parte compromessa, per le note disfunzioni. Un problema decisamente non periferico per la vita dei piemontesi, che si somma all'oggettivo nuovo prelievo nelle loro tasche.
Note













































Commenti