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Michele Corrado

Attentato Trump: osservazioni tecnico-tattiche e operative

Aggiornamento: 17 lug 2024

di Michele Corrado*


Hanno destato molto scalpore ed interesse le immagini dell’intervento del Servizio di Sicurezza di Donald Trump in occasione del suo ferimento. Anche i commenti si sono moltiplicati col passare delle ore e siamo di fronte a molti approfondimenti sull’accaduto. Inevitabili, per la caratura del personaggio e del contesto. Va anche sottolineato che raramente si può assistere ad un intervento reale di questi assetti di protezione a contatto su un personaggio di alto livello.

Molti si sono chiesti come sia stato possibile che il sistema di protezione di uno degli uomini più in vista a livello globale potesse dimostrarsi così lacunoso. Si premette che nella protezione di un elemento da parte di azioni ostili di svariata natura è sempre presente un livello di minaccia che non può essere completamente azzerato.

Va aggiunto che tali assetti di protezione sono “passivi”, nel senso che entrano in azione dopo che la minaccia si è materializzata ed il loro compito prioritario è la salvaguardia del personaggio in questione, non la neutralizzazione dell’elemento ostile.

Con tutte queste limitazioni e con le molteplici variabili date dell’area dove si svolge un evento pubblico, dai partecipanti, dall’essere all’aperto o meno, dalla durata, dalla persona da proteggere, dalla sua fisicità, ecc., si può comprendere la difficoltà di assicurare una protezione che sia sempre efficace.

Per quanto attiene all’accaduto, si possono comunque fare alcune considerazioni:

-  l’attentatore non era un professionista;

-  ha agito da considerevole distanza, visto il contesto dell’evento;

-  ha utilizzato un’arma (un fucile d’assalto ArmaLite AR15 di produzione americana), non ideale per questo tipo di impiego;

-  il calibro di quest’arma è 5,56 mm (un invalidante realizzato per gli umani, non un calibro letale), non idoneo ad azioni di cecchinaggio.

Di solito in questo tipo di eventi si applica un Protocollo dedicato che viene adeguato alla specifica situazione e tutti gli attori che concorrono alla sicurezza (polizia, sicurezza a contatto, anti-cecchinaggio,  nuclei cinofili anti esplosivi, ecc.), dovrebbero essere alle dipendenze di un’unica persona che risponde di quanto avviene e costantemente dirige tutto l’apparato di sicurezza.

Questo pare che non sia avvenuto e molti sono stati gli aspetti critici che si sono evidenziati.

Prendiamone soltanto due come esempio:

- la reattività del personale della sicurezza a contatto che ha impiegato troppo tempo ad intervenire sul bersaglio (Trump), in modo affannoso e scoordinato. Va ricordato che in tali frangenti non si fanno prove preventive, essendo una evento in continuo divenire; pertanto tutto è lascito alle capacità dei singoli, essendo i tempi di reazione immediati;

- la critica alla presenza di numerosi agenti di genere femminile che non hanno dimostrato o si ritiene che non abbiano avuto la stessa capacità fisica dei colleghi maschi. Non è il genere di appartenenza a determinare la prestazione in questo tipo di “lavoro”, ma il raggiungimento e mantenimento di uno standard richiesto.

In ogni caso, è il responsabile della sicurezza che deve garantire la massima compressione della minaccia e valutare e riferire le possibili criticità che determinano un livello di rischio che può essere accettato o meno.

Donald Trump è stato sicuramente molto più che fortunato ad uscire da quella situazione con un tipo di ferita leggera; un diverso minimo movimento della testa nello stesso istante avrebbe potuto determinare effetti completamente diversi.

 

 

*Col. (Aus.) Esercito Italiano

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