Albania-Italia, tragicomica odissea per i giovani migranti
di Libero Ciuffreda*
Se tre indizi fanno una prova, non bisognava essere veggenti o grandi strateghi per sapere come sarebbe finita la vicenda delle intese sui migranti con l'Albania. Infatti, per quanto sia stucchevole dire "l'avevamo detto", era già stato tutto scritto meno di un anno fa. [1] E la classica prova del nove si è avuto all'arrivo nei Centri di Shengjin e Gjader in Albania, di 16 migranti, preceduti dalle fanfare della propaganda di Palazzo Chigi e accompagnati dalla curiosità interessata dei leader europei. Ma ieri, 19 ottobre, anche i 12 non ritenuti fragili (4 minori erano già stati trasferiti), hanno riattraversato l'Adriatico, sbarcando a Bari da una motovedetta della Guardia Costiera, in un'atmosfera tra la farsa e il grottesco.
Sì, perché erano 16 ragazzi del Bangladesh ed egiziani, raccolti nelle acque internazionali del Mediterraneo dalla nave militare Libra, che inconsapevolmente avrebbero dovuto inaugurare in pompa magna i Centri per il trattenimento di richiedenti asilo (previsti 880 posti), un Cpr (144 posti) ed un penitenziario (20 posti), costruiti a tempo di "record" dal Governo italiano.
Primo indizio: dopo una settimana di trionfalistiche dichiarazioni e vertici europei con foto opportunity per “dettare la nuova linea sulle politiche migratorie”, l’Italia pronta all’autocelebrazione si è accorta che i Paesi di provenienza dei 16 migranti destinati in quei nei centri albanesi, sono nella lista di quelli dichiarati insicuri. La sentenza della Corte di Giustizia Ue del 4 ottobre scorso stabilisce, infatti, che non si può definire un Paese sicuro soltanto parzialmente: cioè rimane insicuro se ha delle aree considerate a rischio o se calpesta i diritti di alcune categorie di persone. Per l’Egitto il caso Regeni docet e non sono necessari ulteriori commenti; per il Bangladesh, anche il Ministero degli Esteri sconsiglia i viaggi turistici e tutti gli altri viaggi non urgenti per il progressivo deterioramento della situazione politica e sociale.
Secondo indizio: era l’8 novembre 2023 quando il senatore Luca Ciriani, Ministro per i Rapporti con il Parlamento del governo Meloni, affermava che l’accordo sui migranti con l’Albania non doveva passare in Parlamento, perché a suo dire ”c’è già un accordo internazionale che regola la materia”. Ieri l'altro, da Palazzo Chigi hanno comunicato che verrà convocato il Consiglio dei Ministri per approvare un Decreto d’urgenza sul tema, per poi portarlo in discussione in Parlamento.
Terzo indizio: la sostenibilità economica della scelta. Un paese come l’Italia, con un debito pubblico a livello nominale stimato dalla Banca d'Italia a quota 2.949 miliardi di euro (giugno 2024) che corrisponde tra le 7 e 6 volte le entrate fiscali, può permettersi di sperperare risorse - circa 700 milioni di euro -, cioè soldi dei contribuenti, per far guadagnare qualche voto in più alle prossime elezioni regionali ai populisti di turno?
Dopo una settimana di trionfo mediatico, il Centro è stato svuotato da una norma che riporta alla realtà la Meloni. La legge è uguale per tutti anche per loro. Una figura non proprio delle migliori, perché un’operazione mediatica preparata con cura dal governo italiano, ha dimostrato che la realtà è un’altra.
Una realtà smascherata dal lavoro incessante dell'informazione, cui va il ringraziamento, che ha messo in evidenza e alla portata di tutti che si tratta, innanzitutto, di Centri di disumanizzazione, campi di concentramento “modulati”. In altre parole, un sistema carcerario vero e proprio, ove alla deportazione, le persone migranti, circondate da poliziotti e militari, devono aggiungere l’incertezza di stare in un territorio border line, ospiti di un Paese che vorrebbe entrare nelle Ue, ma che deve ancora superare le valutazioni imposte dalla Commissione europea relative a molti capitoli, tra questi lo stato di diritto e il livello di democrazia.
Vicenda davvero imbarazzante per il Governo italiano e per Bruxelles, mentre è in corso l'ennesimo scontro istituzionale con i giudici, su cui pende sempre la severa "occhiata" del Guardasigilli vigile sulle "esondazioni" della magistratura, giudici che non contestano il Protocollo, ma che ritengono illegittime le decisioni contrarie a quanto stabilito a livello internazionale e accettate anche dall’Italia. Ma la fretta, si sa, è cattiva consigliera, anche per Giorgia Meloni.
La gestione della vicenda è stata maldestra e spinta dalla “voracità” elettorale, mai sazia, che però alla lunga porta a sbattere: sarà riconosciuto un danno erariale? Di certo, si tratta del prolungamento di una sfida allo stato di diritto e alle toghe che al governo di destra-centro viene spontaneo e naturale, condita per alcuni ministri da superficialità e da cattiveria e per altri da manifesta inadeguatezza a ricoprire ruoli così importanti ed impegnativi per il nostro Paese.
Intanto sono migliaia i nuovi arrivi a Lampedusa e la Presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen ha dichiarato: “Noi trarremo lezione dall’esperienza di Roma”. Complimenti sinceri a chi avrebbe dovuto bloccare gli entusiasmi ingiustificati frutto di "libere" interpretazioni degli accordi. Evidentemente, la potente presidente era troppo presa dalla questione Fitto, con tutte le sue implicazioni sul rapporto tra Popolari (PPE) e il gruppo dei Conservatori e Riformisti (ECR), per occuparsi del destino dei dannati della Terra di turno. [2]
Tuttavia la storia impone nuove politiche europee di accoglienza delle persone migranti, frutto di una visione più lunga e strategica, anche per la sostenibilità economica e demografica dell'Occidente.
*Membro del Consiglio della Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia.
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