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Un libro per voi: "Pastorale americana" di Philip Roth

di Piera Egidi Bouchard

Il capolavoro di Philip Roth (1933-2018) “Pastorale americana”, premiato col Pulitzer l’anno successivo alla pubblicazione, che è del 1997, è stato giustamente definito il più grande libro della letteratura americana dei tempi recenti. Il titolo riflette un’ironia amara, perchè è un riferimento alla tradizione artistica e letteraria che descrive una vita perfetta e in comunità con la natura. E’ il “sogno americano” di un mondo sempre migliore e migliorabile, dell’eroe buono che combatte per la giustizia, e vince, di un’etica dell’amore, del lavoro e della famiglia, di tutto ciò che conosciamo da un’infinità di film western e filmetti “rosa”.

Questo sogno si infrange contro una durissima realtà, che squarcia la vita del protagonista, Seymour Levov, di origine ebraica - detto lo Svedese - bellissimo e forte ragazzone dal grande coraggio, onestà e cuore tenero, campione sportivo di baseball, football e basket, idolo dei suoi coetanei, che si può considerare il prototipo del cittadino esemplare americano. Eredita dal padre - venuto su dal nulla e dall’assoluta povertà dei suoi antenati immigrati- una fabbrica di guanti, la espande, assume personale nero secondo giusta paga, conosce tutti dettagli della lavorazione perché ha fatto la gavetta, vive nella dimensione dell’etica del lavoro, nella traccia di quello che desidera il genitore da lui, senza mai ribellarsi, a differenza del fratello minore Jerry, che sceglie autonomamente i suoi studi e la sua vita: sempre disponibile, sempre conciliante, sempre protettivo, sempre comprensivo, sempre nonviolento, sempre mediatore. Sposa Dawn, la reginetta di bellezza Miss New-Jersey, fonda un solido matrimonio d’amore, diventa ricco, compra la grande casa di pietra dei suoi sogni, ha una figlia adorata e desiderata, la “sua bambina”, la tenerissima e balbuziente, Merry, che educa e cura con tutte le attenzioni.

Philip Roth 1973

Ma la storia irrompe in questa vita, quando, nell’incalzare delle lotte contro la guerra del Vietnam, l’adolescente Merry si trasforma progressivamente in una contestatrice sempre più ribelle e violenta, fino al drammatico attentato all’ufficio postale della cittadina dove abitano, che costa la vita a una persona. Merry si darà alla fuga e alla latitanza per lunghi anni, costringendo il padre straziato a una lunga e tormentosa ricerca, e la madre a reiterati ricoveri in clinica per una fortissima depressione.

In tutto questo iter di dolore, lo Svedese può essere veramente preso ad esempio di un “amore oblativo”: pazientemente e dolcemente discute e cerca di far ragionare l’amata figlia sempre più rabbiosa e stravolta dall’odio, non l’abbandona, cerca di comprendere e di proteggerla ancora - stavolta da se stessa - continua a stare vicino giorno dopo giorno alla moglie distrutta dal dolore, non abbandona nessuno, né il proprio genitore autoritario e prepotente, né i dipendenti della fabbrica assediata dalle rivolta dei ghetti neri e la fabbrica stessa, mentre tutti gli altri imprenditori lasciano il paese in cerca di lidi più facili e redditizi, e neanche la propria cittadina, con i quartieri man mano depredati e divelti.

Raramente è stato descritto in un personaggio maschile un “amore oblativo” - paterno, coniugale e civile – raramente entriamo fino in fondo nel cuore di un uomo semplice, onesto, “tutto d’un pezzo”, che con umiltà e perseveranza sa lottare e soffrire, e ci trasmette la sconvolgente purezza del suo amore e della sua sofferenza. E che, anche quando sbaglia - in un momento di solitudine e di debolezza, mentre la moglie è ricoverata reiteratamente in clinica, ha una breve relazione con la terapeuta di Merry che curava la sua balbuzie, forse un modo anche per capire più a fondo le dinamiche psicologiche della “ sua bambina” - sa poi superare la propria fragilità e “rimettersi in carreggiata”.

Non così è la vita di Merry, finalmente dopo anni ritrovata, ma ridotta a scheletro tra i cenci, ormai destinata a una sorta di mistico suicidio espiatorio (anche qui splendido il dialogo padre-figlia), ed è altrettanto splendido il rimorso di un uomo così radicalmente nonviolento che non riesce neppure a imporsi sulla ragazza che non vuol tornare a casa e a portarla via da quell’antro fetido in cui si è confinata a morire.

Né è così la sorte di Dawn, l’altrettanto amatissima moglie – che lui accompagna in Svizzera e assiste pazientemente, dolcemente, nella decisione di una plastica facciale che le riporti l’antica perfetta bellezza e cancelli tutti i suoi dolori, quasi per incominciare una nuova vita - e che lui – finalmente guarita – sorprende, non visto, in un atteggiamento inequivocabile con l’amico di famiglia e architetto della nuova casa che Dawn ha deciso di avere, abbandonando quella di pietra da lui tanto amata. Tutto distrutto, nella vita dello Svedese, tutto il suo impegno, il suo amore, la sua dedizione, i suoi sogni.

Ma lo Svedese non picchia, non urla, non violenta, non uccide, anche se sa che la moglie lo sta abbandonando: “era crollato nell’unico modo che sapeva, che non era un crollare vero e proprio, ma piuttosto un affondare...” Compie, invece, silenziosamente ancora uno struggente, umile gesto di amore e al tempo stesso di comprensione, che implicitamente segnerà un addio: “Prese una sedia, si sedette tra sua moglie e sua madre e, mentre Dawn parlava, le prese la mano nella sua. Ci sono cento diversi modi di tenere la mano di una persona.(...) Lui tenne la mano di Dawn come un uomo tiene la mano di una donna che adora, con tutta l’emozione che si riversa nella sua stretta, come se la pressione sul palmo della mano producesse uno scambio spirituale, come se l’intrecciarsi delle dita simboleggiasse ogni intimità. Tenne la mano di Dawn come se non possedesse altre informazioni sullo stato della sua vita. Ma poi pensò: vorrebbe anche tornare con me. Ma non può, perché tutto è troppo orribile. Che altro può fare? Deve credersi un veleno. Ha messo al mondo un’assassina. Ha bisogno di un’altra corona”.

La lettura e meditazione di questo stupendo romanzo - di cui qui accenno solo in sintesi l’argomento principale, ma che si svolge come un largo, sontuoso fiume dai mille anfratti, dalle improvvise rapide e cascate, gli stagni, le pozze, il fango, con affluenti e ramificati estuari in ritmi narrativi diversi - mi suggerisce ulteriori riflessioni, qui solamente portando l’esempio di uno straordinario “amore oblativo”[1] maschile incarnato dalla incalzante scrittura di un grande artista.


Note




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