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Sorpresa: il Patto di stabilità non è ancora stato approvato...

di Mercedes Bresso


In questo distratto periodo di fine anno tutto il mondo giornalistico ha parlato dell’accordo raggiunto dai ministri della zona euro sulla riforma del patto di stabilità: nessuno ha ricordato che il patto non è in realtà approvato perché il Parlamento Europeo, che è co-legislatore, ha approvato solo in commissione la propria versione, che è parecchio diversa da quella su cui è stato trovato il consenso: mancano ancora l’approvazione in plenaria a gennaio e il negoziato tra Parlamento e Ecofin, con l’assistenza della Commissione, per giungere a un testo definitivo.

Il testo approvato dalla Commissione Economia diverge parecchio da quello che abbiamo sentito illustrare a usura da giornalisti distratti ma anche commentato da Premier, ministri e opposizione. Neppure il PD ha rilevato l’errore pur avendo la Presidenza di Econ nella persona di Irene Tinagli.

Per fare alcuni esempi, il testo esclude dalla spesa primaria netta gli stabilizzatori automatici e gli interessi sul debito, oltre tutte le spese legate al co-finanziamento nazionale di progetti finanziati con fondi di coesione e gli interessi sui prestiti del PNRR, con un tetto massimo dello 0,25% del Pil annuale ( in effetti si tratta di una golden rule). Resta l’accordo su una programmazione pluriennale, ma con dei vantaggi (se il periodo di aggiustamento è di sette anni, il debito non deve essere aumentato alla fine del periodo, mentre la proposta era di 4 anni massimo).

Soprattutto l’analisi di  sostenibilità della Commissione deve essere adottata con atto delegato, quindi sottoposta al parere del Consiglio e del Parlamento. Altre differenze riguardano una maggiore libertà nella composizione della spesa. Il testo di Econ contiene molte altre cose, alcune positive altre negative. Molte delle  differenze rendono il testo più  flessibile e quindi più accettabile per i paesi molto indebitati. In conclusione non siamo ancora arrivati a un accordo e quello definitivo potrebbe anche essere migliore di quello commentato come definitivo.

La cosa curiosa è che molte delle cose che l’Italia chiedeva sono contenute nel testo approvato in Econ e che quindi nulla è per ora perduto. La  vicenda dimostra tuttavia, a mio avviso, un profondo disprezzo dei governi europei nei confronti Parlamento Europeo e una altrettanta profonda ignoranza delle regole dell’Unione.

Un buon giornalismo dovrebbe richiamare una classe politica distratta e ignara delle proprie regole, alla semplice considerazione che la democrazia o rispetta i Parlamenti o non è tale. Governi e maggioranze sono ampiamente tutelati anche nei sistemi autoritari.

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