Siamo un popolo di naviganti non lo si dimentichi
Aggiornamento: 10 apr 2023
Mercedes Bresso in dialogo con Claude Raffestin
La crisi del coronavirus avrà rivelato in modo eclatante sia gli egoismi individuali sia quelli collettivi. Niente di nuovo sotto il sole, certo, ma questa intensità e così rapidamente lasciano perlomeno stupiti. Qualche esempio a partire dal nostro limitato osservatorio galleggiante. Les Seychelles, nella notte fra il 28 e il 29 marzo: a bordo della “Costa Deliziosa” scoppia un’urgenza medica. Il problema investe un membro dell’equipaggio colpito da peritonite acuta. Non ci sono alternative: deve essere sbarcato immediatamente per essere operato. A bordo, va precisato, non ci sono malati di Covid19 e nessuno scende da oltre 14 giorni. Il porto più vicino è alle Seychelles e il capitano, dopo aver preso contatto, cambia rotta e punta la prua verso la nuova destinazione, dopo aver ricevuto l’autorizzazione, annullata però nel corso della notte. Solo un intervento da Roma delle autorità italiane fa sì che all’alba arrivi un contrordine che dà il via libera allo sbarco del malato. In sintesi, e senza nessuna ragione, vengono violate tutte le leggi del mare. Difficoltà simili sono sorte addirittura per l’approvvigionamento di carburante e di cibo, senza che nessuno scendesse a terra, in porti, come Mauritius, dove le navi contribuiscono in tempi normali alla ricchezza di questi paesi e persino alla Réunion, che fa parte dell’Unione Europea, dove non solo è stato complicato attraccare per caricare le provviste arrivate dall’Italia, ma dove si è registrato il paradosso che tre cittadini francesi lì residenti hanno avuto difficoltà a sbarcare! Ogni volta sono state necessarie defatiganti trattative. Secondo caso, di cui veniamo a conoscenza per vie indirette, ma che andrebbe verificato con cura per le sue evidenti implicazioni penali. La nostra nave deve rientrare nel porto di Venezia il 26 aprile, data per la quale ha una regolare prenotazione. Sembrerebbe, tuttavia che la Regione Veneto non sia disposta a consentire l’attracco, per cui sarebbero in corso negoziati per altri porti. Una volta di più, come avvenne per i battelli dei migranti, ma questa volta contro cittadini italiani e comunitari, sarebbero violati non solo il diritto del mare, ma anche le leggi italiane ed europee. Riteniamo che qualcuno dei nostri parlamentari o un magistrato dovrebbe fare le opportune verifiche e procedere alla denuncia dei responsabili. Un esempio analogo pare essere quello di una nave Costa costretta a sbarcare a Marsiglia perché impedita dal farlo in Italia. Capiamo benissimo che debbano essere prese delle precauzioni, che non sono poi così difficili da immaginare, e d’altronde le regole esistono e sono chiare. Chi arriva dall’estero, se non è malato, deve fare una quarantena di 14 giorni e deve raggiungere casa sua con mezzi sicuri. Ma il diritto inalienabile per i cittadini italiani ed europei a rientrare nel proprio paese o in altro dell’Unione, non può essere messo in discussione. Alla crisi sanitaria si sta aggiungendo una crisi del diritto e, il che è ancora peggio, umanitaria, che lascerà delle tracce indelebili nel sentimento di certezza e sicurezza che dovrebbe sempre ispirare la norma e particolarmente per chi si trova in mare, in uno spazio che appartiene a tutti e dove le regole devono necessariamente essere universali. Tracce che resteranno anche nelle relazioni internazionali. Ma vorremmo anche fare un’altra considerazione: in passato ci siamo autodefiniti un popolo di naviganti, le tante navi battenti bandiera italiana, che solcano i mari sono altrettanti pezzi di territorio italiano, eppure sembra che nel corso del tempo abbiamo perso coscienza della grandezza, ma anche degli obblighi che questo comporta. E di quanto sia difficile la vita di questi nostri concittadini, che in giorni come questi si sentono dimenticati e abbandonati dal loro paese, quando non addirittura respinti. Lo vediamo a bordo, l’impegno e la fatica di ufficiali e personale che devono affrontare continuamente tante incertezze e difficoltà, che si assumono responsabilità per migliaia di passeggeri e che spesso non sanno se e come potranno tornare dalle proprie famiglie. Queste tante persone, che in questi lembi d’Italia sul mare stanno facendo molto più del loro dovere, meriterebbero un segnale del sostegno e del ringraziamento del loro Paese, attraverso crediamo un intervento del ministro di riferimento o del capo del governo, che li assicuri che i loro problemi sono conosciuti e affrontati. E questi stessi nostri governanti e l’Unione Europea, dovrebbero inserire nell’agenda del dopo crisi, un duro chiarimento fra i paesi marittimi sulla necessaria universalità del diritto del mare e sul dovere, anche in tempi di crisi, di condividere le disposizioni da far rispettare. Altrimenti tempi duri si profileranno per il futuro degli oggi fiorenti traffici marittimi.
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