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Se l’ingiustizia si fa legge, la resistenza è dovere

Aggiornamento: 13 apr 2023

di Marco Travaglini


La notizia è rimbalzata su tutti gli organi d’informazione, suscitando sentimenti di sdegno e indignazione. A Mondovì, sulla casa di Lidia Rolfi Beccaria, è stata tracciata una scritta inquietante e terribile – “Juden Hier!, “Ebrei qui” – , e sotto è stata dipinta la Stella di Davide. Il messaggio è tremendamente chiaro e riporta alla memoria immagini dolorose di ottant’anni, quando le leggi razziali volute dal fascismo inocularono nella società italiani i semi dell’odio, della discriminazione degli ebrei che, di lì a poco, vennero deportati nei campi di sterminio nazisti. Un segno preoccupante di regressione, di violenza che sarebbe grave sottovalutare o sottacere. Primo Levi diceva che “tutti cloro che dimenticano il loro passato sono condannati a riviverlo” e sull’orrore dell’Olocausto ammoniva: “meditate che questo è stato”. Forse è davvero il momento, nei giorni del 75° anniversario dell’abbattimento dei cancelli di Auschwitz, negli istanti in cui si celebra la giornata della Memoria, di aprire gli occhi e scacciare il torpore dalle coscienze perché ciò che sta accadendo sotto i nostri occhi è davvero un rigurgito di fascismo e razzismo nei confronti del quale lo Stato democratico, la società civile ha reagito tardivamente e blandamente. Quella scritta a Mondovì, insieme ai tanti insulti, provocazioni, atti di puro teppismo razzista si collega idealmente al clima che precedette l’entrata in guerra dell’Italia fascista. Le misure persecutorie messe in atto dal regime di Mussolini con le leggi razziali del 1938, la schedatura e la concentrazione nei campi di lavoro, favorirono enormemente l’ignobile lavoro dei carnefici delle SS. Dopo l’8 settembre, il governo di Salò collaborò attivamente alla cattura degli ebrei che si trovavano in Italia e alla loro deportazione, in uno dei passaggi più bui e infamanti della nostra storia. Ancora oggi, e forse addirittura più che nel recente passato, il compito di custodire e tramandare la memoria, perché non si attenui e non si smarrisca mai, è determinante per evitare il rischio di nuove tragedie. Lo è perché focolai di odio, intolleranza, razzismo sono presenti nella nostra società e il demone dell’antisemitismo è tornato ad affacciarsi in Europa e in Italia. Il 14 gennaio 2020 è stata pubblicata la prima ricerca italiana sulle discriminazioni curata da Euromedia Research per conto dell’Osservatorio Solomon. Secondo le rilevazioni si osserva la presenza di una percentuale di antisemiti dichiarati. Secondo il sondaggio l’1,3% degli italiani ritiene che la Shoah sia una leggenda, il 10,5% giudica, invece, che durante la Shoah non siano morti 6 milioni di ebrei, e il 49% è convinto che il settore economico-finanziario sia controllato totalmente dagli ebrei. Un dato impressionante se consideriamo che si tratta delle pietre angolari su cui il nazifascismo costruì la sua propaganda. Di fronte a questo quadro sarebbe un errore tremendo minimizzarne la pericolosità. Far riemergere dalle tenebre del passato fantasmi, sentimenti, rigurgiti razzisti e diffondere la predicazione dell’odio, amplificandola a dismisura con i nuovi mezzi di comunicazione in rete, inquieta e preoccupa. Contro la violenza dell’intolleranza servono coraggio e determinazione, un grande impegno culturale e responsabilità. Bertolt Brecht scrisse “quando l’ingiustizia diventa legge, la resistenza diventa dovere”. La Repubblica, tra i suoi doveri, ha quello di far rispettare, con fermezza, quanto è scritto nella nostra Carta Costituzionale all’articolo 3: “tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”.


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