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Riflessioni sotto l’ombrellone, mentre l'umanità è sospesa sull’abisso

Aggiornamento: 28 ago 2023

di Sergio Cipri

Il 28 luglio 2023 è uscita la notizia del taglio, deciso dal governo, di circa 16 miliardi del PNRR in gran parte destinati al contrasto ai cambiamenti climatici. La notizia, paradossalmente, contendeva a fatica lo spazio agli incendi in Grecia, Canada, Haiti, Francia, Italia, Stati Uniti… e ai 40 gradi di temperatura stabili per un mese su gran parte della fascia temperata dell’emisfero nord del pianeta. Contemporaneamente allo scioglimento accelerato dei ghiacciai, con lo zero termico a 5300 metri in Italia, eventi alluvionali catastrofici mandavano sott’acqua ciò che non bruciava. Si levarono immediatamente alte grida di allerta (persino il nostro Presidente della Repubblica, sempre molto misurato, si unì al coro) mentre il Segretario dell’ONU, Antonio Guterres, battezzò il 2023 come l’anno dell’ebollizione del pianeta.

C’erano tutti i presupposti per una sollevazione popolare contro un taglio in palese disprezzo della situazione e dell’indispensabile e urgente necessità di agire. Non successe nulla e la cosa venne rapidamente dimenticata. Il governo aveva urgenza di dirottare quei fondi su altri progetti di più corto respiro, ma elettoralmente più paganti. Il governo, come si ripete adesso, tirò dritto, sulla base di un calcolo cinico ma realistico: quanto pesa la coscienza ecologica di noi italiani? Poco, se si guarda al peso dei Verdi, che dovrebbero rappresentare questa coscienza.

Proviamo allora a raccogliere sotto l'ombrellone qualche ragionamento del tutto euristico sull’argomento in questa torrida estate solcata da violenti temporali che ci ricordano, appunto, il cambiamento climatico. La prima notizia che ci viene in mente è che abbiamo superato gli 8 miliardi di abitanti. Quando sono nato, negli anni Quaranta, la popolazione mondiale era meno di un terzo! Tutte queste persone, chi più chi meno, mangiano, bevono, si spostano, si proteggono dal freddo e dal caldo. Per fare questo coltivano terra, allevano animali, bruciano ogni tipo di combustibile, costruiscono edifici, strade, ferrovie, navi, aerei, si combattono. Tutte queste attività hanno un termine in comune: consumo. Consumo di terra, minerali, animali, energia. Tutta l’energia di cui disponiamo viene dal sole. Sì, dal sole, sia quella rinnovabile, sia quella fossile: sono occorsi milioni di anni perché si formassero i giacimenti di idrocarburi che bruciamo ad un ritmo crescente. Solo in parte è rinnovabile.

Il 2 agosto scorso è stato l’overshoot day. Il giorno in cui, secondo calcoli necessariamente approssimati, abbiamo consumato tutte le risorse che il nostro pianeta è in grado di rigenerare in un anno. Dal giorno dopo stiamo vivendo a debito, ma non ci sono generosi finanziatori che ci permettano di sostenerlo. Semplicemente siamo segando il ramo su cui precariamente sediamo. La notizia è passata quasi inosservata, quasi una curiosità sommersa immediatamente dai veri problemi, il prezzo della benzina, ad esempio.

Nel 2050, secondo recenti previsioni, saremo (per quanto mi riguarda, saranno) 9,5 miliardi. La necessità di cibo e di energia cresce in proporzione. Bloccare gli allevamenti intensivi? Impedire il disboscamento dell’Amazzonia per coltivare soia oppure per trivellare pozzi? Chiudere le miniere di carbone? Parentesi: la Cina ha appena autorizzato 160 nuove concessioni per sfruttare miniere di carbone. Occorrerebbe una solida coscienza ecologica per dare seguito reale agli allarmi che da decenni gli scienziati lanciano periodicamente circa un futuro catastrofico per il genere umano.

Finora l’Europa sembra la più sensibile ad una politica orientata alla progressiva diminuzione dell’uso dei combustibili fossili, con l’ambizioso obiettivo dell’azzeramento delle emissioni di CO2 entro il 2050. Quanto è realmente raggiungibile questo obiettivo?

L’uomo sotto l’ombrellone prova nuovamente a ragionare. La popolazione dell’Europa sta progressivamente invecchiando. Con l’avanzare dell’età aumentano i problemi di salute. Chi potrà condannare gli anziani che ignoreranno la disposizione di non superare i 18 gradi, nelle loro private abitazioni, in inverno? E chi potrà costringere gli anziani a morire di caldo, quando basta un click per riportare la temperatura della casa a valori accettabili. E chi costringerà gli anziani ad affollarsi su autobus roventi o gelati, che non passano mai, quando nel box sotto casa la tua auto ti porta comodamente dove vuoi? E come evitare che questi comportamenti si estendano alla intera famiglia: istituiremo ronde di polizia per controllare che milioni di comportamenti privati si uniformino alle disposizioni di legge?

L’Europa oggi pesa per il 5,7% sulla popolazione mondiale e per il 14,7% per l’emissione di gas serra. E il resto del mondo? Chi è stato negli Stati Uniti, che contendono alla Cina il primato dell’inquinamento, ha sicuramente sperimentato le temperature polari delle case americane in estate - per non parlare dei mezzi pubblici - come quelle torride in inverno.

E l’Africa, con una previsione di 2,5 miliardi di abitanti nel 2050 (stima UN), molti dei quali hanno problemi più urgenti, tipo trovare qualcosa da mangiare prima che faccia notte? E la Cina? Chi convincerà i 350 milioni di cinesi (l’equivalente di metà della popolazione dell’Europa) che hanno finalmente raggiunto lo standard di vita occidentale a tornare ai livelli di consumo della società rurale al tempo di Mao? E l’India, che continua a sfornare figli più dell’Africa e ha superato la popolazione della Cina. E ha ottenuto alla COP27 di essere esentata dal rispetto dei limiti per l’uso del carbone?

L’uomo dell’ombrellone sfoglia distrattamente il giornale. Le decisioni che si prendono ad alto livello in consessi mondiali sono consolatorie, ma perché le promesse producano risultati effettivi devono diventare operative a livello di governi e richiedono una adesione volontaria di miliardi di persone alle conseguenti inevitabili restrizioni ad un tenore di vita che chi lo ha raggiunto è restio ad abbandonare e chi lotta per raggiungerlo non è disposto a rinunciarvi.

Greta Tintin Eleonora Ernman Thunberg, più familiarmente Greta Thunberg, ha avuto un momento di straordinaria notorietà, pompato e rapidamente consumato dai media. Il suo famoso “bla… bla…” rivolto ai politici imbelli è stato rapidamente assorbito. Le spettacolari azioni di Greenpeace a difesa dell’ambiente non trovano più spazio sui canali di informazione. Difendiamo rabbiosamente la nostra corsa verso il precipizio. Abbiamo già avuto estati più o meno calde come questa, e siamo ancora qui.

Già, l’anticiclone africano, che ci porta i 40 gradi per più di un mese. Dimentichiamo che in alcuni paesi sub sahariani non piove da più di tre anni, non possono più coltivare o allevare animali: la fame, quella vera che non abbiamo davvero mai sofferto. Save The Children ci colpevolizza all’ora di pranzo con immagini di bambini scheletrici che urlano. Poveretti, che pena, cambiamo canale.

Ma il telecomando è un'arma a doppio taglio: da ogni canale irrompe una cascata di rottami galleggianti carichi di una umanità disperata che fugge rischiando – e perdendo - la vita. Anche questa è una tragedia amplificata dal cambiamento climatico. Si parla molto di guerre tribali e regimi sanguinari, poco del fatto che la terra da cui fuggono è diventata inabitabile e solo la ferocia dei più forti garantisce qualche possibilità di sopravvivenza.

David Wallace Wells ha scritto il suo saggio più completo e inquietante, ”La terra inabitabile”, nel 2019.[1] A 4 anni di distanza le sue previsioni a breve si stanno puntualmente avverando. Molto probabilmente accadrà la stessa cosa con le prossime.[2]



Note


[1] David Wallace-Wells, Una storia del futuro “La terra inabitabile”. Mondadori 2019

[2] https://www.ipcc.ch/report/ar6/syr/ - Summary for Policy makers. Un documento corposo con approfondite previsioni sul futuro dell’umanità a fronte delle diverse ipotesi di riscaldamento globale.

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