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Beppe Borgogno

Regionali Piemonte: divisioni e incertezze, il profilo del Pd

Aggiornamento: 10 nov

di Beppe Borgogno



Dalle 18,30 alle 20,30 di oggi, venerdì 29 marzo, a Torino, presso il Centro d'incontro Vanchiglietta in corso Belgio 91, Alleanza dei Democratici offre uno spazio di analisi politica alle forze progressiste in vista delle elezioni regionali. "Dalla Sardegna e dall'Abruzzo al voto per il Piemonte. Alla ricerca del "campo migliore" è il titolo che accompagnerà la discussione presieduta da Pino De Michele, presidente di Alleanza dei Democratici, cui parteciperanno la candidata presidente per il Piemonte Gianna Pentenero, presidenti di circoscrizione, consiglieri regionali uscenti e comunali, candidati sindaci, da Alessandro Errigo ed Elena Piastra a Paolo Foietta e Luca Torella. E all'indomani della formazione delle liste nel Pd, interviene Beppe Borgogno, già capogruppo dei Ds in Sala Rossa e assessore comunale di Torino nella giunta di Sergio Chiamparino (2006-2011).



Nel percorso verso le elezioni regionali di giugno è venuto il momento, dopo l’indicazione dei candidati Presidenti, della composizione delle liste. E mentre Alberto Cirio sembra essere quasi incontenibile nei suoi movimenti per arruolare i centristi provenienti dallo schieramento opposto e persino i rappresentanti delle professioni e del mondo della sanità (nonostante questo sia il tema su cui ha raccolto risultati non positivi, come purtroppo tanti piemontesi scoprono ogni giorno), il centrosinistra sembra continuare a rotolare lungo un disarmante piano inclinato. E’ difficile negare l’abilità del presidente uscente nel costruire la sua tela: Cirio sta esaltando, in questo lavoro, le sue  capacità di abile comunicatore, visto che in realtà meriti concreti da rivendicare per il suo quinquennato non ne ha  poi così tanti. Evidentemente usa al meglio il ruolo di superfavorito per convincere l'elettorato.


Quale alternativa a Cirio?

Tuttavia, ciò che salta davvero agli occhi è l’inconsistenza del centrosinistra, non solo per non essere riuscito a costruire una coalizione in grado di competere, ma per tutto ciò che ne è insieme causa e conseguenza: in primis, l’afonia sui problemi e le emergenze del Piemonte, che addirittura la destra cerca di trasformare in atout della propria campagna elettorale. In proposito, diversi medici sono tra i promotori della Lista Cirio e lo stesso presidente parteciperà in prima fila al corteo sindacale contro il disimpegno di Stellantis, come se sulla salute e sul futuro del tessuto industriale piemontese avesse meriti anziché responsabilità. Si prosegue con l’accoglimento sostanziale delle proposte sindacali sul riordino di alcune parti del sistema sanitario, senza che l’opposizione sia stata capace di avere un qualche ruolo visibile.

Il centro sinistra scade così nell’incapacità ormai cronica di dialogare con la società civile piemontese, che finisce per avere riflessi tanto nella composizione delle liste, quanto nella difficoltà di  rappresentare in modo almeno convincente una alternativa al governo degli annunci, vera caratteristica della gestione Cirio. In parallelo corre l’altrettanto cronica, per conseguenza, scarsa capacità di aprirsi e di accogliere, qualità che sarebbe indispensabile soprattutto se ci si sente in svantaggio e ci si pone almeno l’obiettivo di recuperare. E’ come se i contendenti principali stessero facendo due corse diverse: uno per rendere ancora più larga la vittoria che considera certa, l’altro per blindare o per non alterare troppo gli equilibri interni, in particolare all'interno del Partito Democratico. E accanto a loro il Movimento5stelle, impegnato in una incomprensibile, sterile e rancorosa autoconservazione. In realtà, se i comportamenti proseguiranno su questo piano inclinato, e non si vedono all'orizzonte reazioni di segno opposto, al fischio finale l'esito della partita ricalcherà il quadro politico degli ultimi cinque anni.


Oggi prevale la filosofia del "tanto si perde"

Questa inerzia si è alimentata, negli ultimi giorni, della discussione nel Partito Democratico di Torino per costruire la sua lista provinciale. E’ parso evidente a diversi commentatori, ma anche, credo, a molti militanti ed elettori che si è trattato di una discussione figlia, in buona sostanza, della filosofia del “tanto si perde”, come già, purtroppo e al di là dei meriti dell’interessata, nel caso della indicazione di Gianna Pentenero, candidata presidente che rischia di immolarsi sull'altare poco edificante di questa tendenza. E’ molto forte il sospetto che l’idea di poter costruire un'alternativa forte non sia mai diventata una intenzione reale: siamo di fronte ad un partito ancora prigioniero, nei fatti, delle divisioni e delle dinamiche congressuali dello scorso anno.

Perciò il  “tanto si perde”, il senso della rinuncia, si è tradotto sostanzialmente nell’obiettivo, piuttosto minimale e nemmeno tanto nascosto, di confermare i consiglieri uscenti, tenendo conto degli equilibri che derivano dalle appartenenze interne di ognuno per non far saltare il banco. Riuscendo persino a sacrificare, a questo scopo, il consigliere di gran lunga più votato, Mauro Salizzoni. La sua colpa, in virtù della sua quasi certa rielezione, sarebbe quella di appartenere sì alla corrente della segretaria nazionale, che però qui ha già espresso la candidata presidente, ed è contemporaneamente minoranza sul piano locale. Essendo poi Salizzoni un notissimo e stimato chirurgo, orgoglioso difensore del sistema sanitario pubblico e di una sua indispensabile riforma, questa scelta  è apparsa certamente poco utile per fare della battaglia sulla sanità il vero tema della campagna elettorale del centrosinistra.

Nel gioco un po’ perverso degli abbinamenti tra candidati di sesso maschile e femminile, incrociati di nuovo con le appartenenze interne, succede che Moncalieri possa vantare ben tre candidature (quattro contando uno degli uscenti), scelta che verosimilmente non permetterà ai moncalieresi di avere più rappresentanti tra i consiglieri regionali, ma senza dubbio è servita a fare pace tra le componenti. Il risultato è una lista chiusa, davvero poco capace di raccogliere i mondi e i temi che si dice di voler rappresentare, salvo rarissime eccezioni: tra tutte, ad esempio, quella di Giulio Fornero, apprezzato ex dirigente della sanità pubblica, ora impegnato nel volontariato.


Discussioni orientate più a distruggere che a creare

Per un partito che dovrebbe essere il perno dell’alternativa, perché più forte e con alle spalle una storia importante, sembra davvero poco. Se è così, allora siamo di fronte ad una forza politica che, più che rappresentare un progetto collettivo, finisce per occuparsi di soddisfare la somma degli interessi, definiti pomposamente "obiettivi", dei suoi esponenti più “forti”, ma non per questo, tra l’altro, più rappresentativi.

La sensazione è proprio quella di essere, come già sottolineato, su un pericoloso ed inesorabile piano inclinato. Prima abbiamo visto un partito ondivago, al di là delle dichiarazioni, sulle alleanze da costruire (in questo, va detto, “aiutato” dalle ipocrisie dei potenziali alleati), da cui è derivato un  isolamento che ha pochi precedenti nel passato. Accanto, abbiamo assistito ad una discussione sui possibili candidati presidenti che è sembrata orientata più a distruggere e “bruciare” che a costruire (non parliamo poi della scarsa credibilità, in questo clima, delle proposte di nomi “esterni” al circuito della politica locale, e di quanto poco ha aiutato, questo atteggiamento, nel tentativo di costruire un rapporto con quei mondi e quelle persone). Per quanto è apparso all’esterno, non sembra nemmeno che il PD sia riuscito, lungo tutto questo percorso, ad aprire una vera discussione neppure al proprio interno, figuriamoci fuori.

La rinuncia ad usare lo strumento delle primarie, complice l’incertezza e la scarsa risolutezza del gruppo dirigente nazionale, ha fatto il resto: e dire che questa sarebbe stata, dopo diversi  usi “impropri”, l’occasione giusta, se non ideale, per tentare almeno di coinvolgere gli elettori del centrosinistra. Infine, è venuta la scelta di indicare l'attuale assessore comunale Gianna Pentenero, sacrificando all’equilibrio interno delle correnti un confronto che almeno potesse portare a galla i dubbi, gli errori e le contraddizioni, locali quanto nazionali. Naturalmente tutto questo non accade per caso: ci sono ragioni profonde e ormai strutturali, radicate in un impianto che è probabilmente da riformare, ma anche responsabilità su cui sarebbe utile che da qualche parte qualcuno discutesse, anche solo ritornando a pensare che un partito è uno strumento da mettere a disposizione, e non una proprietà da amministrare.

Senza scomodare modelli di un passato ormai lontanissimo, viene davvero da chiedersi quanto, in tutto questo, rimanga dell’idea dei partiti come strumento principe della democrazia, luoghi che accolgono le idee e chi le rappresenta, comunità autentiche che non per forza si ritengono migliori di ciò che sta loro intorno, e che coltivano la capacità di integrarsi e di integrare.

Alla fine, è proprio questo percorso così deludente a lasciare la sensazione più amara,  ancora di più del probabile risultato delle elezioni. Se ci si pensa bene, l’idea che le forze politiche possano essere qualcosa di diverso da un mondo separato e chiuso, e apparire, almeno, come portatrici di un progetto anziché semplici rappresentanti di una somma di interessi, non è affatto una cosa  inutile, ed è persino moderna. Lo è, oltre tutto, se davvero si vuole provare a contrastare le punte più aspre ed autoritarie delle inclinazioni plebiscitarie con cui ci dobbiamo misurare, come ad esempio la proposta di riforma costituzionale sul premierato.

Come sempre, anche questo ragionamento si conclude con la speranza che la situazione sia migliore di quella descritta. Perché questa non sia solo una speranza ingenua, vista dalla parte del centro sinistra, dobbiamo contare sul fatto che da qualcuno, meglio ancora se da molti, possa partire presto l’impegno per sostituire il ”tanto si perde” che giustifica quasi tutto, con un “lavoriamo per tornare a vincere” che provi davvero a convincere e a coinvolgere.

 

 

 

 

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