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Mercedes Bresso

Qualche idea per il nuovo Pd

Aggiornamento: 21 feb 2023

di Mercedes Bresso


Presidente della Provincia di Torino dal 1995 al 2004, Presidente della Regione Piemonte dal 2005 al 2010, Mercedes Bresso è alla vigilia del suo ritorno a Bruxelles e Strasburgo sui banchi del Parlamento europeo come prima esclusa nella lista del Pd in sostituzione di Pierfrancesco Majorino che ha optato per il Consiglio regionale della Lombardia, dopo aver partecipato alle elezioni del 12-13 febbraio come candidato per la presidenza regionale. Nelle more dell'imminente congresso del Pd che dovrà eleggere il nuovo segretario, La Porta di Vetro, di cui Mercedes Bresso è collaboratrice dal 2014, ospita le sue proposte politiche.


Una premessa

Il dibattito su come ricostruire un pensiero progressista trascura troppo spesso di guardare alle paure dei nostri concittadini: i giovani, che non vedono davanti a loro che le temibili prospettive climatiche e quella di lavori precari, mal pagati e poco gratificanti e i più anziani, che temono la rapida obsolescenza delle loro competenza e la messa ai margini della società. A tutti dobbiamo proporre una idea di futuro e una politica che scaldi il cuore, garantisca dalle paure e permetta a tutti, giovani donne e uomini, ma anche anziane e anziani coraggiosi, di provare a sviluppare appieno le proprie potenzialità e i propri sogni. Vogliamo e dobbiamo aiutarli a vedere davanti a loro un campo di opportunità e non una fosca minaccia.

Dobbiamo situarci in una prospettiva che rispetti l’impegno per la lotta al cambiamento climatico e alla transizione ecologica e nella quale le disuguaglianze siano riportate entro limiti che le rendano una spinta al progredire e non una inverosimile concentrazione di ricchezze che non producono sviluppo e benessere. In questo futuro occorrerà progressivamente dirottare una parte crescente delle nostre risorse verso l’enorme mole di investimenti che richiederanno la transizione ecologica e le necessarie politiche di welfare per adattarci a strutture economiche e sociali mutevoli e in continua evoluzione.

Come molti hanno osservato, il lungo periodo di sviluppo delle società occidentali, iniziato con la rivoluzione industriale, è probabilmente dietro le nostre spalle. Ricordiamo che PIL vuole dire prodotto interno al lordo degli ammortamenti che permettano gli investimenti per la ricostituzione dello stock di capitale e che questi investimenti dovrebbero essere tanto maggiori quanto più ne abbiamo fatti in passato se non vogliamo veder degradare il nostro patrimonio costruito, produttivo, di infrastrutture, di servizi, abitativo. Dunque quello disponibile al lordo va ridotto degli investimenti sostitutivi. Non possiamo cioè aspettarci una continua crescita di beni pro capite ma dobbiamo riuscire investire una parte crescente del reddito per mantenere, rinnovare, migliorare dal punto di vista della sostenibilità ambientale, sociale, anche estetica, quello che abbiamo, naturalmente adeguandolo alle evoluzioni tecnologiche e del sapere. E garantirne la fruibilità a tutti e non solo ai più abbienti.

Se provassimo ad andare oltre i titoli, guardando al futuro?

In sintesi dobbiamo organizzarci per vivere meglio tutti, con meno cose ma con una migliore qualità della vita e con le risorse necessarie per assicurare la buona manutenzione e il miglioramento delle nostre case, città, territori, patrimonio culturale, infrastrutture, servizi e strutture produttive oltre che del nostro patrimonio naturale e dei nostri grandi beni comuni: aria, acqua, oceani, foreste, diversità biologica. Investimenti questi che abbiamo colpevolmente trascurato.

Tutto questo, lo dicevo, ha un costo massiccio in investimenti, è quasi un pozzo senza fine e comporta anche importanti redistribuzioni di risorse a livello internazionale e all’interno del nostro paese. Vivere bene tutti, in armonia con la natura, sapendo gestire e orientare il cambiamento verso il bene comune, è un obiettivo possibile ma certo non facile. È una grande sfida che può costituire un’appassionante prospettiva per le giovani generazioni, per quelle più mature, per tutti i progressisti.

Dobbiamo offrire una grande sfida e un progetto per iniziare ad affrontarla. E poiché la strada non sarà facile occorre proporre alcune semplici idee per “scaldare il cuore” delle persone, dare loro alcune solide garanzie per aiutarle a lanciarsi verso una vita che potrà essere entusiasmante ma che richiede impegno e coraggio.

È finita l’epopea del carbone e dell’acciaio, che ha forgiato la nascita dei partiti socialisti e dei sindacati, di cui siamo eredi ma che tanto è costata ai nostri bisnonni nonni e genitori e ancora di più al nostro patrimonio naturale. Dobbiamo preparare una nuova società fondata sulla riscoperta delle infinite ricchezze e potenzialità che offrono il mondo vivente e la ricerca che speriamo saprà usarlo saggiamente: è un bel compito per un partito che viene dalla tradizione del lavoro. Perché il lavoro, migliore e meglio remunerato e valorizzato, sarà sempre la fonte di ogni nostra ricchezza.

Ascoltando il dibattito sul rinnovamento del Partito Democratico ( nome bellissimo che indica con chiarezza la nostra collocazione politica di riformismo intelligente e di difensori delle libertà democratiche) mi sono chiesta perché quasi nessuno vada al di là dei titoli di ciò che dovrebbe rappresentarci: partito del lavoro, dei diritti, per la sanità pubblica, la lotta al cambiamento climatico, la transizione energetica…, ma questo lo dicono più o meno tutti, è solo sulle proposte concrete che ci si divide e si acquistano o perdono elettori.

Proverò allora su alcuni dei temi più “ gettonati” a fare delle proposte radicalmente diverse e comunque molto precise, per vedere se si riesce a spostare il dibattito sul merito concreto delle scelte da fare.

Reddito di cittadinanza.

Perché non funziona lo abbiamo capito bene: scoraggia il lavoro e crea tentativi di truffe e complicazioni burocratiche. Ebbene nella primavera del 2020, in piena pandemia, scrissi una proposta che provo a rilanciare qui.

Partiamo dalla constatazione che un nuovo welfare dovrebbe essere disegnato per affrontare le modifiche profonde in atto nell’economia: lavori sempre più precari, formazioni che si esauriscono presto e che necessitano di continui aggiornamenti, sostituzione progressiva di molti lavori manuali e intellettuali con robot e intelligenze artificiali. Ma anche straordinarie opportunità imprenditoriali e professionali per chi abbia il coraggio di rischiare. Servono degli strumenti di welfare che aiutino le persone ad avere coraggio.


Reddito di base per tutti

Perché allora non cogliere il suggerimento che viene da una proposta referendaria presentata in Svizzera un paio di anni fa (che raccolse il 40% dei voti) che prevedeva un “reddito di base” per tutti i cittadini, indipendentemente dal fatto che lavorassero e dal loro reddito.

Si tratterebbe di una somma mensile da versare ad ogni cittadino, a partire dal 18mo anno di età qualunque sia il suo reddito: moglie e marito e figli maggiorenni anche conviventi, lo riceverebbero e per i figli minori la somma potrebbe essere di circa un terzo. Ricordo che, per i redditi alti, un leggero innalzamento della progressività delle imposte finirebbe per riassorbirlo ma il fatto che sia comunque versato sarebbe una garanzia per l’ormai incerto futuro (il Covid ha mostrato come redditi anche elevati possano essere annullati all’improvviso).

Il reddito di base sarebbe sostitutivo delle indennità di disoccupazione e dei diversi tipi di assegni familiari, borse di studio, strumenti vari di welfare, ecc., oltre che delle pensioni sociali, qualora fosse più alto. È evidente l’obiezione: possiamo permettercelo? In Svizzera, dove si ipotizzava un reddito piuttosto elevato, si calcolava che sarebbe costato circa un terzo del PIL. Noi potremmo partire da cifre basse da aumentare man mano che si elimina l’infinita serie di piccoli aiuti, che costano alle famiglie e alla PA in tempo, umiliazioni e spese amministrative, più di quanto portino ai beneficiari. Si potrebbero liberare moltissimi funzionari, addetti a gestire i vari ISEE e le infinite prebende e utilizzarli per rendere la Pubblica Amministrazione più efficiente e operativa. Penso che si potrebbe partire da 500 euro per ogni adulto e da 200 per ogni minore, per arrivare a quello che sarà valutato come il reddito minimo necessario alla vita.

Secondo me sarebbe realizzabile a due condizioni:

1- il cittadino che riceve il reddito di base può fare tutto quello che vuole, iniziare attività in proprio, sviluppare la propria creatività, trovare lavoro dipendente o autonomo, purché dichiari al fisco tutti i redditi aggiuntivi, pena la sospensione e, dopo essere stato scoperto due o tre volte a non dichiarare, la soppressione per sempre del diritto;

2- rivedere completamente il sistema fiscale, eliminando le mille aliquote agevolate che lo rendono profondamente ingiusto, per cui le rendite e i profitti da patrimoni, sono tassate meno del lavoro e dei risultati d’impresa. A parità di reddito l’aliquota deve essere uguale per tutti e va ripristinata la progressività peraltro prevista dalla Costituzione.


L’autonomia energetica per tutti

È ormai patrimonio comune come, nel prossimo futuro, la produzione di elettricità e calore dovrà essere garantita dalle diverse forme di energia rinnovabile. Ma pochi sottolineano che con le numerose agevolazioni fiscali, nell’arco di poco tempo i benestanti proprietari di case individuali o famigliari, potranno prodursi la propria energia e quindi pagarla molto meno del prezzo imposto dai grandi produttori e distributori, mentre chi da questi dovrà continuare a dipendere la pagherà ai prezzi di mercato e non avrà quindi nessun beneficio dalla transizione energetica. Come fare allora?

Lo Stato dovrebbe impegnare una parte importante delle risorse destinate alla transizione energetica, per rendere autonomi gli edifici di edilizia popolare, i condomini più modesti, coloro che si riuniscono in comunità energetiche, i villaggi più piccoli, in generale tutti coloro che non sarebbero altrimenti in grado di diventare produttori autonomi della propria energia e di fruire quindi dei costi più bassi. Sarebbe questo il momento per lanciare anche una massiccia politica per l’accesso alla proprietà delle abitazioni di edilizia popolare e al loro rinnovamento e, più in generale per l’accesso alla casa. “Una casa per tutti” non è un sogno impossibile in un paese dove già più del 70% delle famiglie è proprietario della propria abitazione.

I grandi produttori dovrebbero servire le grandi utenze che hanno bisogno di energia concentrata e ad alto potenziale e garantire lo zoccolo energetico di base.

Un reddito garantito, una casa anche modesta e un basso costo dell’energia, possono costituire i pilastri di un welfare di comunità, che liberi l’energia delle persone verso una maggiore creatività invece di obbligarle a vivere spesso di espedienti. I benefici sarebbero grandi anche per una pubblica amministrazione liberata dalla gestione dei mille piccoli contributi.


Il terzo pilastro: una sanità davvero per tutti

La terza cosa che scalda il cuore delle persone è la certezza che in caso di malattia loro o di un membro della famiglia, il sistema sanitario sarà in grado di fornire un’assistenza di buona qualità. Questo comporta la riforma dell’attuale sistema, che si fonda sui medici di base e sul sistema ospedaliero, senza quasi nulla in mezzo. È su questo in mezzo che bisogna agire.

Anzitutto i medici di base devono essere raggruppati in Case della salute o strutture comuni, dotate delle attrezzature per eseguire gli esami più correnti: sangue, urine, elettrocardiogrammi, radiografie, e ove possibile Tac e risonanza magnetica. E naturalmente di una segretaria/o e infermiera/e. Ove non possibile dovrebbero poter avviare il paziente direttamente a una struttura che possa fare questi esami. Questo riconsegnerebbe loro la dignità di fare il medico curante e non il passacarte e ridurrebbe grandemente il numero di accessi ai pronto soccorso.

Poiché tuttavia le persone si sono abituate ad andare ai Pronto Soccorso, credo sia inutile accanirsi ad impedirglielo. Questi dovranno essere riorganizzati in modo da avere spazi separati da un lato per i codici gravi e per gli arrivi in ambulanza e dall’altro per i casi che una volta diagnosticati potranno essere rinviati alla struttura di base o trattati in un ambulatorio a latere del pronto soccorso . Un triage all’ingresso potrebbe separare da subito i due flussi, senza che nessuno debba aspettare o sia rimandato a casa. Non per nulla si chiama "Pronto" Soccorso.

Il Covid ci ha insegnato, inoltre, che anche nelle disponibilità di posti letto servono delle ridondanze, letti da tenere chiusi se non servono, ma da poter attivare rapidamente in caso di necessità. Le case della salute e le strutture per gestire i codici bianchi e verdi potrebbero avere qualche letto per potere trattenere una persona in osservazione, per supportare il sistema ospedaliero in momenti di tensione e per attività di day hospital.

Servono anche più risorse per la prevenzione, che è ormai l’elemento cardine di una buona politica della salute, nella quale dovrebbero essere coinvolti appieno i medici di base.

Dobbiamo spingere chi ne ha la possibilità a sviluppare forme di assicurazioni integrative, in modo che possano aumentare le risorse complessive per un settore i cui costi non fanno che crescere, a causa del continuo aumento degli esami necessari a una buona prevenzione e cura.


Lavoro e impresa, il quarto pilastro

Noi siamo, ovviamente, il partito laburista, perché difendiamo i lavoratori e perché pensiamo che il lavoro sia il “datore di senso” principale (non certo l’unico) di una esistenza. Non solo quello dipendente ma anche quello autonomo, professionale, artistico culturale e naturalmente di impresa. Ciò è tanto più vero in un paese dove c’è quasi un’impresa per famiglia.

Il primo principio dovrebbe essere quello di evitare che la tassazione di rendite, profitti, affitti, investimenti in titoli, sia inferiore a quella del lavoro e dell’impresa. Se a operai e impiegati si sostituiscono i robot e le intelligenze artificiali, anche questi dovranno pagare le tasse, per consentire attività più gratificanti agli umani, anche se spesso meno stabili e il pagamento del reddito di base

Soprattutto dobbiamo valorizzare tutte le forme di lavoro, aiutare i giovani a individuare quello adatto a loro, e i meno giovani a cambiare se lo desiderano.

Possiamo creare dei periodi sabbatici per coloro che vogliono sperimentare nuove formazioni o nuove attività, ma anche per coloro che desiderano anticipare un periodo libero, accettando di prolungare di altrettanto l’età della pensione, che in prospettiva potrebbe essere legata al numero di anni contribuiti, in modo che diventi una libera scelta. Formule tipo Erasmus potrebbero permettere a tutti coloro che lo desiderano scambi e periodi di attività, ricerca o formazione all’estero.

Dobbiamo insomma investire sulla qualità, l’attrattività e la creatività del lavoro e facilitare gli adeguamenti salariali e la partecipazione agli utili di impresa con forme di incentivazione per le imprese che lo fanno. Se il lavoro tornerà ad essere importante per lo Stato e per le persone anche la sua remunerazione corretta sarà più facile da ottenere.


Cambiamento climatico e politiche per l’ecosistema: l’ investimento per il futuro

Questo più che un pilastro deve essere il contesto in cui si dovranno muovere tutte le nostre scelte future. Lavoro sul tema del rapporto ambiente ed economia da quasi cinquant’anni (il mio primo articolo scientifico è del 1975) e ho vissuto i numerosi periodi di grande entusiasmo e impegno per l’ambiente e i successivi oblii, appena arrivava una crisi. Rischia di succedere anche ora la stessa cosa, se la tutela dell’ambiente non diventa un elemento fondante di tutte le politiche.

Per capirci: quando ci occupiamo di sanità, dovremo anche pensare al risparmio energetico, alla riduzione dei rifiuti , alla sicurezza sismica e idraulica degli edifici, ecc.

Una buona politica per l’ambiente deve sempre tenere in conto:

- la tutela dei grandi beni comuni: l’aria, l’acqua, gli oceani, la fauna e flora selvatica, le foreste e la diversità biologica;

- la difesa del suolo, particolarmente nelle zone montane. Questa non si può fare che a livello di bacini perché i flussi di siccità e di piena si devono gestire a scala di bacini. Invasare l’acqua per quando manca, con grandi bacini non solo di montagna, ma anche di pianura, è essenziale quanto conoscere che cosa succederà in caso di piene studiando accuratamente gli arrivi e i deflussi da ogni bacino. Occorre progressivamente sostituire l’asfalto con coperture drenanti;

- la lotta al cambiamento climatico si fa principalmente con la sostituzione delle energie fossili con quelle rinnovabili, ma dobbiamo anche non dimenticare gli apporti dell’agricoltura intensiva , responsabile di molte emissioni, e quelli sottrattivi di CO2 di una buona gestione forestale e agricola;

- l’adattamento al cambiamento climatico non può essere evitato perché siamo in colpevole ritardo e vanno quindi ripensate molte attività turistiche e produttive e l’organizzazione della vita nelle città e nelle zone più calde, senza dimenticare che sempre una buona copertura con alberi migliora sensibilmente il clima;

- l’economia circolare deve essere un obiettivo non un mito: la circolarità totale non è possibile perché esiste l’entropia dell’energia ma anche quella della materia. Un riciclaggio energivoro o che sprechi troppa acqua non è conveniente;

- dobbiamo lavorare soprattutto sulla progettazione degli oggetti, per poterli facilmente smontare e riutilizzare, e su quella degli imballaggi, che stanno diventando uno dei maggiori problemi;

- soprattutto dobbiamo ricordare che, se non è il caso di parlare di decrescita felice, dovremmo però utilizzare una parte maggiore del nostro reddito per gli investimenti necessari alla transizione ecologica e imparare a consumare in modo più sobrio.

Proverei a riassumere le proposte per il futuro in una formula:

Un reddito, un lavoro una sanità buona e un alloggio autoproduttore di energia per tutti, ma anche meno consumi inutili e più investimenti per migliorare la qualità dell’ambiente e del nostro vivere sulla Terra, senza dimenticare le tante forme straordinarie di vita che la condividono con noi.

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