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Punture di spillo: “Tutti, salvo gli imprevidenti e gli innocenti, fanno piani”. E noi?

a cura di Pietro Terna

“Tutti, salvo gli imprevidenti e gli innocenti, fanno piani” è una citazione[1] da Luigi Einaudi. Di piani avremmo molto bisogno, per affrontare i problemi dell’ambiente e quelli della povertà e delle disuguaglianze. Ma all’orizzonte se ne vedono pochi, con le decisioni del governo che un giorno sono orientate all’espansione e un giorno alla frenata, a seconda che la variazione del PIL sia prevista al rialzo o al ribasso di un decimo di punto, quasi fosse un numero magico.


L'età della SORIS

Cinquant’anni fa era tutta un’altra storia, anche se poi ci si dimenticò di quel che c’era in cantiere. Nella terza pagine del Sole 24 Ore di fine marzo e inizio aprile di 50 anni fa, è ricorrente il tema della programmazione economica, con la presentazione del secondo programma di sviluppo, quello guidato da Giorgio Ruffolo,[2] nominato segretario della programmazione. A Torino, la SORIS di allora, quella di Ruggero Cominotti (il partigiano Malùra [3]) produceva importanti studi per la programmazione e l’allora giovane autore di questo spillo preparava voluminosi tabulati con i conti necessari per le ricerche di base, ricorrendo al computer dell’Università di Torino, uno dei primi mainframe presenti in città.

Giorgio Ruffolo

La SORIS, società per le ricerche di economia applicata e di marketing industriale, era una realtà assai significativa, di cui Cominotti era amministratore delegato, con soci IMI, Olivetti, Fiat, Istituto Bancario San Paolo e Camera di Commercio di Torino. Franco Momigliano[4] era il presidente e Felice Calissano il direttore. Ora il nome SORIS è attribuito alla società di riscossione del Comune di Torino e di altri enti, perché il suo primo direttore, Calissano, volle far rinascere quel nome.


Gli anni della programmazione economica

Dopo l’amarcord, ritorniamo alla programmazione degli anni ’70, come esempio di metodo cui ancora fare riferimento. Interessante leggere[5] quelle pagine del Sole 24 Ore. Quali erano gli obiettivi?

Prima di tutto quella di orientare decisamente il sistema economico, da poco uscito dai tumultuosi anni ’60, sulla via dell'espansione. In parallelo, la ricerca della capacità di modificare la ripartizione delle risorse economiche tra usi pubblici e usi privati, a vantaggio dei primi, con un cambiamento assai innovativo, che porterà a risultati importantissimi come la riforma sanitaria. Alla base, l’obiettivo di promuovere un'industria efficiente e competitiva e al tempo stesso di saperla orientare verse gli obiettivi del piano. Infine una quarta sfida, forse la più impegnativa, era quella di affrontare l'insufficienza dell'amministrazione pubblica di fronte ai bisogni della collettività.

Rileggiamo quegli obiettivi con gli occhi di oggi, per coglierne la modernità. E non solo obiettivi, ma azioni a breve termine, con il piano annuale 1973. Si prevedevano: il riordinamento delle agevolazioni e delle incentivazioni per il Mezzogiorno; l’adeguamento delle agevolazioni e degli incentivi per quei settori che garantiscono la maggior occupazione di manodopera, nonché per quelli che versino in particolari difficoltà derivanti anche dalla attuale congiuntura economica e finanziaria; modifiche alla legislazione del lavoro in tema di orario, ferie e festività, lavoro a domicilio o part-time, di assistenza ai disoccupati e agli emigrati; misure dirette alla formazione qualificazione professionale. Per convincere il lettore che il riferimento è al 1973 e non all’anno in corso, annotiamo che l’Italia si preoccupava dell’assistenza agli emigrati, quelli propri. Ci siamo scordati quanti erano e perché emigravano: per la totale indigenza di cui pativano grandi aree del nostro Paese, in particolare del Mezzogiorno. Gli immigrati di oggi, per cui è stato proclamando nientemeno che lo stato di emergenza, sono di un’altra specie?


Gli interventi del giornale della Confindustria

Al dibattito sul Sole 24 Ore partecipavano in quei giorni accademici del calibro di Francesco Forte,[6] studiosi controversi, ma di spessore, come Pietro Armani[7] e lo stesso direttore del giornale confindustriale, Alberto Mucci, che aveva trasformato quello che era un bollettino tecnico in un vero e proprio quotidiano. Tutti con articoli che rappresentano dei veri e propri saggi di riflessione.

Confindustria, Viale dell'Astronomia, Roma

Molto interessante la posizione della Confindustria, con un articolo del vicepresidente Giuseppe Locatelli, del team di presidenza guidato da Gianni Agnelli. Il titolo, “Gli imprenditori pronti ad accogliere le «sfide» del rapporto Ruffolo”, segnala la posizione dell’associazione, di critica collaborativa. Forte l’invito a riconoscere “alle parti sociali una funzione continuativa di collaborazione nella definizione delle scelte qualificanti di breve e di lungo periodo relative allo sviluppo socio-economico del Paese nella sua globalità e nelle sue articolazioni” perché “una impostazione programmatica che rifletta un processo decisionale flessibile e democratico può certamente meglio garantire un responsabile impegno dei principali protagonisti della vita produttiva ad adottare comportamenti sostanzialmente coerenti con indirizzi e traguardi che essi stessi hanno contribuito ad elaborare e proporre”. Una impostazione assai costruttiva di cui sentiamo fortemente la mancanza.


Le variazioni di Butch Morris

Il nostro Cantor [8] ci intrattiene da par suo sulla programmazione, assimilandola a una partitura. Nel 1979 uscì nelle sale Prova d’orchestra di Federico Fellini. Il film fu interpretato come una riflessione sugli anni ’70 che stavano volgendo al termine e sulle contraddizioni e sulle tragedie che ne avevano segnato il percorso. Qui interessa l’orchestra come metafora della società. In politica economica incontriamo orchestre e direttori diversi, cui corrispondono altrettanti modi di dirigere. Pensiamo alla complessità degli interventi posti in essere per favorire la crescita e l’occupazione o per governare l’inflazione. Chi dirige non può far riferimento soltanto ad una partitura.

Prova d'orchestra felliniana

Deve essere in grado di costruirla giorno per giorno e, se è il caso, di variarla istantaneamente, ma servono una base e un metodo. Verso la metà degli anni ’90 il cornettista Butch Morris mise a punto la tecnica della conduction[9]. Attraverso il gesto, una pratica non diversa da quella dei direttori di composizione tradizionali, Morris era in grado di modificare la musica mentre veniva eseguita, cambiandone il ritmo e le dinamiche, ma anche l’ordine delle parti, fino a dirigere il fluire delle improvvisazioni dei solisti. Otteneva così una musica diversa ad ogni esecuzione, sempre adatta al pubblico e alle circostanze. La musica dell’esempio[10] a tratti è caotica, ma contiene momenti di alto livello, specie nell'interazione fra solisti e dei solisti con il direttore. Tutto di buon augurio per la società e l’economia italiana.

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