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a cura di Pietro Terna

Punture di spillo. Torino, il piano regolatore non vada piano...

a cura di Pietro Terna


Il Piano Regolatore Generale è un avvenimento epocale che segna la vita di una città. Torino si prepara a prepararne uno nuovo; per discuterne è interessante prima di tutto l’analisi di quel che accade l’ultima volta. La troviamo nel numero 33, uscito nel 2015, di Politiche Piemonte[1] dell’IRES, l’Istituto di ricerche economico sociali della Regione Piemonte. In quel fascicolo[2] si propone una lettura del Piano Regolatore approvato nel 1995, a 20 anni di distanza; una lettura dinamica che tiene conto delle trasformazioni successive.

Dall’editoriale di Carlo Alberto Dondona e Davide Barella, ricercatori dell’IRES:


(…) si compiono esattamente venti anni dall’approvazione del Piano Regolatore Generale di Torino. Era, infatti, il 1995 quando si concludeva il processo avviatosi nel 1987, con l’incarico ai progettisti Gregotti e Cagnardi, e portato a compimento otto anni dopo a causa dell’instabilità politica che aveva caratterizzato quel periodo fino a portare al commissariamento del Comune. Un PRG che nei fatti ha cambiato radicalmente la città, collegandone parti fino a quel momento nettamente separate dalla barriera della ferrovia, creando nuovi insediamenti e nuove polarità e che ha dato il via a una mutazione del tessuto urbano che prosegue ancora oggi. Un Piano che non è stato certamente l’unico strumento a disposizione degli amministratori cittadini, a partire dalla pianificazione strategica iniziata sul finire degli anni ’90 per arrivare all’irripetibile occasione dei Giochi Olimpici invernali, vera data spartiacque nella storia recente della città.


Il progetto di Gregotti e Cagnardi

I cambiamenti portati dal Piano del 1995, affidato agli architetti Gregotti e Cagnardi dalla giunta di Giorgio Cardetti (1985-87), varato dopo il via al passante ferroviario con l’approvazione del progetto preliminare[3] dalla giunta di Valerio Zanone (1990-91) nel dicembre ’91[4] e finalmente approvato in via definitiva con il sindaco Valentino Castellani, sono positivamente sotto gli occhi di tutti. Semplificando molto, si fondano sulla grande scelta operata dai progettisti di dare massimo rilievo alla copertura della ferrovia che divideva Torino. Una trasformazione integrata con altri grandi cambiamenti come il raddoppio del Politecnico, il recupero delle Officine Grandi Riparazioni, le altre opere nella cosiddetta Spina Centrale,[5] anche se non tutte realizzate con la stessa qualità e grado di condivisione. Sullo stesso asse, il grattacielo di Banca Intesa Sanpaolo.


Da quel numero di Politiche Piemonte (del 2015, come si è visto) di anni ne sono passati quasi altri dieci, segnati da ulteriori cambiamenti e accompagnati da due grandi incompiute, come la nuova stazione di Porta Susa, quasi un’isola che sembra non avere avuto effetti sulla zona circostante, oltre a essere un monumento all’incapacità di un grande ente come RFI,[6] Rete Ferroviaria Italiana – società 100% delle Ferrovie dello Stato – a concludere una grande opera. Oppure come il grattacielo della Regione Piemonte, altra isola incompiuta per ora senza nessun effetto urbano.


Il grande vuoto resta quello di Torino Nord, la città oltre corso Regina Margherita, nonostante i tanti interventi progettati e realizzati, anche privatamente con le iniziative nel quartiere Aurora del Gruppo Finanziario Tessile guidato da Marco Rivetti con Casa Aurora[7] del grande architetto Aldo Rossi (1987) o, molto più recentemente, con la Nuvola Lavazza.[8] La città non cambia per punti, pur importantissimi, ma con azioni integrate da un disegno urbanistico.

Casa Aurora e Nuvola Lavazza

Eccoci ora al presente e al futuro. La giunta Lo Russo ha approvato l’Atto di indirizzo del Nuovo Piano Regolatore Generale della Città di Torino. È online[9] all’Albo pretorio della Città, dove resterà ancora per una settimana. I lettori possono anche trovarne una copia segnata da me mentre lo leggevo a https://terna.to.it/prg.pdf.


Grandi idee, eccellenti propositi, ma in concreto...?

Il sindaco Stefano Lo Russo e l’assessore Paolo Mazzoleni [10] ripongono grandi aspettative nel nuovo piano, pur sapendo che ci vorranno anni per realizzarlo: parlano di minor rigidità, di uno sguardo rivolto a ciò che succede nel mondo, di suggerimenti che ci darà la Fondazione Bloomberg.[11] Tutto bene, ma… ecco il torinese brontolone: è difficile sintetizzare le idee portanti dell’atto di indirizzo. Leggiamo di una città che deve essere multiforme, interpretare i mutamenti sociali, realizzare trasformazioni rapide, “Una Torino che torna a essere grande, un punto di riferimento e una guida nel lavoro, nella solidarietà, nella ricerca, nell’innovazione, nella qualità della vita, nella lotta a ogni forma di discriminazione e nella promozione di nuovi modelli di sostenibilità e giustizia ambientale”, valorizzando le circoscrizioni, semplificando la circolazione, utilizzando al meglio il patrimonio edilizio, evitando il consumo di suolo e anzi liberandolo. Si parla del mondo degli studenti, della scuola, degli spazi verdi della città. In tutto dieci pagine di riflessioni condivisibili, ma…

La Torino della salute e dell’innovazione nella salute, che recupera e riutilizza aree vastissime, prima di tutto gli stabilimenti di Mirafiori, che si collega alla corona di verde che la circonda (chiarissima nella visione aerea), che riflette sui bisogni dei nuovi cittadini arrivati dal resto del mondo, che considera i bisogni degli anziani che possono essere sorretti solo dalla presenza dei giovani, è ancora tutta da immaginare; anzi, prima di tutto da elencare nei suoi vari capitoli. La visione aerea della città ci mostra la zona chiara a sud, degli stabilimenti ex Fiat, ora assolutamente bisognosi di un progetto. Anche a nord vediamo una grande area industriale, più esterna alla città, ma che fa parte del suo cuore economico: non può essere dimenticata, anche per l’importanza tuttora strategica della produzione di veicoli industriali. Sono solo primi spunti dalla lettura della delibera di indirizzo del nuovo Piano Regolatore; speriamo ne arrivino molti altri e sia possibile discuterne a fondo con la Città. Sono certo che gli argomenti elencati sono tutti nell’agenda del sindaco e dell’assessore Mazzoleni (foto in basso), prima di tutto Mirafiori: perché allora non metterli in primo piano nell’atto di indirizzo?

In musica, il nostro Maestro ricorda che in tre anni e mezzo abbiamo visto pandemia, guerra, siccità e alluvioni. Tutto questo in aggiunta ai problemi irrisolti del paese. Per i decisori pubblici è il momento di agire. Ci facciamo accompagnare, per sollecitarli, da un blues[12] di Charlie Parker. È una melodia abbastanza semplice, basata su un riff ripetuto, che conserva forti reminiscenze delle band di Kansas City in cui Parker aveva fatto le sue prime esperienze. Una frase tipicamente bebop alla nona misura[13] ci ricorda però che stiamo ascoltando Bird.[14]



Note

[1] https://www.politichepiemonte.it [2] https://www.politichepiemonte.it/images/stories/Pdf_archivio/33_PolitichePiemonte_rivista.pdf [3] Previsto dalla legge regionale n.56 del 1977. [4] Per l’esattezza il 19 dicembre alle 2 di notte; interessante rileggere gli articoli di quei giorni grazie al rinato archivio della Stampa, a http://www.archiviolastampa.it [5] https://it.wikipedia.org/wiki/Spina_Centrale [6] https://www.rfi.it [7] https://www.fondazionealdorossi.org/opere/1980-1989/complesso-uffici-gft-casa-aurora/ [8] https://www.lavazza.it/it/museo-lavazza/scopri-nuvola.html [9] https://stilo.comune.torino.it/albopretorio/#/albo/atto/2589201/FD7E3721725459BEE05329858A0A954C [10] https://torino.repubblica.it/cronaca/2023/06/09/news/lo_russo_e_il_piano_regolatore_trasformeremo_edifici_esistenti-403787848/ [11] https://associates.bloomberg.org [12] https://youtu.be/ryNtmkfeJk4 [13] Al 16° secondo. [14] https://it.wikipedia.org/wiki/Charlie_Parker

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