Punture di spillo. Moneta & intelligenza artificiali: i rischi pari non sono...
a cura di Pietro Terna
Moneta e intelligenza artificiali: quali rischi? La moneta e giustifico la scelta. Il valore proposto il 5 ottobre 2009 per il bitcoin, sulla base del consumo di energia necessario per produrne uno nel computer, era così modesto che un dollaro ne acquistava 1309.[1] Un bitcoin valeva quindi 0,00076394 dollari, meno di un millesimo. Mentre scrivo vale oltre 96mila dollari, con un rapporto tra valore corrente e valore iniziale di 125 milioni di volte. Con quale motivazione lo si compera? Per rispondere, proviamo a comprenderne la natura artificiale. Anche l’intelligenza, ora, può essere artificiale, proviamo a confrontare i rischi.
Che cosa è la moneta artificiale? Nel Faust, [2] Goethe mette in scena il Cancelliere che (facendosi avanti a passi lenti): «Quale fortuna pe' miei vecchi giorni! Morrò contento. — Ascoltate adunque, e considerate ciò che sta scritto sul gran libro del destino che ha convertito tanto male in bene (legge). "Sia noto a chi lo vuol sapere che questo foglio vale mille corone. A garanzia si dà una quantità stragrande di tesori sepolti entro il suolo dell'impero. Tutte le misure sono prese perché tanta copia di valori, che già entrano nelle casse dello Stato, serva al pagamento della carta"».
Ecco la carta moneta, che qui compare in modo molto fantasioso, dal nulla. La storia vera è quella di banconote emesse con la promessa del cambio in oro, promessa via via meno praticata e poi definitivamente eleminata. Quella carta vale perché emessa con l’autorità dello Stato che la accetta come prenditore illimitato, ad esempio per chi deve pagare le imposte.
Invece il bitcoin e i suoi cugini e cuginastri sono formulazioni numeriche che avrebbero voluto diventare il mezzo degli scambi. Comparendone centinaia, con piccole differenze tra loro, il progetto è divenuto rapidamente implausibile. I meno giovani ricordano i miniassegni da cinquanta e cento lire di fine anni Settanta, emessi da molto banche per facilitare i pagamenti, in quanto si registrava un enorme ritardo nella produzione delle monetine chiamate a sostituire le banconote di piccolo taglio. In quel caso il prenditore sicuro erano i benzinai che si erano organizzati per raccogliere i fantasiosi miniassegni e mandarli all’incasso prima che fossero completamene deteriorati. Per il bitcoin, non c’è.
La roulette dei bitcoin
Non servendo per i pagamenti, salvo qualche rara eccezione soprattutto in campi fuori dalle regole, ecco la sintesi del titolo del Sole 24 Ore dell’11 scorso: «La roulette dei Bitcoin prima o poi farà danni». Si tratta di un articolo di Marco Onado, economista insigne, specializzato in campo bancario, che scrive: «(…) si tratta di una grande roulette, anzi peggio, perché il prezzo può continuare a salire solo fino a quando ci saranno soggetti abbastanza ottimisti (eufemismo) da ritenere che in un domani più o meno vicino il prezzo sarà ancora più alto. Se la febbre speculativa cessasse di colpo, il prezzo crollerebbe e non ci sarebbe nessun valore sottostante a porre comunque un limite alla caduta». Gli hacker simpaticamente anarchici che lanciarono il bitcoin nel 2009 certo non immaginavano di trovare dopo molti anni uno sponsor nel prossimo presidente degli Stati Uniti. Credo però che Trump, in un colloquio fuori dai riflettori dove gigioneggia, sarebbe in difficoltà a spiegare perché vuol favorire quel che è diventato un gioco d’azzardo.
Alla fine, i veri colpevoli sono coloro che il bitcoin lo comperano per speculare, del tutto al di fuori dello scopo iniziale, tra l’altro minutamente accompagnato da regole sulle transazioni (la blockchain per un po’ di tempo sulla bocca di molti) e sulla creazione di nuova moneta, anche se con un po’ di confusione nella determinazione della quantità massima fabbricabile, come se la stabilità dei prezzi dipendesse direttamente dalla quantità di moneta primaria: tutto sarebbe ben facile da regolare!
E l’intelligenza artificiale? La questione è doppia: averne paura perché governerà al posto delle persone oppure perché molte persone dissennate stanno creando una gigantesca bolla nei valori di borsa delle aziende che producono quelle tecnologie, senza ricavarne per ora un fatturato di rilievo? Spaventa la seconda parte della domanda, non la prima. Goldman Sachs, che non è esattamente un gruppo di antagonisti del mercato, nel suo bollettino di giugno titolava[3] «Gen AI: too much spend, too little benefit»? Troppa spesa, troppo pochi ricavi? Da un lato gli ottimisti di Marco Onado, dall’altro i dissennati di Wall Street, che per lo più mettono a rischio i risparmi degli altri.
Una scommessa dalla posta sempre più alta
Il baccelliere degli spilli non dimentica che ogni banconota è una promessa. Il bitcoin più che una promessa è una scommessa. Stessa desinenza ma diversa propensione in chi li pratica. Intendiamoci. Ci sono promesse mantenute e ce ne sono altre che mantenute non sono. I marinai, cantati da Dalla e De Gregori,[4] sono assurti a esempio di questa pratica.
Chi è vittima di una promessa non mantenuta, ad esempio “fermeremo l’inflazione”, ha diritto per lo meno di lamentarsi. Una promessa è un impegno. Chi perde una scommessa invece di solito se ne fa una ragione. Si tiene il danno come chi è causa del suo male. Se pensiamo ai bitcoin, la posta sta diventando sempre più alta. I numerosi scommettitori saranno disponibili a tenersi il danno? In ogni caso sarà una storia triste.
Il grande cantore delle storie tristi, l’outsider, il pianista che dall’angolo del locale di terz’ordine suona melodie affogate di swing e di lacrime[5] è Tom Waits. Californiano, la voce immersa in un tino di whisky,[6] Waits è stato un cantore dei perdenti, romantico e crudele. A partire dagli anni Ottanta ha preso una strada diversa, caratterizzata da sonorità meno eufoniche, geniali, che lo hanno fatto osannare dalla critica. Noi però siamo ancora affezionati al cantante di Tom Traubert’s blues.[7] Ci troviamo una inflessione di Armstrong, un accenno di Kerouac, un pizzico di Sinatra (rauco s’intende) e un mare di archi in cui far naufragare la malinconia. Forse certi scommettitori senza scrupoli non se la meritano, ma noi sì.
Un bonus – non musicale – per i lettori: cliccando sul link riportato nella nota,[8] introdurrete nel vostro WhatsApp una intelligenza artificiale pronta a dialogare. L’immagine del bitcoin – che non esiste fisicamente, ma ha una raffigurazione grafica – e delle persone che festeggiano è stata prodotta in quel modo, chiedendo all’IA di disegnare gli eccessi cui stiamo assistendo.
Note
[1] https://www.reddit.com/r/CryptoCurrency/comments/171lknm/exactly_14_years_ago_btc_was_first_listed_on_an/
[2] Goethe Faust, https://www.mauronovelli.it/Goethe%20-%20Faust.htm
[3] https://www.goldmansachs.com/images/migrated/insights/pages/gs-research/gen-ai--too-much-spend%2C-too-little-benefit-/TOM_AI%202.0_ForRedaction.pdf (interessante anche l’articolo del premio Nobel Acemoglu riporta nel bollettino).
[5] come direbbe Paolo Conte, Una faccia in prestito.
[6] come disse il critico Daniel Durchholz.
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