PUNTURE DI SPILLO. "Il mondo, è bene ricordarlo, è la nostra casa"
- a cura di Pietro Terna
- 18 lug 2024
- Tempo di lettura: 5 min
Aggiornamento: 18 lug 2024
a cura di Pietro Terna

Il Mondo è casa nostra, cerchiamo di sapere che cosa accade nelle varie stanze della casa, cioè le grandi aree del Mondo, dal punto di vista: della demografia, dove i dati, anche crudeli, sono particolarmente certi; da quello dell’economia, dove le certezze sono molto ridotte, salvo il permanere delle disuguaglianze; da quello delle politiche internazionali, dove le certezze sono ancora inferiori.
Il futuro della popolazione mondiale è ben descritto dall’articolo[1] «11 luglio 2024: WPP» di Neodemos, sottotitolo «popolazione – società – politiche», rivista fondata dal grande demografo italiano Massimo Livi Bacci[2], che ha anche operato come politico italiano e europeo ed è discendente di tre generazioni di studiosi di statistica, antropologia, psicologia. Nel titolo, con WPP si richiama il World Population Prospects, la biennale pubblicazione della Divisione Popolazione delle Nazioni Unite sulle stime e le previsioni della popolazione mondiale; con “11 luglio” si fa riferimento alla giornata mondiale della popolazione, il World Population Day. L’articolo sottolinea la svolta negli andamenti demografici, dopo la grande paura determinata dal traguardo dei 5 miliardi nel 1987, plausibilmente intorno proprio dell’11 luglio di quell’anno.

La questione demografica
Ora siamo 7,5 miliardi e cresciamo ancora, ma nelle previsioni la fine della crescita è all’orizzonte e gli scenari da fantascienza che prospettavano la mancanza di sufficiente spazio sulla Terra per i suoi abitanti, sono scongiurati. Con Neodemos: «Certo, gli esperti delle Nazioni Unite potrebbero sbagliare: del resto non hanno la sfera di cristallo e, ad esempio, non avevano previsto la pandemia da COVID-19. Ma è improbabile che la realtà si discosti di molto da questo scenario, per due motivi. In primo luogo, perché gli andamenti demografici si caratterizzano per una notevole inerzia e questo consente di azzardare previsioni su orizzonti temporali incomparabilmente maggiori di quelli che possono permettersi gli analisti politici o economici (…) e in secondo luogo, perché, in passato, le previsioni delle Nazioni Unite si sono nel complesso rivelate azzeccate».
La prima causa del cambiamento è la caduta del numero dei figli per donna, la seconda è il numero di giovani donne in età riproduttiva, ancora in crescita, ma che svolterà proprio per la caduta delle nascite. A quel punto l’effetto sarà moltiplicativo verso la diminuzione (meno donne con meno figli) tanto da sopravanzare l’aumento della longevità, che in ogni caso ha pur sempre limiti naturali. Il grafico[3] che accompagna questo spillo ben riassume la situazione. Tra il 2060 e il 2070, a seconda dei modelli di calcolo utilizzati, la popolazione mondiale inizierà a diminuire e anche rapidamente. Sono date lontane… Per nulla! Il mio nipote più grande nel 2060 avrà 60 anni e il più piccolo 44. Tempi che equivalgono a 1-2 generazioni, vicinissimi. Non sarà comunque una transizione facile, perché avverrà in modo molto diverso nelle varie aree del pianeta e ci porterà, prima della svolta, a superare i dieci miliardi o poco meno.

La questione economica
Economia: le due mappe[4] che accompagnano l’articolo mostrano l’enorme squilibrio che si abbatte con violenza sulla popolazione di una grandissima parte del pianeta. Online possiamo visualizzare ogni anno dal 1980 alle previsioni sino al 2029; cliccando sui diversi paesi si leggono i dati puntuali. Qui passiamo dal 2000 al 2024 e vediamo il recupero della Russia, il balzo avanti della Cina, quello parziale dell’India e il permanere del grave quadro di povertà dell’Africa. Questi sono dati economici purtroppo assai certi e la dinamica demografica dei prossimi 40 anni si concentra proprio lì dove c’è la povertà massima.

Come popolazione la Cina è in grande regresso e anche l’India, ora paese più popolato del mondo, muove verso la stabilità. Anzi, un recentissimo articolo[5] dell’Economist la vede come prossima superpotenza mondiale del cibo. Non possiamo far finta che i movimenti migratori dall’Africa all’Europa non ci saranno; ci saranno, con due effetti, forse tre: impoveriranno i paesi africani che perderanno i giovani più intraprendenti; aiuteranno la “stanca Europa”; daranno fiato all’ignoranza di chi combatte gli immigrati.
È angosciante la svolta della Commissione Europea con la presidente Ursula von der Leyen, riconfermata oggi, giovedì 18 luglio,[7] che il 23 settembre 2020 dichiarava[6] «La migrazione è sempre stata una realtà per l’Europa e lo sarà sempre, nel corso dei secoli ha definito le nostre società, arricchito le nostre culture e plasmato molte delle nostre vite, e sarà sempre così» e ora afferma di aver «rafforzato le frontiere europee» e conclude: «continueremo a farlo». Forse il Mondo non lo vediamo tanto come casa nostra. Invece...
Le politiche internazionali
Questo è il terzo punto di cui si diceva all’inizio: le politiche internazionali. URSS e USA avevano visioni politiche del Mondo, condivisibili o no, ma con obiettivi che inducevano delle scelte istituzionali ed economiche nelle zone di influenza. Ora quei disegni si fanno sempre più confusi e non per questo meno violenti, mentre l’Europa quasi resta a guardare. Serve un grande disegno che immagini un riavvicinamento Europa-Russia, vicinissime dopo il crollo dell’Unione Sovietica e ora incredibilmente divergenti negli obiettivi. L’equilibrio del Mondo richiede la presenza dell’Africa accanto a India, Cina e Sud America.
Può aiutarci l’arte dei suoni? Il baccelliere di musica che conclude gli spilli risponde da par suo. We are the world,[7] così cantavano i ragazzi intorno alla metà degli anni ‘80. Colpita dalla carestia, l’Africa aveva bisogno di aiuto. Era il 1985. Le star della pop music si mobilitarono in massa. Con il senno di poi c’era una cospicua dose di retorica. Ma chi c’era sentiva, un po’ confusamente forse, la responsabilità di appartenere alla parte del mondo privilegiata e il dovere di restituire un po’ di quella immeritata fortuna. Sono passati quarant’anni e i disgraziati restano. La loro disperazione li porta fino qui, dopo aver rischiato la vita sui barconi. Sono di questi giorni notizie inquietanti. Schiavi nelle campagne, anche quelle, vicine a noi, pomposamente definite patrimonio dell’Unesco.

Le mobilitazioni non hanno cambiato il mondo. Viviamo in una parte del mondo che sta invecchiando. Inclini alle immagini quasi poetiche, lo chiamiamo inverno demografico. Al di là delle immagini, reagiamo con paura. A differenza degli artisti. Da Caravaggio a Pollock, da Monteverdi a Mahler, non hanno avuto paura delle contaminazioni. L’arte è meticcia. Ascoltiamo l’Ebony concerto.[8] Igor Stravinsky – a lato in un ritratto di Pablo Picasso, sempre a proposito di contaminazioni – compose quest’opera per l’orchestra di Woody Herman, pagando un debito al jazz come linguaggio, ma più ancora all’Africa come origine. L’ebano del clarinetto, strumento solista di questa virtuosistica pagina, richiama il colore della pelle degli schiavi portati in America sulle navi negriere. Schiavi allora come oggi. Stravinsky, russo occidentalizzato, faceva musica del mondo e pareva ben consapevole di queste implicazioni.
Note
[4] Fonte IMF, Fondo Monetario internazionale, https://www.imf.org/external/datamapper/NGDPDPC@WEO/OEMDC/ADVEC/WEOWORLD. I migliori risultati li ho ottenuti usando Firefox,
[7] Ursula von der Leyen ha ricevuto 401 sì, 284 contrari e 15 astenuti su 707 votanti. Fratelli d’Italia, il principale di governo, ha votato contro. Il presidente ha ricevuto anche l'appoggio dei Verdi, implicito riconoscimento al passaggio del suo discorso in cui ha riconfermato la rotta sul Green Deal europeo e su un piano ecoindustriale nei primi 100 giorni del mandato.
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