Punture di spillo. Futuro incerto tra decrescita, guerre e follia dei dazi in un mondo che invecchia
- a cura di Pietro Terna
- 2 giorni fa
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a cura di Pietro Terna*

Dal Club di Roma[1] a Serge Latouche[2] e tanti altri abbiamo ricevuto gli appelli alla decrescita, la décroissance del graffito rosso alla base della Colonna di luglio in Place de la Bastille (foto in basso a sinistra), tracciato durante lo sciopero generale del 28 marzo 2006. Poi la crisi del 2008, quella del 2015 e soprattutto la pandemia del 2020 hanno fatto pensare ad altro. Ora un grande contributo alla decrescita arriva dalle tariffe di Trump e dagli accordi insensati che impone ad amici e nemici. Ma andiamo con ordine.
Personalmente ho sempre considerato la decrescita come un progetto molto pericoloso per chi ha ancora problemi di sopravvivenza, come accade in gran parte del mondo e anche tra noi. Occorre ragionare di eguaglianza e di limitazione degli eccessi e per quello lo strumento è il sistema fiscale, applicato in un paese e in un mondo fondato sul rispetto della persona e della democrazia. Dahrendorf,[3] maestro del liberalismo, nella prima lezione sulla libertà attiva introduce il concetto di «dotazione elementare garantita a tutti» e precisa che in essa «rientrano i diritti fondamentali di tutti i cittadini, ma anche un livello base delle condizioni di vita, forse un reddito minimo garantito, e comunque la prestazione di certi pubblici servizi accessibili a tutti». Quindi, prudenza a frenare.

IA, la politica prudente della Cina
La tragedia del Covid nel 2019-2023 ha determinato una frenata di grande pesantezza, ma grazie anche a una politica monetaria del tutto spregiudicata – che ha mandato in soffitta decine e decine di trattati sulla moneta – non ha avuto un effetto di lunga durata sull’economia. Ora sulla moneta grava una incertezza ben diversa da quella del timore per l’iperinflazione: quella per l’uso sconsiderato di falsi strumenti monetari come i bitcoin e simili nonché le cosiddette stablecoin, una specie di miniassegni degli anni ’70 moltiplicati per miliardi di volte. L’artefice massimo è Trump, con le nuove regole introdotte negli States.[4]
Altro elemento dello scenario, a fine 2022 è balzata sulla scena l’intelligenza artificiale e tuttora ci sta con la sicurezza di una grande attrice. Non abbiamo ancora capito quanto conterà davvero nel cambiare il lavoro, se diminuendolo drasticamente o addirittura aumentandolo, come vorrebbero i profeti della turbo-crescita.[5] Il grande rischio è che il governo del paese più progredito nella ricerca, gli Stati Uniti, smantelli la loro miniera del sapere, cioè quelle università dove accorrevano menti da tutto il mondo. L'idea che i modelli linguistici di grandi dimensioni – essenzialmente degli ottimi strumenti di previsione testuale – su cui si fonda l’attuale IA possano sostituire gli scienziati, è come minimo azzardata. Certo, le big tech provano a venderla a piene mani. Molto più pragmatica la linea cinese,[6] che associa IA, ricerca universitaria e industria.[7]

Tirando le somme, incertezze enormi e grandi recenti contrasti su crescita e decrescita.
Ora però la decrescita la vediamo di fronte a noi nell’immediato, come conseguenza delle scelte scellerate di quel signore che siede alla Casa Bianca e che trasforma le chiacchiere da bar in considerazioni di politica internazionale. Una prova per tutte: le divagazioni da ignorante tuttologo durante la conferenza stampa dopo l’accordo con cui ha umiliato l’Europa. Europa rappresentata da una presidente tanto a disagio quanto fuori posto. Perché è andata a incontrarlo in Scozia, nei suoi campi da golf? Forse in un luogo carico di storia come Bruxelles o Washington, Ursula von der Leyen, persona di grande cultura e portatrice di un cognome, sia pur acquisito, che risale alla nobiltà sovrana del X secolo, sarebbe stata meno a disagio. Vi propongo un sorriso, pur nella gravità della situazione, segnalando il remake della conferenza stampa del 27 luglio quando Trump, di sua iniziativa, si è messo a divagare sulle pale eoliche: guardate l’originale[8] e poi il rifacimento con l’IA dove i protagonisti sono rappresentati come bimbi paffuti e von der Leyen, in realtà mai inquadrata in quel momento, compare dotata di una mimica fantastica.
Le osservazioni di Krugman sulle tariffe trumpiane
Che cosa ha prodotto Trump con la sua guerra sulle tariffe? Una enorme incertezza e un’altalena economica insensata nel breve periodo. Ad esempio, una accelerazione degli scambi nella prima parte del 2025 per sfuggire alle nuove regole. Inoltre, Un dissesto a lungo termine, perché le scelte compiute non sono fondate sulla realtà. Dopo gli accordi scozzesi il premio Nobel Krugman ha ancora una volta ricordato che non esiste un serio deficit degli USA nei confronti dell’Europa. Anzi, tenendo conto anche degli scambi di servizi, che Trump non vuole considerare, e dei profitti delle grandi compagnie americane con l’Europa, è l’America ad essere in avanzo.[9] Per una somma di disastrosa ignoranza delle conoscenze economiche elementari, prepotenza senza fondamenti e insufficienza completa della controparte, Trump potrebbe ora provocare un forte avanzo della sua bilancia commerciale nei nostri confronti.

Riflettiamoci un attimo. Con più beni americani verso l’Europa che nella direzione opposta, saremo noi a poter vivere, come si diceva nel linguaggio politico qualche decennio fa, al di sopra delle nostre risorse. Ma è probabile che tutto si trasformi in caos e incoerenza, con gli anelli della produzione coinvolti nel cambiamento che si spezzano e producono disoccupazione e povertà. In qualche libro di storia intorno al 2050 si leggerà che, dopo gli errori della politica americana nel terzo decennio del secolo, ci sono voluti più di dieci anni per tornare alla normalità.
Disastrosa anche la prospettiva ambientale, con l’impegno che abbiamo ora di consumare una enorme quantità di metano americano, che attraverserà l’oceano nelle enormi navi metaniere e che noi pagheremo a carissimo prezzo. Carissimo prezzo che anche gli americani pagheranno per le nostre merci, essendo loro che corrisponderanno i dazi a Trump, mentre il flusso di dollari che dall’Europa andava a sottoscrivere il debito pubblica americano si inaridirà completamente. Un affare fantastico, perdono tutti!
Il mondo invecchia nell'indifferenza generale
Intanto procede implacabile l’altro nemico della crescita e amico della decrescita. Con buona pace di chi ha per tanti anni ignorato le previsioni demografiche, le Prospettive occupazionali dell'OCSE per il 2025[10] – con il vistoso sottotitolo: Riusciremo a superare la crisi demografica? – ci pongono di fronte a una decrescita certa e, potremmo aggiungere, a una decrescita assai complessa. Come ben segnala il Bollettino Adapt:[11]
Secondo le previsioni, entro il 2060 la popolazione in età lavorativa (20-64 anni) residente nei Paesi OCSE si ridurrà in media dell’8%, con picchi di oltre il 30% in circa un quarto di essi. Parallelamente, il tasso di dipendenza degli anziani, cioè il rapporto tra le persone di età pari o superiore a 65 anni e la popolazione in età lavorativa, pari al 31% nel 2023, aumenterà fino al 52% nel 2060, arrivando a superare addirittura il 70% in alcuni Paesi.
Non conta, dirà qualcuno, c’è il Terzo mondo che cresce e poi ci sono le macchine… Due errori colossali: anche la demografia delle aree più popolose è cambiata o cambierà presto e soprattutto non possiamo immaginare un sistema di sfruttati e sfruttatori su scala planetaria. Quanto alle macchine, certo, la risposta è quella, ma macchine di chi? Di Trump, di Xi Jinping, di Mark Zuckerberg, di Jeff Bezoz,… Ne riparleremo in autunno, con la mente meno oppressa.
Spillo cupo, oppure andrà tutto per aria, con The Donald, i suoi dazi e i suoi mulini a vento, e ci faremo una gran risata? Per fortuna il baccelliere di musica ci aiuta a riprendere fiato.

Un genio che ci manca: Leonard Bernstein
Crescita e decrescita sono solo paradigmi e i paradigmi vanno bene per studiare i verbi. Il problema è che poi, paradigmi o no, i verbi si continua a sbagliarli, specie il povero congiuntivo. Il congiuntivo per un’assonanza linguistica riporta alla congiuntura. La congiuntura non è favorevole. Ne sono prova i venti di guerra che percorrono il pianeta e, se questo non bastasse, tutti i modi di fare la guerra con strumenti diversi dalle armi che stiamo sperimentando - come i dazi. A volte l’impressione è che, anziché in un contesto internazionale, costituito da uomini e donne maturi, ci troviamo schiacciati nel bel mezzo di una lotta fra bande.
Un tema, questo, trattato dal genio di Leonard Bernstein (1918-1990) e del librettista Arthur Laurents in West Side Story. Musical composto intorno alla metà degli anni ‘50, ispirato a Romeo e Giulietta di Shakespeare, questa pagina della cultura americana racconta la storia dell’amore contrastato fra Riff e Maria, sullo sfondo di una New York dominata da scontri fra gang, violenza e tensioni fra le diverse etnie – in questo caso si tratta di bianchi e portoricani. Non mancano le analogie con il presente. Quello che manca ai tempi attuali - oltre a una credibile storia d’amore – sono le musiche di Bernstein.
Bernstein è stato uno dei talenti assoluti del ventesimo secolo, capace di dare una dimensione globale alla musica, lasciando che questa trascendesse, fra i generi come fra le forme d’arte. Il musical con Bernstein assurge a linguaggio universale, non semplice intrattenimento ma forma d’espressione in grado di trattare temi di grande peso e rilevanza. Ai nostri tempi, che vedono bulli e risse da tutte le parti, senza che le figure responsabili dei destini del mondo facciano eccezione, manca una dimensione che sappia riportarci al senso più autentico delle cose, alle vere priorità. Ascoltiamo quindi Somewhere come fanno Maria e Riff, nell’auspicio che esista questo da qualche parte in cui l’umanità possa vivere in pace.[12]
*Gli spilli saranno in ferie in agosto; al giovedì comparirà un epistolario tra due autori che i lettori conoscono, dedicato all’intelligenza artificiale.
Note
[1] https://it.wikipedia.org/wiki/Club_di_Roma, anticipatorio ma solo concentrato solo sulla carenza di materie prime e di petrolio, tanto da diventare controproducente.
[2] https://it.wikipedia.org/wiki/Serge_Latouche, a sua volta così drastico nei giudizi da apparire come un catastrofista che non lascia speranze, cui voltare le spalle.
[3] Ralf Dahrendorf, Libertà attiva – Sei lezioni su un mondo instabile, Laterza, 2005, data prima edizione originale 2003.
[4] https://www.agendadigitale.eu/mercati-digitali/usa-e-svolta-sulle-criptovalute-quali-impatti-sulleuropa/
[5] Segnalo l’articolo The economics of superintelligence a https://www.economist.com/leaders/2025/07/24/the-economics-of-superintelligence
[6] Interessante il Financial Times del 29 luglio con China lays out its AI vision in foil to Donald Trump’s ‘America First’ plan (La Cina espone la sua visione sull'intelligenza artificiale in contrapposizione al piano “America First” di Donald Trump). Come ho indicato in molti spilli, il FT pratica una forma di tolleranza all’accesso dei non abbonati; copiando il titolo in un motore di ricerca si ottiene un link, valido solo sul momento, per leggere l’articolo. L’operazione non può essere ripetuta con troppa frequenza: scatta un blocco.
[7] Osservando l’elenco dei contributori dell’IA Kimi K2, a https://www.arxiv.org/abs/2507.20534, si faccia clic su uno qualsiasi dei nomi per scoprire l’elenco di lavori scientifici di cui è accreditato.
[8] L’autentica divagazione sulle pale eoliche, i windmills di Trump, sta a https://www.youtube.com/watch?v=4F1nxM7VdjU da 7:09:15; il rifacimento con l’IA a https://www.youtube.com/watch?v=BZYhCC-XfTA ; compaiono anche Merkel e Xi Jinping.
[9] Dati chiarissimi a https://www.consilium.europa.eu/it/infographics/eu-us-trade/
[10] OECD Employment Outlook 2025 - Can We Get Through the Demographic Crunch? a https://www.oecd.org/en/publications/oecd-employment-outlook-2025_194a947b-en.html
[11] https://www.bollettinoadapt.it/riusciremo-a-superare-la-crisi-demografica-le-prospettive-occupazionali-del-rapporto-ocse-2025/ ad opera della Fondazione Adapt fondata da Marco Biagi nel 2000.
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