Per passione, non solo musica e parole...
- a cura del Baccelliere
- 22 set
- Tempo di lettura: 3 min
I novant'anni di Arvo Pärt
a cura del Baccelliere

La vita dei grandi personaggi può essere un’opera d’arte e un libro di storia. I novant’anni di Arvo Pärt, traguardo tagliato lo scorso 11 settembre, sono dunque un’occasione per riflettere. Il peso della figura di Arvo Pärt abbraccia la storia della musica della seconda metà del Novecento e dei primi anni 2000 ma riguarda anche le vicende che hanno interessato l’Europa e il mondo in questo lungo periodo.
Pärt nasce nell’Estonia non ancora sovietica nel 1935, l'anno successivo alla presa di potere para-dittatoriale del presidente Konstantin Päts. Studia pianoforte e composizione al Conservatorio di Tallinn. Inizia a comporre nel 1958, in un Paese inglobato nella sfera comunista dal 1945 con l'occupazione dell'Armata Rossa. La fase iniziale della sua carriera è dedicata a composizioni di stile neoclassico. In seguito si dedica alla dodecafonia e alla serialitá. Compone su basi matematiche. Ma questo non gli basta e si dedica alla tecnica del collage per intraprendere poi un viaggio a ritroso nel passato, da Satie a Bach. Studia il barocco e il canto gregoriano.
A questo punto la strada che prende è sempre più personale. L’avanguardia nella quale ha militato gli pare un vicolo cieco. Nel 1977 compone Cantus in memoriam Benjamin Britten[1], primo esempio del suo stile, il cosiddetto Tintinnabulum, linguaggio ispirato a una impostazione minimale fondata su poche note ricche di carica evocativa, su un uso sapiente delle pause che dilata armonie apparentemente semplici ma ricche di sottigliezze e su una polifonia priva di ridondanze.
Avverte il peso della censura di Mosca. Per questo coglie al volo l’occasione e nel 1980 - grazie alla moglie, ebrea - ottiene il permesso di emigrare in Israele. Non ci arriverà mai, in quanto si stabilirà a Vienna e in seguito a Berlino, dove ha vissuto fino al 2010, quando è tornato in patria, nella repubblica baltica dell’Estonia a Laulasmaa. In Germania è diventato uno degli artisti più rappresentativi della ECM, casa discografica fra le più attente alla sonorità come mezzo di conservazione della purezza della musica.
Il catalogo di Arvo Pärt è molto ampio, con una netta predilezione per la musica religiosa, in una cifra stilistica che è stata definita minimalismo sacro. Le sue opere, in cui fondamentale è l’uso della voce, sono ascoltate ed eseguite, particolare tutt’altro che scontato per un musicista contemporaneo.
Arvo Pärt è uno dei casi più eclatanti - quanto meno nella musica colta - di classico riconosciuto ancora in vita. Il suo è stato un peregrinare. Ha attraversato le correnti musicali e percorso un itinerario che va dall’Unione Sovietica alla Mitteleuropa per tornare all’Estonia, una specie di metafora degli stravolgimenti che si sono verificati - e ancora sono pericolosamente in atto - in questo continente e nel mondo tutto.
Pärt, che si era opposto al regime sovietico, nel nuovo secolo è stato avversario di Vladimir Putin. Nel 2006, colpito dall’omicidio di Anna Politkovskaya, aveva stabilito che tutte le esecuzioni di sue musiche durante la stagione 2006/2007 fossero dedicate alla memoria della giornalista russa. Ha dedicato la sua Quarta Sinfonia, che fu diretta per la prima volta da Esa Pekka Salonen il 10 gennaio 2009 alla Walt Disney Concert Hall di Los Angeles, al fondatore di Russia aperta Mikhail Khodorkovskij.
Novant’anni sono un traguardo, al quale Pärt arriva dopo aver attraversato le esperienze musicali del secolo scorso, maturandone la propria personalità con un approccio scarno, mistico e antispettacolare al punto da dare dignità a un elemento spesso trascurato della musica come il silenzio[2].
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