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- il Baccelliere
- 25 mar
- Tempo di lettura: 2 min
Aggiornamento: 26 mar
Vizi e virtù dell'auto-tune
a cura del Baccelliere

Uno spettro si aggira per il web. È lo spettro dell’auto-tune. llustri protagonisti della musica pop, piuttosto attempati per la verità, ne parlano. Da Elio
a Jovanotti,[1] chi lo disprezza come un trucco banale e chi lo esalta come fosse la nuova chitarra elettrica. Per saperne di più abbiamo pensato di andare alla fonte, approfittando dell’amicizia e della disponibilità di Massimo Visentin, personaggio che sa di che cosa parla. È il produttore artistico che, oltre a numerose altre opere, ha fornito i suoni ai dischi di Paolo Conte.

Insegna alla Scuola di Alto Perfezionamento Musicale di Saluzzo. Mi dice che l’auto-tune è uno strumento e che, come tutti gli strumenti, la sua bontà dipende dall’impiego che se ne fa. “Si può usare in due modi”, dice, “come mezzo creativo o come correttore dell’intonazione imprecisa. L’uso creativo serve a creare effetti timbrici distorsivi, come quelli che si possono ascoltare in Believe [2] di Cher. Nell’altro caso, il software corregge la nota e la porta al tono più vicino. Quando si fa questo sulla voce di un cantante se ne modifica inevitabilmente il colore, il che lo rende, ad un orecchio attento, irriconoscibile.” Gli chiedo dell’impiego in situazioni live. “L’uso massiccio mi lascia perplesso", risponde, “Cantanti e strumentisti perdono il controllo sulla dimensione artistica del proprio lavoro. È un rischio. E poi ci aspettiamo che i professionisti sappiano gestire con le loro doti naturali queste situazioni”. In ultimo gli domando di quello che succede in studio di registrazione. “Non è vero che possa servire a fare più in fretta.” E qui sfata un altro mito: “Il tempo per rifare una parte con un errore è quantificabile in pochi minuti. Farlo con il software richiede almeno tre volte tanto.” Parliamo poi di musica digitale. Della facilità con la quale l’elettronica consente a chiunque di confezionare prodotti. Siamo lontani dalla music for non musicians teorizzata da Brian Eno. Lo spettro che si aggira per il web non sarà foriero di rivoluzioni, casomai di omologazioni.
Dicevamo di Paolo Conte. Conte ha dedicato a Massimo Visentin una canzone, Max, che trovate sulla prima facciata di Aguaplano, 1988 [3]. Questo disco per Conte rappresentò un punto di arrivo e un momento di passaggio. Dopo avrebbe sposato forme più ampie, quasi sinfoniche. Su questa strada lo avrebbe accompagnato Massimo Visentin. Nonostante Paolo canti “Max non si spiega, fammi scendere Max “, Max mai e poi mai lo avrebbe fatto scendere.
Note
[1] Conservano nomi da ragazzi ma non sono più di primo pelo.
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