Per passione, non solo musica e parole...
- a cura del Baccelliere
- 21 lug
- Tempo di lettura: 3 min
Aggiornamento: 30 lug
Gergiev, oneri e onori di un direttore d'orchestra
a cura del Baccelliere

Il direttore d’orchestra mette soggezione. Rappresenta l’incarnazione di una categoria particolare del potere. Il potere di far vivere l’arte come manifestazione collettiva. È il medium fra il palco, l’orchestra - che, non va dimenticato, è fatta di uomini e donne con le loro personalità - e il pubblico - a sua volta fatto di uomini e donne, ciascuno con la sua personalità. Il direttore d’orchestra è la sintesi: al medesimo tempo responsabile dell’esecuzione e primo ascoltatore. Un compromesso il suo, certo. Ma fondato su regole dettate da lui stesso. Regole che derivano dalla partitura, ma che alla partitura, scritta su carta, devono dare vita. Una vita fatta di suoni, molecole che nel suo gesto trovano materia e, in ultimo, coerenza.
Ecco, il gesto è la manifestazione massima dello stile e del potere del direttore. Al gesto, espressione massima della actio ciceroniana, è demandata la funzione maieutica del maestro. Può essere più o meno elegante, ma non può prescindere dalla capacità di guidare e di comunicare e suscitare l’interpretazione. Il tempo, le dinamiche, il significato.
Per le proprie peculiarità il direttore d’orchestra sguazza nella polemica. Figura carismatica, può porsi l’obiettivo dell’aderenza alle precedenti interpretazioni oppure quello dell’inaudito. In qualche caso, pur nel rispetto del testo, può capitare che dia l’idea di stravolgere le partiture e apra nuovi orizzonti inesplorati. Perché la musica, quella sinfonica in particolare, è una manifestazione complessa della creatività umana e, in quanto tale, dell’umanità diventa patrimonio, persino al di là della volontà del suo autore.
A proposito di polemica. Quel che accade in questi giorni ha portato un direttore d’orchestra agli onori delle cronache quotidiane. Stiamo parlando di Valerij Abisalovič Gergiev, maestro russo invitato il 27 luglio a dirigere alla Reggia di Caserta l’Orchestra Filarmonica del Teatro “G. Verdi” di Salerno e i solisti del Teatro Mariinskij di San Pietroburgo. Il programma prevedeva l’Overture da La Forza del destino (di Giuseppe Verdi), la Sinfonia n. 5 in mi minore Op. 64 di Čajkovskij e il Bolero di Ravel.
Gergiev è un musicista di talento, uno dei migliori direttori d’orchestra del mondo. Ed è anche uno dei sostenitori di Putin. Non solo, da più parti è accusato di aver messo la propria arte, con tutto il substrato di potere evocativo di cui dicevamo, al servizio di un’altra forma di potere ben più grande.
Per queste ragioni, Gergiev non dirigerà a Caserta. Il concerto è stato annullato fra molte polemiche, che hanno diviso i commentatori fra coloro che ritenevano inopportuno che il sostenitore di un autocrate impegnato da più di tre anni in una operazione militare speciale devastante suonasse in Italia e quelli che hanno obiettato che l’arte deve essere libera, e soprattutto non deve essere censurata. Il discorso è complesso. Le parole degli scrittori, la musica dei compositori, i quadri, le sculture sono tentativi di interpretare la realtà. Parole, note, pennellate e colpi di scalpello spesso non sono sufficienti. Tuttavia sono avvolti da un’ombra, il contesto nel quale si muovono, che contribuisce a comunicarne il senso.
Di fronte alla supposta irresponsabilità dell’artista, il contesto inchioda alla responsabilità il decisore, specie se pubblico. Per questo, ospitare Gergiev a Caserta sarebbe stato come ricondurre l’arte ad un iperuranio slegato dalla realtà. Una realtà fatta di bombe e massacri che anche una semplice, raffinatissima, esecuzione musicale ha la responsabilità di non lasciare passare sotto silenzio.
Per sicurezza ci congediamo con un’esecuzione sui generis del Bolero di Ravel, una delle pagine in programma a Caserta, dovuta a un genio iconoclasta come Frank Zappa1.
Note













































Caro Baccelliere, questa volta non sono affatto d’accordo con te e con tutti i critici occasionali di Gergiev. Mi sembra che questa vicenda ci riporti indietro di 80 anni, quando l’ostracizzato era Furtwängler, uno dei più grandi direttori d’orchestra del ‘900. Io credo che impedire a un artista di offrirci il frutto della sua maestria sia una sciocchezza immane. Le idee demenziali sul piano politico di Gergeiev sono fatti suoi, finché se le tiene per sé. E non penso che fuori dalla Rusdia il direttore si metta a fare propaganda per Putin, se non altro per prudenza. E penso che l’ostracismo verso tutto ciò che è russo non porti a niente di buono, di sicuro non ad aprire la strada…