Osservando i nostri tempi
- Domenico Cravero
- 11 ore fa
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Il lungo cammino dei giovani in cerca della spiritualità
di Domenico Cravero

Il primo saluto di papa Leone è stato un augurio di pace: «Sia una pace disarmata e disarmante, umile, che proviene da Dio, che ci ama tutti incondizionatamente». Pace è una parola piena, polisemica, che riassume tutte i significati che racchiudiamo nell’attesa di una vita degna di essere vissuta: una vita vera. Il racconto quotidiano del dissolversi della solidarietà dei conflitti irrisolti, il clima di scoramento, che si diffonde in noi e attorno a noi, accresce questa attesa di pace che ci manca. Secondo i credenti, lo Spirito parla attraverso la sorpresa. Una di queste si può cogliere negli attuali mondi giovanili. L’abbandono della pratica religiosa è stato puntualmente colonizzato dall’industria del divertimento, che non finisce di inventare surrogati delle ritualità, ad alto effetto emozionale. La sociologia registra sì la perdita della religione (di chiesa) ma è costretta a fare ricorso a una nuova categoria: la “spiritualità”, perché la descrizione tradizionale della ricerca religiosa non intercetta più con precisione la realtà giovanile.
Le storie di vita, i racconti e le testimonianze che si raccolgono nei focus group, nei nuovi e promettenti strumenti via smartphone: blog e podcast, nel successo della musica religiosa, raccolgono le esperienze multiformi di questa spiritualità, anche se non forniscono risultati facilmente interpretabili. I giovani rispondono in modi nuovi e originali alle domande di senso, al bisogno di speranza e alle attese diffuse di pace. Cercano momenti di spiritualità che diano pienezza e senso alla quotidianità. La spiritualità si caratterizza, infatti, per la sua immediatezza e semplicità. Contiene l’esperienza che nel quotidiano ciò che è vissuto e sentito è più grande di ciò che si sperimenta nell’immediatezza.
I pericoli di un "progetto" nichilista
La domanda di senso dunque persiste, anzi si moltiplica, quanto più ampia è la possibilità di libere scelte personali. Ogni volta che la vita porta la persona a interrogarsi: “Quale è il significato dell'esperienza che sto vivendo? Che cosa sta avvenendo in me, al di là di ciò che faccio?", vengono poste domande di trascendenza, che gli attuali giovani sembrano avvertire. Nella fede nell’Incarnazione, il sacro non abbandona la storia ma la penetra per trasformarla, entra nella fragilità della condizione umana per sostenerla. La coincidenza tra divino e umano, tra trascendenza e immanenza, salva dalla pretesa di autonomia assoluta della ragione e dell’individuo e su questa fede immagina la possibilità di una nuova civiltà che ha come fondamento e come termine l’amore.
Nel progetto nichilista non c’è, invece, alcuna destinazione della storia e dell’Universo, dunque nessun senso, nessuna trascendenza, nessun riferimento al sacro. Vivere senza un oltre e senza mistero espone al rischio dell’arroganza narcisista o, al contrario, allo sconforto rassegnato. Il vuoto di speranza, tuttavia, è difficilmente accettabile dalla mente umana. Così molte culture religiose sono tentate di arroccarsi in difesa della proprie convinzioni e di contrapporsi al mondo, lasciandolo al suo destino. Chi cede a questa deriva dimentica l’annuncio evangelico che chiama a essere lievito nella massa, amando appassionatamente il mondo come, secondo la predicazione di Gesù, fa il Padre (Gv 3,16). Spiritualità e antropologia, quindi, possono illuminarsi a vicenda.
In aumento le richieste per patologie mentali
C’è però bisogno di una spiritualità pubblica e popolare, per l’intera comunità umana, che entri in comunione con le intuizioni vitali della scienza e della tecnologia contemporanea. Questa conversione può avvenire solo attraverso una spiritualità cosmica, rappresentata dalla visione della mente come integrazione di relazioni interpersonali, corporeità e appartenenza alla natura. I giovani cercano questa spiritualità, anche come rimedio al loro disagio. In Italia le richieste di intervento nelle patologie mentali adolescenziali aumentano del 7% all’anno. Non diversa è la situazione in altri Paesi. Non si può però inglobare tutto nella clinica. Ci vuole innanzitutto un’azione intergenerazionale di cittadinanza attraverso i linguaggi performativi che producono un’alternativa e una critica al tempo della prestazione e alla società competitiva. L’attitudine creativa si accorda bene con l’orientamento pragmatico emergente dai mondi giovanili. Immaginare come superare questo tempo oscuro è già generativo di speranza. Senza azione, però, la fantasia degenera presto in fantasticheria inconsistente.
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