Mostra su Sarajevo: ultimi lavori in vista dell'inaugurazione
Aggiornamento: 7 feb 2023
Guarda le foto. A meno di 48 ore dall'inaugurazione, procedono spediti i lavori per l'apertura della Mostra fotografica "La lunga notte di Sarajevo", al Mastio della Cittadella, in programma giovedì 9 febbraio dalle 17,30 alle 21. Ultimi ritocchi, dunque, per la mostra organizzata dalla Porta di Vetro, supervisione di Michele Ruggiero, curatela di Tiziana Bonomo, con il sostegno del Consiglio regionale del Piemonte e del Comitato Diritti Umani, il patrocinio del Comune di Torino e la collaborazione dell'Associazione nazionale artiglieri d'Italia e del Museo Nazionale d'Artiglieria, che presenta le istantanee di Paolo Siccardi, fotografo free-lance sull'assedio della capitale bosniaca, il più lungo dell'età moderna, dal 1992 al 1996.
Le fotografie raccontano un passato drammatico e crudele sullo sfondo della guerra dei Balcani e il disfacimento della Repubblica federale jugoslava. Trent'anni dopo, quel dramma, vissuto in presa diretta da Paolo Siccardi nel corso di undici viaggi a Sarajevo, i tra bombardamenti che martoriavano la città e i colpi dei cecchini che decimavano e terrorizzavano la popolazione civile, ci riporta indirettamente al conflitto alle porte dell'Europa che sta insanguinando l'Ucraina e che sta cambiando anche le nostre vite.
All'inaugurazione sarà distribuita gratuitamente una guida della mostra realizzata da La Porta di Vetro che si avvale dei testi di Marco Travaglini, autore di numerosi libri sulla Sarajevo e la Bosnia, introdotta dall'intervento del Presidente del Consiglio regionale del Piemonte Stefano Allasia e dai contributi di Michele Ruggiero, Paolo Siccardi, Tiziana Bonomi e del ten.col. Gerardo Demo, direttore del Museo Nazionale d'Artiglieria.
La guida, insieme con le fotografie esposte, offre uno spaccato del contesto storico e internazionale in cui si sviluppò la guerra dei Balcani che portò all'immane "urbicidio" di Sarajevo, teatro di storie tristi e di coraggio, in cui alla fine prevalse la forza dei sarajevesi di sopravvivere alla violenza serba per mostrare al mondo insieme con le sofferenze e crudeltà patite anche la grande dignità di un popolo mai domo, mai vinto.
Nel 1991 scoppiò la guerra - come scrive Marco Travaglini - che portò nell’Europa di fine Novecento i crimini contro l’umanità, lo stupro etnico, il genocidio, l’urbicidio di Sarajevo e di altre città, la fuga di milioni di profughi, per concludersi con una pace ingessata, cui fece seguito una guerra “umanitaria” in Kosovo e Serbia. Un modo drammaticamente coerente per chiudere il secolo breve segnato dalle guerre, iniziato e finito nel sangue proprio a Sarajevo come scrisse lo storico britannico Eric Hobsbawm definì il “secolo breve”. Una vicenda storica che dimostra, a trent’anni di distanza, come gli eventi tragici verificatisi nei Balcani non affondino le loro ragioni in un atavismo tribale, bensì in “semplici” e fin troppo evidenti scontri tra gruppi di potere interni allo spazio jugoslavo e sostenuti da potenti alleati stranieri dove, in ultima analisi, a restare stritolati, sfregiati, dilaniati e sconfitti sono sempre i popoli, la giustizia e la verità. Soprattutto in questi paesi dove la storia è passata come un vento impetuoso nel corso dei secoli, tanto da far dire a Winston Churchill che “gli spazi balcanici contengono più storia di quanta ne possano consumare”.
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