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Mamdani, un voto che nasce dal rifiuto delle diseguaglianze

L'elezione del nuovo sindaco di New York


di Savino Pezzotta


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Mi chiedo se non sta mutando il clima politico e se la conquista dei democratici americani del seggio di sindaco di New York sia un segnale più profondo di cui l'area riformatrice mondiale non debba tenere conto. Mi chiedo se i bisogni reale delle persone, dei ceti più deboli, delle lavoratrici e dei lavoratori e degli emarginati non rappresentino la base per un nuovo programma politico e che il riformismo adeguante non sia in grado di cambiare le cose. Sono convinto che serva un progetto riformatore che incida destrutturandole sulle strutture che creano povertà, disuguaglianza e emarginazione.

La vittoria di Zohran Mamdani a sindaco di New York può essere interpretata come una svolta politica e simbolica di portata mondiale. Figlio di immigrati ugandesi, musulmano e trentenne, Mamdani rappresenta una nuova generazione di leadership urbana: più giovane, più inclusiva e più attenta alle disuguaglianze. La sua elezione non è solo un evento locale, ma un segnale forte proveniente dal cuore dell’America metropolitana.

New York, città simbolo del capitalismo globale, sceglie oggi un democratico-socialista che parla di affitti calmierati, trasporti gratuiti e tassazione più equa. È un voto che nasce dal disagio sociale, ma anche dalla speranza di una politica che torni a essere strumento di giustizia.

Il messaggio è chiaro: le grandi città stanno cambiando direzione. In un tempo di polarizzazione e di ritorno dei nazionalismi, la metropoli americana punta su un progetto solidale e comunitario. Mamdani incarna la possibilità che le città diventino laboratori di un nuovo patto sociale, dove la democrazia non si misura solo nelle urne, ma nella vita quotidiana delle persone. Un insegnamento che vale anche per l'Italia.

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