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Lutto per l'antifascismo torinese: è morta Gisella Giambone

Aggiornamento: 14 gen 2023


“Mi sono trovata a nascere ‘nella politica’ perché sono vissuta in una famiglia esule in Francia in quanto antifascista e comunista. Un’ infanzia per me felicissima, ma anche un po’ speciale, visti gli insegnamenti di una vita clandestina, che già da piccola ho ricevuto: ‘Se ti chiedono chi sono le persone che vengono qui, dirai che sono nostri parenti, non raccontare che il papà scrive... E infatti vedevo macchine da scrivere, sempre nascoste e usate in ore strane per non far sentire il rumore. Talvolta persino mi divertivo, perché in casa, per fortuna, le cose venivano prese con allegria. Con la vittoria del Fronte Popolare, la vita degli antifascisti cambia un po’: controllati sempre, però con maggiore libertà, tant’è che si arriva poi alla guerra di Spagna con organizzazioni di massa di cui mio padre era il responsabile per la regione della Provenza e del Rodano. Molti operai emigrati, anche non politicizzati, andarono volontari alla guerra di Spagna. Mio padre Eusebio era un funzionario del Partito, però siccome i soldi non erano molti, lavorava anche come operaio qualificato. C’era a Lione una fabbrica molto specializzata che in ogni occasione gli offriva lavoro, per cui in qualche modo ci si arrangiava per vivere”.


Così raccontava i primi anni della sua intensa vita Gisella Giambone[1], figlia di Eusebio, martire della Resistenza, fucilato insieme con altri responsabile del Cln il 5 aprile del 1944 al poligono di tiro del Martinetto di Torino dai fascisti della Repubblica di Salò. Gisella Giambone, 91 anni, ci ha lasciati questa notte. Una morte che rattrista e addolora la Torino democratica e antifascista che guardando a lei, di generazione in generazione, amava incarnarsi negli ideali della Guerra di Liberazione, diventati dopo il 25 aprile i valori dell'eguaglianza, della libertà, dei diritti civili anche nel segno dell'eredità spirituale e politica di uomini come Eusebio Giambone, condannato a morte dal Tribunale speciale, dopo la cattura dell'intero Comitato di liberazione nazionale regionale piemontese (Clnrp) nella sacrestia del Duomo in piazza San Giovanni pochi giorni prima. Il fascismo reclamava sangue e una punizione esemplare, esattamente com'era accaduto per i "traditori" del 25 luglio 1943 nel processo di Verona.

Lo stesso Benito Mussolini non esitò a intervenire direttamente nel chiedere una sentenza esemplare per l'intero comitato coordinato dal generale Giuseppe Perotti, che all'epoca aveva 49 anni. Con queste premesse, il processo non poteva non rivelarsi una farsa, al termine della quale i giudici lessero il verdetto di condanna a morte per Balbis, Bevilacqua, Biglieri, Braccini, Giachino, Giambone e Montano; la pena dell’ergastolo per Carlando, Geuna, Giraudo e Leporati; due anni di carcere a Brosio e l’assoluzione per insufficienza di prove per Chignoli e Fusi.

Poche ore prima di morire Eusebio Giambone, alla cui memoria è dedicata la sezione Anpi di via Mazzini 44 a Torino, scrisse alla moglie: “Fra poche ore io certamente non sarò più, ma sta pur certa che sarò calmo e tranquillo di fronte al plotone di esecuzione come lo sono attualmente, (...)come lo fui alla lettura della sentenza, perché sapevo già all’inizio di questo simulacro di processo che la conclusione sarebbe stata la condanna a morte. Sono così tranquilli coloro che ci hanno condannati? Certamente no! Essi credono con le nostre condanne di arrestare il corso della storia. Si sbagliano! Nulla arresterà il trionfo del nostro ideale, essi pensano forse di arrestare la schiera di innumerevoli combattenti della Libertà con il terrore? Essi si sbagliano!”.


Un plotone della Guardia Nazionale Repubblicana (GNR) spense le vite quei dei patrioti. Ma ai familiari non venne detto nulla. O quasi. Anni dopo, Gisella Giambone, che all'epoca non aveva ancora compiuto 13 anni, così ricordò quei momenti: "Poi il giorno che li hanno fucilati, ci hanno detto 'Andate a vedere, magari al Tribunale'; siamo andate lì, c’erano due carabinieri abbastanza giovani e mia madre ha chiesto “Ma c’è stato un processo?“ Risposero 'Sì, una roba importante. Ma voi chi siete?' e quando glielo dicemmo si affrettarono a dire 'No, non sappiamo niente!'. Siamo andate a casa, ci aspettava una amica che ci ha comunicato che li avevano fucilati al mattino. Poi sono arrivate le sue lettere. Quattro giorni dopo, all’appuntamento con il nostro Partito, io ho chiesto ufficialmente di partecipare alla Resistenza; e così ho lavorato fino alla Liberazione".


Una lunga vita nella vita di un padre eroe: Gisella Giambone l'ha saputa interpretare chiedendo a se stessa e agli altri di rifuggire da quel bagaglio di apologetici stereotipi e retoriche commemorazioni in cui è facile inciampare quando si affronta la stagione della Resistenza. Non era semplice e non lo sarebbe stato per chiunque, soprattutto per una donna in un'Italia retriva, nonostante la partecipazione al voto con le prime elezioni amministrative del marzo 1946. Gisella Giambone, iscritta e dirigente del Partito comunista italiano, non trascurava di ricordarlo sempre nelle sue conversazioni, sottolineando il protagonismo virtuoso delle donne per la loro emancipazione sociale e politica anche all'interno dei partiti politici e dei sindacati. Una lotta nella lotta. E in una testimonianza, pubblicata ne "Il cuore della memoria. Storie di donne del Pci" a cura di Piera Egidi Bouchard, non era stata certo tenera con i partigiani di ritorno dalla Resistenza: "Quando poi sono tornati i mariti, non è detto che tutti fossero contenti che le loro donne si fossero emancipate, che volessero fare politica. C'erano da ricostruire le famiglie, in molti casi in situazioni materiali in cui si era perso tutto."[2]

Una femminista ante litteram, senza la presunzione di esserlo. Nel cuore vivevano gli insegnanti del padre, che prima di morire gli scrisse questa lettera:


Da Lettere dei condannati a morte della Resistenza italiana, Einaudi, Torino, prima ed. 1952, 2015)


Torino, 3 aprile 1944 - ore 23.

Cara Gisella, quando leggerai queste righe il tuo papà non sarà più. Il tuo papà che ti ha tanto amato malgrado i suoi modi bruschi e la sua grossa voce; grossa voce che in verità non ti ha mai spaventata. Il tuo papà è stato condannato a morte per le sue idee di Giustizia ed Eguaglianza. Oggi sei troppo piccola per comprendere perfettamente queste cose, ma quando sarai più grande sarai orgogliosa di tuo papà e lo amerai ancor di più, se lo puoi, perché so che già lo ami tanto. Non piangere cara Gisellina; asciuga i tuoi occhi, tesoro mio, consola la tua mamma da vera donnina come sei. Per me la vita è finita: per te incomincia; la vita vale di essere vissuta quando si ha un ideale, quando si vive onestamente, quando si ha l’ambizione di essere non solo utili a se stessi, ma a tutta l’umanità. Tuo papà ti ha sempre insegnato a fare bene e fino ad ora sei stata una brava bambina, devi essere maggiormente brava oggi per aiutare tua mamma ad essere coraggiosa; dovrai essere brava domani per seguire le ultime raccomandazioni di tuo padre.

Studia di buona lena come hai fatto finora per crearti un avvenire. Un giorno sarai sposa e mamma; allora ricordati delle raccomandazioni di tuo papà e soprattutto dell’esempio di tua mamma. Studia non solo per il tuo avvenire, ma per essere anche più utile nella società; se un giorno i mezzi non ti permetteranno di continuare gli studi e dovrai cercarti un lavoro, ricordati che si può studiare ancora ed arrivare ai sommi gradi della cultura pur lavorando.

Mentre ti scrivo ti vedo solo nell’aspetto migliore, non vedo i tuoi difetti ma solo le tue qualità, perché ti amo tanto; ma non ingannarti perché tu hai i tuoi difetti come tutte le bambine (ed anche i grandi); ma saprai fare

in modo di diventare sempre migliore, ed è questo il modo migliore di onorare la memoria del tuo papà. Tu sei giovane, devi vivere e crescere, e se è bene che pensi sovente al tuo papà, devi pensarci senza lasciarti sopraffare dal dolore; sei piccola, devi svagarti e divertirti come lo vuole la tua età e non solo piangere. Devi fare coraggio alla mamma, curarla e scuoterla se è demoralizzata. Sii brava sempre, ama sempre la mamma, che lo merita tanto. Il tuo papà che ti ha amato teneramente ti abbraccia, ed il suo pensiero sarà sino alla fine per te e mamma.


Note


[1]La testimonianza è tratta da un opuscolo di prossima pubblicazione a cura della Sezione Anpi "Eusebio Giambone" di Torino di cui Gisella Giambone Amerio era presidente onoraria. I funerali si svolgeranno lunedì alle 14,45 sul piazzale del Cimitero Monumentale di Torino.

[2] Il cuore della memoria. Storia di donne del Pci, a cura di Piera Egidi Bouchard, Impremix Edizioni, Torino, 2022, pagg. 43-49




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