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Michele Corrado

L'opinione dell'esperto: "la Russia adotta in Ucraina una strategia da II guerra mondiale"


di Michele Corrado


Senza che si entri in dissertazioni accademiche o in specifiche questione di geopolitica internazionale, proviamo a dare un'interpretazione della strategia militare - anche in rapporto con l'impostazione della dottrina Nato - adottata dall'esercito russo dal 24 febbraio, dal giorno dell'operazione speciale, come ha definito l'invasione dell'Ucraina il presidente della Federazione russa Vladimir Putin. Si è osservato che dall’inizio degli attacchi, a premessa di qualsiasi penetrazione sul territorio ed una volta compreso che gli ucraini non si sarebbero arresi e avrebbero organizzato una vera e propria battaglia difensiva, lo Stato maggiore di Mosca ha privilegiato il bombardamenti di “obiettivi” all’esterno delle aree occupate dalle truppe nemiche con le quali erano a contatto.


Dal punto di vista della dottrina Nato sulle operazioni tattiche, l'impostazione di guerra russa è un non senso, in quanto si è capito che, indipendentemente dal terreno sul quale si combatte, è prioritaria la distruzione delle forze avversarie e non delle infrastrutture insistenti su quelle aree. È inoltre da evitare in ogni modo di farsi coinvolgere in attività di combattimento in centri abitati di qualsiasi dimensione, poiché in offensiva rallentano inesorabilmente le penetrazioni ed in difensiva portano alla distruzione completa degli stessi, indipendentemente dalla presenza o meno dei residenti. I centri abitati vanno aggirati e cadono “per manovra” una volta superati dalle forze attaccanti.


La dottrina Nato si prefigge la sconfitta delle forze avversarie e non la distruzione del territorio sul quale operano. I russi invece hanno adottato, all’atto pratico, le stesse procedure seguite durante la Seconda Guerra Mondiale dove, in particolare durante la controffensiva sul territorio del Terzo Reich, hanno sistematicamente distrutto ogni cosa. Inoltre cercano in ogni modo di condizionare, moralmente e fisicamente, le popolazioni ucraine residenti o meno all’interno delle zone di operazione al fine di minare il supporto alle truppe amiche.


Sic stantibus rebus, pare che non ci sia stata una evoluzione dottrinale nella condotta delle operazioni offensive dai tempi dell'ultimo conflitto mondiale in cui le perdite non venivano considerate, si poteva contare su riserve umane quasi illimitate e l’apparato di produzione bellico era a pieno regime. In altri termini, sembra quasi che la Russia combatta come l’Unione Sovietica, senza considerare che è soltanto la Russia. Andando nel particolare, le motivazioni che stanno alla base di tali procedure possono ricondursi a più fattori quali:

- il basso livello qualitativo della maggior parte delle unità russe impiegate sul terreno;

- la mancanza di una superiorità aerea in supporto alle unita’ terrestri;

- l'assenza, almeno nei primi mesi di operazione, di un Comando di Teatro e di un Comandante unico (nel senso che non vi era un solo comandante responsabile di tutte le operazioni sul suolo ucraino, ma diversi Comandi e Comandanti non coordinati fra loro);

- è la prima volta che dalla Seconda Guerra Mondiale i russi entrano in operazioni ad alta intensità (guerra guerreggiata), contro un avversario similare e fortemente motivato;

- e, in particolare, la quantità di forze impiegate, risulta assolutamente insufficiente ad ingaggiare e distruggere con successo l'esercito ucraino su un territorio così vasto per poi mantenerne il controllo.


Si aggiunga, inoltre, che oggi le forze armate occidentali dispongono di sistemi d’arma (in parte ceduti all’Ucraina), estremamente precisi che consentono di colpire l’avversario con modalità differenziate, ma tutte ugualmente efficaci. Ciò non avviene per i russi che disponendo di risorse finanziare limitate hanno deciso di investire maggiormente sulle forze nucleari strategiche, a discapito di quelle convenzionali tattiche.


Tutto questo sta portando, finora, ad "un voler fare senza riuscire a fare" che sta determinando forti segnali di frustrazione sia nei vertici della Federazione russa, che sulle forze impiegate sui campi di battaglia.



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