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L'EDITORIALE DELLA DOMENICA. Stato ingrato

Aggiornamento: 22 ott 2023

La Porta di Vetro



La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti.

Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana.

Articolo 32 della Costituzione Italiana.



Siamo certi che il personale del Policlinico di Bari ringrazierà a lungo l'Ispettorato del Lavoro per avere riportato con dovizia di particolari quei particolari e drammatici giorni e mesi di estenuante impegno per fronteggiare la pandemia Covid-19, rispettando così quell'importante articolo della nostra Carta Costituzionale che ha reso concreto il valore dell'uguaglianza, un valore peraltro che la proposta dell'Autonomia differenziata del governo Meloni dà l'impressione di volere devitalizzare.

L'Ispettore del lavoro, infatti, certificando le ore di straordinario del personale con relativa richiesta di rimborso

per "non aver rispettato all’epoca i riposi prescritti e aver lavorato più delle ore previste" (sic!), ha reso onore pubblico allo spirito di abnegazione collettivo che ha contraddistinto il Policlinico di Bari, senza il quale si sarebbe spenta la luce per circa 8.600 pazienti, di cui 1.600 ventilati meccanicamente, come ha scritto il direttore del Pronto soccorso Vito Procacci al Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella.

Ma l'Ispettore del Lavoro, con un "senso del dovere" pari a quello del personale del Policlinico di Bari, si è spinto oltre e a tavolino - in una situazione ordinaria e non più di emergenza, non oppressi dal virus e con la possibilità di respirare a pieni polmoni, senza più quella salvifica quanto fastidiosa mascherina - ha convertito in euro di spesa straordinaria per l'Erario le ore di straordinario. Quelle stesse ore (al netto di eventuali abusi accertati, di pertinenza della magistratura) - che dovremmo incidere a carattere cubitali sulle nostre coscienze - che per 8.600 persone hanno significato l'uscita dal tunnel della malattia e di (ri)condividere il prezioso bene della salute con i propri affetti. Quelle stesse ore di straordinario che al Policlinico di Bari come in altri, tanti, ospedali del nostro Paese, hanno reso "eroi", in quelle giornate di resistenza comune, paramedici e medici, insieme con tutti coloro che si sono prodigati per dare ai cittadini la concreta certezza di non essere soli e di avere una speranza.

Soli, invece, rischiano di rimanere i dipendenti del Pronto soccorso del Policlinico di Bari - ma ci auguriamo che restino davvero "soli", e non seguiti in questa triste sorte da altri loro colleghi dalla volontà di emulazione dei numerosi uffici periferici dell'Ispettorato del Lavoro - ai quali solerti funzionari dello Stato hanno comminato una multa di decine di migliaia di euro, la cui punta massima di 27.100 euro è stata riservata alla funzione apicale, al direttore della struttura Vito Procacci. La motivazione, come riportato sopra, per essere andati oltre le ore di lavoro previste dalla legge. Legge che, com'è noto, non può contemplare situazioni di emergenza e di pericolo, per le quali entra in campo un altro fattore non scritto giuridicamente, ossia il buonsenso.

In questo caso il "buonsenso", unito a un grande senso di umanità (sfuggito di mano, è doveroso ricordarlo in queste ore, sulle rive del Mediterraneo orientale, dove si combatte una spietata guerra che uccide innocenti per vendicare altri innocenti, morte di cui sono responsabili gli stessi che oggi predicano la vendetta) ha fatto sì che il personale del Policlinico di Bari timbrasse ripetutamente il cartellino oltre le ore previste dal contratto di lavoro. Una decisione che, proprio grazie all'applicazione, in questo caso salvifica, dell'avverbio "oltre", ha ampliato il concetto di dovere da non più e solo professionale a umanitario, nel senso pieno del lemma.

Oggi, il presidente della Repubblica Sergio Mattarella si ritrova nelle mani una lettera che denuncia non soltanto l'incongruità di un provvedimento, ma l'amarezza del direttore del Pronto soccorso Vito Procacci che riflette quella di un'intera comunità formata da migliaia di persone, parenti, amici, affetti, semplici conoscenti, che in quei giorni ha trepidato per la sorte di 8.600 pazienti ricoverati in terapia intensiva. Quella stessa comunità che si ritrova, allibita, nelle parole del dottor Vito Procacci al Capo dello Stato, al quale ha manifestato di "sentirsi profondamente ferito da un Paese che fino a poco tempo fa ci definiva eroi, insignendoci, tra l’altro, di un premio per 'aver fatto respirare la Gente di Puglia e oggi ci chiama trasgressori in un burocratico quanto asettico verbale di sanzione amministrativa".

La storia si ripete. Nel lontano 1985, dal 5 al 30 agosto, i magistrati Paolo Borsellino e Giovanni Falcone si trasferirono all'isola dell'Asinara, seguiti dalle rispettive famiglie per scrivere la requisitoria del maxiprocesso contro Cosa Nostra e la mafia dei corleonesi che si aprì il 10 febbraio dell'anno successivo nell'aula bunker di Palermo. Per quel soggiorno Borsellino e Falcone ricevettero dall'amministrazione penitenziaria l'invito a saldare il costo del soggiorno, pari a 415 mila euro a testa, per il pernottamento e per i pasti consumati nella foresteria, la casetta rossa di Cala d'Oliva. Entrambi non presentarono mai domanda di rimborso, limitandosi a ironizzare, soprattutto Giovanni Falcone, sul ragionieristico senso del dovere dell'amministrazione statale.

Sulla parete esterna della casetta di Cala d'Oliva è stata apposta una targa in marmo bianco su cui è trascritta una frase di Paolo Borsellino: “Chi ha paura muore ogni giorno, chi non ha paura muore una volta sola”. Sulla stessa targa c’è anche uno dei pensieri più noti di Giovanni Falcone: "La mafia non è affatto invincibile: è un fatto umano e come tutti i fatti umani ha un inizio e avrà anche una fine".

A quanto pare, a differenza della mafia, la burocrazia è davvero invincibile.



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