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L'EDITORIALE DELLA DOMENICA. Sfruttamento e uso del corpo femminile: una questione che ci riguarda

di Piera Egidi Bouchard

Corpi belli, corpi brutti, corpi giovani, corpi vecchi, corpi magri, corpi grassi, corpi sani, corpi fragili e malati, corpi di bimbi che correvano sulla sabbia, corpi di donne incinte, corpi snelli di adolescenti che vedevo giocare al pallone coi loro amici in acqua, corpi sformati dagli anni, corpi di handicappati spinti in carrozzina, corpi segnati dal dolore e dalla fatica, corpi che esprimevano gioia.

Corpi di donne e di uomini... Mi passavano davanti, sulla spiaggia: la “nudità” al sole e al mare è una conquista degli ultimi decenni. Non fa scandalo, la “nudità”. Forse ci giudicano male gli immigrati islamici che passano a vendere le loro paccottiglie, anche perché li ho visti più volte, al tramonto, circondare le loro donne che si immergevano vestite, e intorno quasi a protezione, i maschi della famiglia. L’innocente “nudità” dei corpi femminili sulla spiaggia nel nostro Occidente non ha significati di ammiccamento erotico, è solo una conquista della salute, del benessere del corpo.

Quanto diversi, questi corpi imperfetti e reali, dal messaggio in carta patinata del corpo femminile nella pubblicità, nei programmi di intrattenimento, nella pornografia, sui social. Corpi fatti per adescare, per suscitare il desiderio maschile, e il cui messaggio è unito al concetto del comprare: un’auto, un profumo, un dentifricio, mille altre cose. Il corpo femminile lo guardi, lo desideri, lo scegli, lo compri, lo consumi. Se non puoi comprarlo, lo possiedi lo stesso, con la violenza, ed è il caso dei sempre più frequenti stupri e femminicidi. Vogliamo che questo sia il messaggio che passa alle giovani generazioni? A quei ragazzi e ragazze che vedo giocare a pallone insieme nel mare?


Pubblicità che offendono le donne

Ho sentito affermare che il velo islamico è un’umiliazione della donna. Ma, forse, non è altrettanto un’umiliazione continua per noi donne occidentali, nella società del benessere artificioso, del messaggio dell’usa-e-getta, vedere i corpi femminili sempre esposti alla compravendita? I corpi femminili come mercimonio? Ricordo una contestazione femminista degli anni ’70, quando si andò in giro per le città ad appiccicare sotto i manifesti di quel genere la scritta “Questa pubblicità offende la donna”. Noi donne siamo continuamente umiliate.

La generazione protofemminista delle Frida Malan ha giustamente lottato contro lo schiavismo delle case di tolleranza gestite dallo Stato, che gli uomini chiamavano bordelli. Ma il tragico risultato è stato gettare le prostitute sulle strade, alla mercè di ogni sfruttamento, e delle mafie internazionali. La successiva generazione femminista degli anni ‘70 ha proclamato l’illusoria liberazione sessuale femminile, anche nella convinzione che con la libera scelta reciproca nell’amore e nell’erotismo si sconfiggesse la compravendita del corpo delle donne.

Infatti, se il bordello era quasi una “necessità” per generazioni e generazioni di maschi in una società che imbalsamava le ragazze in un rigido iter di castità fino al matrimonio, e reciprocamente nel corteggiamento, nel fidanzamento che poteva durare molti anni, adesso che si facevano saltare questi modelli educativi e si proclamava il libero amore reciproco, la libera scelta, non c’era più alcuna “necessità” per i maschi del secolare casino. Si poteva liberamente scambiarsi amore e piacere. Almeno così si è pensato.


Prostituzione, tratta e mafie

Niente affatto: nel millenario archetipo patriarcale - di cui in Italia siamo campioni - la liberazione sessuale femminile equivaleva a prostituzione: il ruolo millenario della donna era di essere oggetto di desiderio, non soggetto a sua volta desiderante. O angeli asessuati ,da sposare illibate fino alla prima notte di nozze, e da ingravidare per fare figli , o meretrici, vocabolo più azzimato dell'utilizzatissimo e popolare p...e. Il piacere riservato ai casini. E perciò, adesso, liberi tutti! Il corpo della donna nel potere intoccabile del patriarcato, diveniva in ogni cosa oggetto pubblico di consumo. E il business, insieme alle mafie internazionali, si è impossessato del corpo delle donne. Questo è anche il messaggio che sta alla base della prostituzione: mi prendo un corpo di donna come mi pare e mi piace, me lo compro per le mie necessità sessuali, finito lì. Anche se sono sposato, anche se ho una famiglia: come farà costui ad educare i suoi figli, mi chiedo? Che immagine veicolerà delle donne?

In Italia tutto questo è facile, troppo facile. Ad ogni angolo di strada delle nostre città avviene la compravendita. Che cosa trasmettiamo alle giovani generazioni? Che un corpo di donna è sempre in vendita? Che occhieggia e adesca da ogni cartellone pubblicitario, da ogni rivista, da ogni programma televisivo, da ogni social, di cui gli adolescenti sono grandi consumatori... Che rispetto avranno per le loro coetanee? Come creeranno dei rapporti di amicizia, amore, di stima, dialogo, condivisione? Con sotto gli occhi i recenti fatti di cronaca, i femminicidi e gli stupri è necessario urgentemente provvedere all’educazione sessuale e affettiva dei giovani nelle famiglie, nelle scuole, nelle chiese.


Deresponsabilizzazione tutta al maschile

Accompagno spesso ai giardini come “aiuto-nonna” una mia amica con la carrozzina del nipotino: nel quartiere torinese di San Salvario, ad ogni incrocio di strada c’è sempre una, o più prostitute. Che cosa risponderà la mia amica al suo nipotino quando tra qualche anno le chiederà: “Nonna, che cosa fanno quelle ragazze ferme lì ogni giorno sull’angolo?” Facile domanda, difficile risposta. In Italia abbiamo la più disastrosa situazione, che potentemente contribuisce alla deresponsabilizzazione maschile sulla propria sessualità, in una società volgare, scollacciata e godereccia.

Giustamente il recente Sinodo valdese e metodista, nella serata iniziale dedicata alla violenza sulla donna, si è posto il problema della sessualità maschile - che difficilmente riesce a tenere unita sessualità e affettività, anche nel matrimonio, anche nella famiglia - e della sua educazione. Ma si è anche detto che sono gli uomini a dover lavorare su sé stessi, e certamente questo è un percorso necessario, ma lungo e complesso. Nel frattempo, in Europa, ma anche nel nostro Paese, ci si è posti il problema della legislazione sulla prostituzione, anche perché negli ultimi anni il fenomeno della tratta è diventato sempre più pervasivo, e le mafie internazionali organizzano e rispondono prontamente alla “domanda”.

Come si può vedere da una breve ricerca sulle diverse legislazioni esistenti, l’orientamento comune in un recentissimo documento europeo sembra essere quello di incidere sulla “domanda”, con la punizione del “cliente”, secondo il cosiddetto “modello nordico”, già in funzione in alcuni Stati, e pare con buoni risultati.


I doveri di una società civile

Personalmente ho molte incertezze, anche se convengo che una società bene ordinata deve imporre dei sì e dei no, far introiettare il senso del limite: non si guida ubriachi, non si passa col semaforo rosso, etc. Però – anche se comunque utilizzare il corpo di una prostituta per i propri bisogni sessuali è una forma di appropriazione che costituisce una violenza, poiché è considerare un corpo femminile una merce da usare e basta, e poi liberarsene – ci possono essere altri motivi, non solo dissennata e sfrenata libidine, se un uomo si compra il corpo di una prostituta o di una escort: può essere solitudine, può essere depressione, può essere lutto per la fine di un matrimonio, può essere forme di sue personali impossibilità e menomazioni, fisiche o psicologiche, di impedimenti a un rapporto "normale". Può essere molte cose. Anche se queste motivazioni non lo scagionano dal punto di vista sociale ed etico. Interessante a questo proposito un’inchiesta in Germania sugli “utilizzatori”: coscienti di contribuire allo sfruttamento e forse anche alla tratta, ma indifferenti a un giudizio su di sé.

Data la nostra comune fragilità umana, perciò, mi sembra più praticabile il modello - in particolare olandese - di una regolamentazione e controllo della prostituzione, con relativa sicurezza e pagamento delle tasse. Un modello pragmatico, che toglie le donne dalle strade e dalla tratta, e lascia alla coscienza di ciascuno se usufruirne o no.


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