L'Editoriale della domenica. "Ricostruire" Gaza nella visione di Donald Trump
- Maurizio Jacopo Lami
- 26 gen
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di Maurizio Jacopo Lami

Voglio assolutamente che si faccia un nuovo patto tra israeliani e tutti i Paesi arabi moderati , un nuovo Patto di Abramo che porterà benessere e pace a tutta la regione. Chi si metterà di traverso semplicemente lo distruggerò. Niente di meno.
Donald Trump, Presidente degli Stati Uniti.
Hamas può illudersi di vincere arruolando altri diecimila ragazzi inesperti nelle sue fila. L' IDF (l' esercito israeliano) non permetterà mai ad Hamas di ritornare alle posizioni di prima.
Il portavoce dell'IDF commentando un rapporto della CIA che parla di nuovi arruolamenti.
Scriveva Tacito con giusta indignazione: "Hanno creato un deserto e lo chiamano pace": Benjamin Netanyahu, primo ministro israeliano, ha devastato la Striscia di Gaza e parla di pace. Eppure, e lui lo sa benissimo, ha causato la distruzione di circa il 70% delle abitazioni palestinesi, in certe zone specie al Nord ha causato addirittura devastazioni pari alla totalità dei fabbricati, creando scenari lunari, ha preteso una tale devastazione che richiederà, secondo calcoli dell'ONU "almeno quindici anni di lavoro intenso e 50 miliardi di dollari per rimettere in sesto la situazione ", soprattutto ha devastato la vita e il morale di un'intera generazione di palestinesi, creando enormi interrogativi su che cosa riserverà il futuro ad Israele. Tutto fa pensare che ci sarà presto una nuova ripresa del conflitto, perché il governo israeliano non riesce a formulare una proposta politica appena credibile per Gaza.
Ci sono però grandi novità in terra di Palestina e non solo perché per fortuna quattro soldatesse israeliane di appena vent'anni (e più di quindici mesi trascorsi nelle celle di Hamas) sono state rilasciate in cambio di 200 prigionieri palestinesi (e fra loro ci sono ergastolani condannati per decine di omicidi), ma perché le due parti stanno cercando con autentica frenesia di definire le proprie posizioni.
Hamas, come ha rivelato un rapporto della CIA di questi giorni, ha arruolato circa diecimila e forse addirittura quindicimila giovani gazawi in sostituzione delle enormi perdite subite. Giovani inesperti, ma con enormi motivazioni: tutti hanno visto morire amici e parenti (è una certezza statistica: a Gaza probabilmente sono morti più di 70.000 palestinesi su circa due milioni e duecentomila) e questo spiega tanti volontari più di mille discorsi razionali.
Per ammissione degli stessi dirigenti di Hamas non sono minimamente paragonabili ai quadri esperti dell'organizzazione persi nella guerra (parliamo di circa 18.000 su 30.000, sotto il profilo militare è una cifra impressionante), ma sono più che sufficienti per schierare nuove forze di polizia e continuare a dominare la Striscia. Mettetevi al posto di un palestinese padre di famiglia disarmato che si sente dare un ordine secco da un miliziano di Hamas che imbraccia un fucile automatico: credete davvero che possa essere meno intimorito perché il miliziano è inesperto? Anzi...
La verità in due parole: Hamas domina Gaza. Può aver subito tutte le perdite che si vuole, di certo in questo momento non può assolutamente creare un altro 7 ottobre, però intanto in ogni quartiere tranne al Nord dove tutto è letteralmente distrutto ed è come se non esistesse, si sente il suo braccio regolatore, ben cinquemila poliziotti sono stati schierati per "ripristinare l'ordine". Non esiste nulla di peggio dell'anarchia, perché provoca di fatto il dominio dei malvagi. Cosi i gazawi si rassegnano al dominio di Hamas. D'altronde quanti poliziotti aveva schierato Israele a Gaza per fare concorrenza ad Hamas, oppure quanti poliziotti arabi aveva permesso di schierare al posto di quelli di Hamas? Esattamente zero. Non uno solo schierato per mostrare ai palestinesi la possibilità di un futuro alternativo ai jihadisti.
Quale può essere il senso di una scelta così autolesionista? Alcuni sospettano che sia un preciso calcolo preciso tipo "tanto peggio tanto meglio": se diventa evidente che Hamas domina ancora si può giustificare una nuova ripresa della guerra e Netanyahu sciaguratamente resterebbe in sella, al prezzo evidentemente per lui accettabile di una grande carneficina, di un nuovo terribile aumento dell'antisemitismo - e domani, 27 gennaio, ricorre il Giorno della Memoria -, di una ulteriore devastazione che renderebbe impossibile la ripresa della vita normale per i palestinesi, il che produce il fortissimo sospetto che questo sia il vero calcolo degli estremisti, non un genocidio, ma rendere impossibile la pace.
In tutto questo però Netanyahu dovrà fare i conti con Trump e potrebbe avere grandissime sorprese. Stiamo parlando di un Presidente che sta organizzando l'acquisizione della Groenlandia, cioè di un territorio grande come oltre metà Unione Europea, abitato da appena 50.000 persone, in posizione strategica e ricco di minerali rari. Le proteste di Copenaghen sembrano quelle del regno di Pergamo di fronte all'Impero romano: è praticamente impossibile che Trump si faccia fermare.
Lo stesso a Panama, dove per quanto protesti il governo omonimo, gli Stati Uniti intendono fermamente riprendere il controllo del Canale, anche per ribadire il controllo sull'America Latina (e anche sul Venezuela si stanno organizzando fortissime pressioni che porteranno probabilmente a un rapido crollo del regime).
Si può credere che un Presidente degli Stati Uniti, cioè dello Stato più forte del mondo, così determinato a cambiare gli equilibri internazionali, voglia rinunciare proprio a uno dei punti cardini del suo progetto, cioè favorire al massimo l'Arabia Saudita, ottenerne immensi investimenti in America (si stanno già firmando gli accordi), far scendere il prezzo del petrolio (anche per tagliare le gambe alla Russia) ed isolare l'Iran che sta già traballando di suo?
Fra le condizioni di questo immenso scambio di favori, l'Arabia Saudita ha chiesto senza mezzi termini una soluzione politica per i palestinesi, in pratica "due popoli, due Stati": Trump di sicuro non accetterà che Netanyahu faccia saltare tutto. Però, le ultimissime dichiarazioni del tycoon dimostrano anche la sua imprevedibilità, con cui chiunque dovrà fare i conti nel corso della sua presidenza. Trump, infatti, ha proposto di "ripulire" Gaza con una soluzione di primo acchito scioccante: l'accoglimento dei palestinesi da parte di Egitto e Giordania per dare impulso al suo progetto di pace in Medio Oriente.
"Stiamo parlando di un milione e mezzo di persone, e noi ripuliremo tutto", hanno ticchettato le agenzie di tutto il mondo, riportando le frasi di Trump, che ha definito Gaza un "cantiere di demolizione", per poi aggiungere che l'iniziativa potrebbe essere "temporanea o a lungo termine". Nello stesso tempo, il presidente degli Stati Uniti ha rivelato di aver sbloccato le forniture militari ordinate e pagate da Israele, su cui Biden aveva posto il veto, bombe da bombe da 2.000 libbre (900 kg circa). Una vicinanza a Israele che va anche letta come un monito a Netanyahu, qualora il primo ministro di Tel Aviv dovesse fare le bizze sui piani di pace e vellicare una ripresa della guerra.
Ma Israele è una democrazia e bisogna sperare che finalmente la razionalità prevalga sugli interessi personali.













































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