L'Editoriale della domenica. Pace, bene supremo da Francesco a Papa Leone XIV
- Luca Rolandi
- 15 giu
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di Luca Rolandi

“Nessuno dovrebbe mai minacciare l’esistenza dell’altro. È dovere di tutti i Paesi sostenere la causa della pace, avviando cammini di riconciliazione e favorendo soluzioni che garantiscano sicurezza e dignità per tutti”. Lo ha detto ieri Papa Leone XIV lanciando un accorato appello per la pace al termine dell’udienza giubilare, nella Basilica vaticana.
Un appello alla responsabilità e alla ragione è stato inviato a tutti i capi di Stato coinvolti in questo momento di altissima tensione su vari fronti di guerra. “Anche in questi giorni – ha esordito il Papa -, in effetti, giungono notizie che destano molta preoccupazione. Si è gravemente deteriorata la situazione in Iran e Israele. In un momento così delicato, desidero rinnovare un appello alla responsabilità e alla ragione”. “L’impegno per costruire un mondo più sicuro e libero dalla minaccia nucleare – ha scandito il Pontefice – va perseguito attraverso un incontro rispettoso e un dialogo sincero, per edificare una pace duratura, fondata sulla giustizia, sulla fraternità e sul bene comune”.
Leone riprende quel grido di dolore di Francesco, troppo spesso inascoltato. Certo gli stili sono diversi tra Prevost e Bergoglio, ma unico è l’obiettivo salvare la dignità di ogni persone, immagine e somiglianza di Dio. Due figure diverse Francesco e Leone, ma unite da un tratto comune: l’inquietudine, ovvero il bisogno profondo di non restare fermi, di cercare sempre nuove strade per parlare al mondo di oggi.
Francesco ha guidato la Chiesa per dodici anni (dal 2013 al 2025) con uno stile diretto, semplice, vicino alla gente. Ha messo al centro i poveri, gli esclusi, chi soffre. La sua “inquietudine” era missionaria: voleva una Chiesa che andasse incontro alle persone, che rompesse con certe abitudini troppo rigide e si aprisse al mondo reale. Ha cercato di parlare a tutti, credenti e no, con il linguaggio della misericordia e della fraternità. Francesco non si è mai accontentato: ha voluto una Chiesa viva, capace di rinnovarsi. Il suo modo di fare ha colpito e anche diviso, ma ha lasciato un segno profondo.
Leone XIV viene dagli Stati Uniti ma ha vissuto a lungo in Perù. È un vescovo agostiniano, uomo di studio e di dialogo. La sua inquietudine è diversa da quella di Francesco: meno legata al gesto simbolico, più alla riflessione. Ma nasce dalla stessa domanda: come può la Chiesa essere fedele al Vangelo nel mondo di oggi? Leone XIV non vuole tornare indietro, ma nemmeno correre dietro alle mode. Cerca un equilibrio tra tradizione e cambiamento. La sua formazione spirituale e teologica gli permette di affrontare con serietà e calma le grandi sfide del presente: guerre, disuguaglianze, crisi della fede. In nome di un'umanità che non si vuole arrendere a un destino apocalittico.
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