L'Editoriale della domenica. Decreto Albania, quanta miopia
Aggiornamento: 27 ott
di Libero Ciuffreda*
Per il Governo italiano e la Presidente del Consiglio Giorgia Meloni, che più di un media insiste a chiamare premier con una discutibile dose di vassallaggio, forse una captatio benevolentiae per una riforma costituzionale ancora inesistente, il famoso protocollo Italia-Albania sui migranti, sembra essere diventato un’ossessione. Infatti, in pratica a reti unificate, l'inquilina di Palazzo Chigi continua da giorni a bombardare il Paese con un enunciato che, nello stile dei messaggi governativo, ha già tutti i crismi di un mantra: “Supereremo tutti gli ostacoli, ogni sentenza irragionevole, e il protocollo funzionerà, sono pronta a lavorarci giorno e notte; desta interesse a livello internazionale ed europeo; potrebbe aprire un'epoca completamente nuova nel governo dei flussi migratori”. Parole chiare e dirette che, sarebbe controproducente negarlo, seducono quella parte di italiani predisposti a subire il fascino del decisionismo. Ma sono parole, e non di facciata, si perdoni il sospetto, anche tese, perché insite nel Dna politico di chi le pronuncia, a sensibilizzare la retina dell'occhio al passato remoto con quell'encomiabile proposito di "lavorarci giorno e notte". Locuzione che se lascia con il fiato sospeso i sinceri democratici, può ancora far battere il cuore ai nostalgici del "quando c'era Lui", l'epoca in cui le luci di Palazzo Venezia erano sempre accese... a vegliare sulla sorte degli italiani. Sappiamo come è finita.
Ora c'è da domandarsi, con minor drammatica preoccupazione, beninteso, come andrà a finire per l'Albania, anche se si sperava che fossero, in primo luogo, le vie legali di ingresso delle persone migranti e richiedenti asilo ad impegnare anche "solo di giorno" il nostro Governo; in secondo luogo, anche a giorni alterni, a sostenere il programma dei corridoi umanitari o a favorire il modello di “accoglienza comunitaria”.
All'opposto, a conquistarsi la scena sono stati finora i tecnicismi burocratici per cercare di superare lo shock dei provvedimenti che hanno gettato una pesante ombra sul costoso progetto Albania: un Decreto legge, approvato in fretta e furia, e un ricorso in Cassazione avverso alla decisione del Tribunale di Roma. Azioni che, come ha rilevato oggi sul quotidiano cattolico Avvenire il giurista ed ex ministro alla Sanità nel governo Monti, Renato Balduzzi, "buttarla in politica, gridare alla politicizzazione della magistratura, non giova alla comprensione delle questioni e fa, ancora una volta, male allo stato di salute della nostra democrazia: in uno Stato costituzionale di diritto si deve distinguere tra sin dove può arrivare la discrezionalità della politica e quando comincia il rispetto delle regole costituzionali, alle quali anche la politica è tenuta a sottostare". In questo caso, si tratta del rispetto dell'adesione all'Unione Europea che comporta, uso ancora le parole di Balduzzi, "che, in caso di contrasto tra una norma europea avente efficacia diretta e una norma nazionale, quest’ultima è destinata soccombere, dovendo i giudici disapplicarla a favore di quella europea".
Dunque strada chiusa in un senso (quello europeo), ma aperta "al caos" nell'altro (quello nazionale), secondo quanto profetizzato da numerosi magistrati dinanzi alle prospettive di nuovi interventi nelle aule giudiziarie. Sic stantinbus rebus, perché non si prova a cambiare lo sguardo, distogliendolo dagli hot spot in Albania o a Lampedusa? Ad oggi i 2,4 milioni di lavoratori in Italia versano 4,5 miliardi di Irpef e danno un contributo al PIL quantificabile in 164 miliardi di euro, pari all’8,8% del PIL nazionale. Secondo l’ultimo aggiornamento sulle “Previsioni dei fabbisogni occupazionali e professionali in Italia a medio termine”, reso noto dalla Unioncamere, in collaborazione del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, nei prossimi cinque anni serviranno almeno 640 mila lavoratori immigrati nel nostro Paese; un quinto della quota totale di personale necessario, dovrà essere impiegato nel settore privato, per soddisfare le esigenze di molteplici settori e filiere specifici, dall’agricoltura alla moda.
Prospettive quindi che lanciano un segnale importante su quanto l’immigrazione oggi possa diventare linfa vitale per alimentare e tenere in vita il sistema produttivo nazionale e derubricare a spot elettorale tutto ciò che accade intorno a Shengjin e Gjader in Albania, ove nei Centri per il trattenimento di richiedenti asilo sono previsti circa 1000 posti, a fronte di 1 miliardo di spese a carico dei contribuenti italiani: una spesa troppo esosa, anche per una campagna elettorale storicamente dispendiosa come quella per eleggere il presidente degli Stati Uniti d’America.
*Membro del Consiglio della Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia
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