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Michele Ruggiero

L'Editoriale della domenica. Caso Sangiuliano: "Con la carta di credito non si pagano conti morali ed etici"

di Michele Ruggiero


"Ho pagato tutto io". E' la frase-simbolo con cui l'ex ministro alla Cultura Gennaro Sangiuliano, puntando sulla sua specchiata onestà, ha messo al centro della sua difesa non appena è diventata pubblica e imbarazzante la sua storia sentimentale con la signora Maria Rosaria Boccia, fino allo scorso mese, secondo i gossip che furoreggiano sui social e per ammissione della diretta interessata, in predicato di diventare consulente del ministero diretto dall'ex direttore del Tg2.

In sostanza, con quel "ho pagato tutto io", pare di comprendere, Gennaro Sangiuliano abbia voluto in primo luogo fugare qualunque ipotesi di sospetto di uso ingiustificato del denaro pubblico. Dunque, un messaggio rassicurante su quelle che sono tendenzialmente le istintive preoccupazioni degli italiani, storicamente abituati a spese e conti a carico di Pantalone. Cioè sulle spalle dello Stato che Gennaro Sangiuliano puntualizza e assicura di non avere tradito in alcun modo, così come non ha tradito la fiducia di chi a sua volta gli ha dato fiducia nell'intestargli la responsabilità di un importante dicastero di grande visibilità nel mondo, come quello della Cultura.

In conclusione, se ne deduce, pur con un comprensibile margine di errore nell'interpretazione e nella valutazione del quadro sentimentale ed affettivo che per quanto breve, ma a tinte forti, ha legato due persone, che Gennaro Sangiuliano ritenga di avere anche assolto con la sua carta di credito ai doveri che il codice etico e morale impone a un ministro della Repubblica italiana. Conclusione nella conclusione: pagare di tasca propria è lo scudo protettivo (onnicomprensivo) anche per qualunque altro tipo di obbligo che dovrebbe (il condizionale è d'obbligo) sottrarre un ministro della Repubblica (in questo caso) dal senso della conseguenza di scelte che sono alimentate dal Potere (notevole) che lui esercita.

Per usare un anglicismo, si è quasi di fronte a una personalissima exit street, codificata secondo criteri altrettanto personali, dunque soggettivi, e in ultimo non censurabili, secondo un ventaglio di opzioni che variano dal non essere costretto a giustificare il ruolo della persona sconosciuta ai più con cui ci si accompagna o suggerire in maniera subliminale che quella stessa persona è destinata a ricoprire nell'immediato futuro ruoli istituzionali; sia chiaro, situazioni che non si richiamano esplicitamente in alcun modo alla vicenda che vede coinvolto l'ex ministro Sangiuliano.

Premesso ciò, sorge spontanea la domanda: con l'uso della carta di credito per esigenze personali (comunque correlate all'attività politica) il soggetto salda anche i costi che derivano da tutte le implicazioni politiche che ne derivano? Se seguiamo la linea di condotta di Gennaro Sangiuliano, che ha rassegnato le dimissioni, la risposta è negativa: si tratta di un evidente "scoperto" per il quale la carta di credito non è abilitata.

Però la stessa Presidente del Consiglio Giorgia Meloni, ieri dal Forum di Cernobbio, ha indirettamente riassunto la questione assolvendo il suo ministro - di cui ha accettato, lo ricordiamo, le dimissioni - per "l'inesistenza di illeciti", derubricando l'accaduto a "vicenda privata". A questo punto, avanza prepotente un altro "però", che impone una domanda: se "privata" è la vicenda, e non sono (al momento) individuati illeciti, per quale ragione si è arrivati alle dimissioni di Sangiuliano?

A meno che non l'abbia suggerito la prudenza alle cui spalle si agitano quelle questioni etiche e morali che la politica, però, oggi non è ancora in grado di dichiarare e condividere fino in fondo con i suoi cittadini. Né lo è chi dal giorno del suo insediamento a Palazzo Chigi continua a dichiarare al popolo italiano di avere avviato una rivoluzione. Sicuramente, non di costume.

E ciò pone un altro e serio problema, soprattutto se si guarda in generale alla vita interna dei partiti e al loro rapporto con il Potere e, in particolare, a quel partito che gode della maggioranza relativa di voti nel Paese, cioè Fratelli d'Italia. Partito forte, strutturato e ben organizzato, che non è coinvolto in eclatanti illeciti, ma che finora non ha certo lesinato "vicende private" (di vertice) a quello stesso Paese che con le sue parole d'ordine dice di voler riportare a una dimensione "Stato-famiglia", in cui sono sottese parole come lealtà e correttezza di comportamento. Guarda caso, però, quelle "vicende private" vanno in tutt'altra direzione e dicono altro.



 

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