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Intervista a Aeham Ahmad: la musica come Resistenza civile

di Alberto Ballerino


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Nato nel quartiere palestinese di Yarmouk a Damasco, Aeham Ahmad oggi con la sua musica è un simbolo di pace e resistenza civile in tutto il mondo grazie ai concerti di pianoforte tenuti tra le macerie in Siria. Il suo messaggio, oggi quanto mai d’attualità, è stato portato ieri sera, mercoledì 15 ottobre, ad Alessandria con l’esibizione tenuta nella Casa di Quartiere e la presentazione del suo libro ‘Il pianista di Yarmouk’, che racconta la sua storia. La famiglia di Aeham Ahmad ha vissuto la Nakba, l’esodo forzato dalla Palestina del 1948.


Racconta. "Mio nonno è nato nel 1942 e nel 1948 è dovuto fuggire dalla sua terra, trovando rifugio in Siria, dove siamo nati nel 1952 mio padre e nel 1988 il sottoscritto. Yarmouk è il campo profughi più grande in Siria, nel sud di Damasco: qui prima della guerra civile c’erano 170 mila palestinesi, in realtà è una città molto grande”.

È qui che Aeham Ahmad ha tenuto i suoi concerti durante la guerra civile siriana. “È stata per me come una rivoluzione musicale. Il Regime definiva Yarmouk un campo di terroristi, volevo dimostrare che non era vero. I terroristi non suonano la musica, soprattutto con uno strumento occidentale quale è il pianoforte. Andare in strada a suonarlo era un po’ una rivoluzione. Mi hanno insegnato musica classica all’Istituto Nazionale di Musica ma a Yarmouk quello che avevo studiato non aveva ascoltatori e così suonavo ciò che riguardava la situazione del luogo come la necessità dell’acqua e il desiderio di vivere”.


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Alla fine però è stato costretto a lasciare la Siria. “Nella zona di Yarmouk, nel 2013, il regime siriano ha chiuso tutti gli accessi: non si poteva né uscire, né entrare. Sono morte 150 persone per la fame perché non c’erano più risorse. Io cercavo di continuare ma ero già sposato e avevo due figli, miliziani dell’Isis inoltre avevano bruciato il mio pianoforte. Così ho deciso di lasciare la Siria, non sono stato attaccato direttamente ma volevo cercare una vita migliore”.


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La guerra civile in Siria è finita ma nuovi orrori hanno ancora sconvolto  il Medio Oriente. Aeham Ahmad però cerca una speranza nella solidarietà che da tutto il mondo stanno ricevendo i palestinesi. “Per Gaza e un po’ per il Medio Oriente, parlerei di catastrofe umanitaria. Come si può nella nostra epoca morire così? Uccidere i civili senza che nessuno faccia niente? Sono morte più di sessantamila persone solo a Gaza e altre  sono state ammazzate anche in altre zone. Io, come tutti i palestinesi, sono contrario a quanto è accaduto il 7 ottobre.  Il proverbio però recita occhio per occhio ma qui è stato un occhio per migliaia di occhi. Non si capisce perché tutto questo è stato permesso. C’è comunque una speranza, vedo come tutti i popoli siano vicini ai palestinesi, manifestando la loro solidarietà. Al di là delle posizioni dei governi, fa piacere e dà grande fiducia il fatto che così tante persone in ogni parte del mondo si schierino a fianco degli abitanti di Gaza”.     

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