Il ritorno di Trieste in... Italia
Aggiornamento: 25 ott 2022
di Marco Travaglini
Il 26 ottobre del 1954 Trieste, la città dei venti e della “scontrosa grazia”, cessava di essere un territorio amministrato dalla Comunità internazionale e tornava a pieno titolo a fare parte dell'Italia. Appena una settimana più tardi, il 4 novembre, anniversario della vittoria nella Grande guerra, i triestini stretti tra il mare il Carso accoglievano in visita ufficiale il presidente della Repubblica Luigi Einaudi per festeggiare la “seconda redenzione”. Una seconda liberazione per la città dell'irredentismo e di Guglielmo Oberdan, di Italo Svevo, di Scipio Slataper, di Umberto Saba e tanti altri intellettuali e sportivi, che si sentiva italiana anche ai tempi degli Asburgo dopo quella del 3 novembre 1918 quando, sconfitto l’impero austroungarico, il cacciatorpediniere Audace sbarcò i bersaglieri sul Molo San Carlo di fronte a quella che diventò la piazza Unità d’Italia.
Si chiudeva così la decennale disputa territoriale che costituì una delle principali controversie della politica estera europea nel secondo dopoguerra con una città e il suo territorio che avevano rappresentato, tra il 1945 e il 1954, il pomo di discordia fra l’Italia e la Jugoslavia, e tra i due blocchi contrapposti dell’Est e dell’Ovest in cui si divise l’Europa dopo la fine della seconda guerra mondiale. La contesa di Trieste diventò uno dei simboli della Guerra fredda da quando, nel 1945, gli alleati avevano fronteggiato Tito creando il territorio libero di Trieste diviso in due zone: la zona A sotto il controllo anglo-americano e la zona B sotto la Jugoslavia. Con il trattato di pace di Parigi del 10 febbraio 1947, oltre alla divisione di Trieste e alla formazione di questa sorta di stato-cuscinetto, era stata assegnata alla Jugoslavia di Tito la quasi totalità della penisola istriana, accelerando il grande esodo della popolazione italiana.
Passarono altri sette anni segnati da forti tensioni e contrasti prima che il Memorandum d’intesa siglato a Londra (5 ottobre 1954) sancisse la fine del governo militare alleato nella zona A, che tornava sotto la diretta amministrazione civile dello Stato italiano, mentre il controllo della zona B restava alla Repubblica jugoslava, che portava così a termine l’acquisizione della penisola istriana, vanificando le ultime speranze degli italiani d’Istria e di Dalmazia. Si dovettero attendere altri 21 anni perché la questione della frontiera fra Italia e Jugoslavia venisse formalmente perfezionata con un vero e proprio accordo internazionale come avvenne con il trattato di Osimo, in provincia di Ancona, del 10 novembre 1975 che definì, con il passaggio di comuni da una parte all'altra, la linea di confine fra Italia e Jugoslavia.
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