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Fisco: il Paese in cui i furbi passano per saggi...


Flat tax, ceto medio e luoghi comuni


di Rocco Artifoni


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C’era una volta la progressività fiscale. La scrissero nell’art. 53 della Costituzione come criterio per istituire il sistema tributario. Negli ultimi decenni - attraverso la riduzione degli scaglioni dei redditi, l’introduzione di tassazioni separate e l’ampliamento delle “flat tax” - di fatto è stata progressivamente tradita l’indicazione dei costituenti. Oggi siamo arrivati al paradosso di dichiarare che a pagare le imposte sono soltanto i ricchi.

«Chi guadagna dai 60 mila euro in su, di fatto, finisce sempre per pagare per due: per sé e per chi resta totalmente a carico della collettività. È la trappola del ceto medio: molti ricevono senza dare, pochi danno senza ricevere». L’affermazione - in occasione della dodicesima edizione dell’Osservatorio sulle entrate fiscali, a cura del Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali, presentata il 30 settembre alla Camera dei Deputati - è di Stefano Cuzzilla, presidente della Confederazione Italiana Dirigenti e Alte Professionalità.

La maggior parte dei mezzi di comunicazione ha riportato la notizia con questo titolo: “L’IRPEF sulle spalle di pochi. Il ceto medio la paga per tutti”.

Anche l’attuale Governo continua a promettere che nella prossima legge di bilancio ci sarà un intervento a favore del ceto medio, alleggerendo l’aliquota IRPEF intermedia dal 35% al 33%, possibilmente alzando il tetto dello scaglione fino a 60mila euro. Il risultato effettivo sarà che i contribuenti con redditi superiori a 60mila euro usufruiranno della maggiore diminuzione di imposta (1.440 euro).

Peccato che tutti si scordino di segnalare che gli italiani con redditi sopra i 60mila euro sono 2,1 milioni e rappresentano soltanto il 5% del totale dei 42,5 milioni di contribuenti. È del tutto evidente che considerare “ceto medio” il 5% più ricco è ridicolo oltre che un insulto alla logica.

In realtà, in Italia il reddito medio dei contribuenti è di 24mila euro annui, mentre il reddito mediano (cioè il reddito di chi si trova nel mezzo della classifica dei contribuenti) è soltanto di 20mila euro.

“In medio stat virtus”, scriveva Aristotele nella sua Etica Nicomachea. Il problema sta nel comprendere dove si trova il “medio”. Tanto più che il filosofo greco affermava che “la virtù sta nel mezzo” per esortare a cercare l'equilibrio e la moderazione, rifuggendo ogni esagerazione.

Oggi invece dilagano gli estremisti camuffati da moderati, dimenticando che “tutti devono concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva” (art. 53 Costituzione). Se molti non contribuiscono, probabilmente significa che ci sono troppi poveri e anche troppi evasori fiscali. E sempre più spesso si dà la colpa ai primi, mentre si perdona i secondi, attraverso la “pace fiscale”, l’unica pace di cui abbiamo notizia.

Come scriveva Francis Bacon: “Niente provoca più danno in uno Stato del fatto che i furbi passino per saggi”.

 

 

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