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Europa: una Conferenza sul futuro per darsi un presente

Aggiornamento: 17 mar 2023

di Michele Ruggiero


Tra pochi giorni, il 12 e 13 dicembre, il Consiglio europeo porrà in discussione un documento per l’avvio della Conferenza sul futuro dell’Europa, originariamente lanciata da Emmanuel Macron e successivamente fatta propria dalla nuova Commissione europea. L’idea, infatti, è maturata alla vigilia delle elezioni europee e Macron l’ha resa pubblica il 4 marzo scorso nella lettera “Per un rinascimento europeo”. Idea suggestiva ed affascinante che si allarga a ventaglio muovendo dal progetto di costruzione di una roadmap dell’Unione: in essa, cittadini e forze della società civile dovrebbero essere cooptati nel dibattito politico che assumono gli Organi decisori europei e dagli Stati, in modo da intraprendere un percorso compartecipato.

La proposta dell’Eliseo è stata raccolta e sposata dalla nuova Presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen che, nel suo documento “Il mio programma per l’Europa”, non ha esitato ad avanzare un preciso cronoprogramma e stilato quelli che dovranno essere i contenuti dell’iniziativa: 1) inizio dei lavori della Conferenza nel 2020 per la durata di due anni; 2) il mandato della Conferenza verrà definito e proposto da un atto inter-istituzionale tra Consiglio, Commissione e Parlamento europeo (e un membro di quest’ultimo dovrebbe presiedere il coordinamento della Conferenza); 3) potranno essere riformati i Trattati se verrà richiesto dalla maggior parte dei partecipanti e/o se sarà reso necessario per rendere operativi i risultati emersi dalla Conferenza; 4) il coinvolgimento nei lavori sarà paritario tra i due soggetti protagonisti della Conferenza, dalle Istituzioni (europee, nazionali e locali) alla società civile, quest’ultima in quanto sincera espressione delle forme organizzate della volontà dei cittadini, dando particolare rilievo all’opinione dei giovani.

La Commissione europea, tra l’altro, ha mostrato di voler bruciare i tempi nella valorizzazione dell’idea di Macron, nominando la croata Dubravka Šuica, parlamentare del Ppe, Commissaria per la promozione dei lavori della Conferenza. Ex sindaca di Dubrovnik, Dubravka Šuica ha riservato sempre particolare attenzione al ruolo degli Enti territoriali nel processo di integrazione europea. La sua funzione nel coordinamento della Conferenza potrebbe essere condiviso con il parlamentare liberale Guy Verhoefstadt, nome che circola con insistenza in questi giorni nelle stanze del Parlamento europeo. Il 26 novembre scorso, Francia e Germania hanno dato nuovo impulso al processo per l’avvio della Conferenza, redigendo un paper nel quale sono già individuate alcune questioni chiave su cui dibattere e persino un timeline dei lavori. In Italia, la Conferenza è sostenuta dalle forze federaliste MFE, CIME, ME e, per quanto riguarda i poteri regionali e gli Enti locali, dall’Aiccre, l’associazione italiana per il Consiglio dei Comuni e delle Regioni d’Europa.


Tuttavia, a livello di forze politiche e istituzionali, la Conferenza non è ancora è apparsa in agenda. Semplice ritardo o matura constatazione che, senza che si scivoli nell’euroscetticismo, l’avvio della Conferenza avrebbe forse necessità di una pre-discussione tra gli Stati membri per risolvere problemi non secondari sulla forza di penetrazione della stessa idea. In primis, la necessità di misurare la capacità dei governanti nell’imprimere una reale incidenza politica delle forze della società civile e dei cittadini rispetto alle volontà degli Stati. Operazione politica che oggettivamente si muove su terreno accidentato, se non magmatico, per le nevrosi antieuropeiste che minano oggi la salute del Vecchio Continente, indistintamente arruolate con la divisa sovranista, e non usiamo a caso il termine “divisa”. Il problema è cruciale, perché dal rapporto tra partecipazione della società civile e potere degli Stati passa la revisione, e soprattutto in quale direzione, dei Trattati fondamentali. È ancora percorribile, infatti, un assetto federale dell’Europa oppure si corre il rischio di disperdere anche il potenziale non sfruttato di precedenti Trattati, come quello di Lisbona? L’interrogativo non può essere eluso, se non si vuole elidere la credibilità stessa dell’Unione Europea.


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