Detto in pochissime parole... Zakharova da Oscar per il tempismo nell'unire l'Italia
- Indiscreto controcorrente
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Aggiornamento: 10 ore fa
di Indiscreto controcorrente

Complimenti, davvero sinceri per il suo tempismo, a Maria Zakharova, portavoce del ministero degli Esteri della Federazione Russa, per come sia riuscita con una sola frase ad unire tutti gli italiani sotto l'orgoglio della sovranità nazionale. O, se non a unirli, sicuramente a costringere l'ala meno rigida verso Putin o più tiepida con Zelensky, a secondo dei punti di vista, a un prudente silenzio. Del resto, le sue parole tutte centrate sull'equazione crollo della Torre dei Conti a Roma uguale a crollo dell'Italia per i finanziamenti concessi all'Ucraina, non potevano che sortire quell'effetto e, per contrasto di pancia, ridare fiato ai legionari del Si vis pacem, para bellum, già gasati dall'invio alle forze armate di Kiev del carro armato B1 Centauro. Un mezzo, e qui apriamo una breve parentesi, di ottimo profilo tecnologico, estremamente veloce (105 km/h), ma più idoneo a un impiego dinamico, che non nello di scontro di trincea in cui da mesi vive la guerra nel Donetsk.
Ma, per ritornare allo sprezzante commento russo, c'è da chiedersi se, come nel romanzo La Talpa di Le Carré, la signora Zakharova non sia la portavoce di una occulta e raffinata regia da spy story, preludio a un doppio o triplo gioco orchestrato dall'intelligence russa erede del KGB, magari con la supervisione di Putin, che da quelle stanze ha preso la rincorsa per conquistare il potere, e quindi difficile da riconoscere per noi comuni mortali. Sarà il tempo a rispondere.
Nel frattempo, chiediamoci se la signora Zakharova abbia dato, ieri, 3 novembre, un'occhiata anche distratta al calendario. In quel caso, si sarebbe resa conto di essere alla vigilia del 4 novembre, giornata delle Forze Armate nel nostro Paese, celebrazione della vittoria nella Grande Guerra, immonda carneficina voluta dai capitalismi, di cui si può dire e si deve continuare a dire il peggio del peggio, ma che ha visto sofferenze e privazioni tra la popolazione civile e 650 mila morti e oltre un milione di feriti in grigioverde, in massima parte contadini, cioè i nostri nonni o bisnonni gettati nelle trincee e visti indistintamente da tutti i generali, di ogni nazione, come carne da macello.
La storia della Grande guerra studiata dalla signora Zakharova probabilmente si ferma al 3 marzo 1918, al trattato di pace di Brest-Litovsk firmato dalla Russia bolscevica di Lenin e gli Imperi centrali. Una resa per quella che non era ancora l'Armata rossa. Ora, il fermo immagine è comprensibile per un russo. Ma lo è meno per noi europei e italiani. E dal momento che la signora Zakharova è portavoce del ministero degli Esteri, la invitiamo a ritornare sui libri di storia universale: sarebbe meno sgradevole, anche per lei e soprattutto per noi, delle sue ultime frasi.













































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