588 giorni di guerra: "strike" di Israele a Gaza: oltre 120 morti
- Vice
- 18 ore fa
- Tempo di lettura: 4 min
di Vice

Vergognoso. Ma non accontentiamoci. Poi dovremmo far seguire l'immagine dell'urlo di Munch e una marea di parole, ma forse non ve ne sono a sufficienza nel vocabolario, per svergognare i massacri che quotidianamente provocano le forze armate dello Stato di Israele nella Striscia di Gaza. Ieri oltre 120 morti, con notizie riportate in dettaglio anche dai quotidiani israeliani, tra cui si distingue come sempre Haaretz, che denuncia bombardamenti nel sud e nel nord della Striscia, e un assedio portato dall'Idf a una scuola che ospitava palestinesi sfollati.
Un bagno di sangue, l'ennesimo e da "record", mentre il mondo disquisisce se ciò che sta accadendo a Gaza - sappiamo di ripeterci, ma non abbiamo alternativa - è genocidio ai danni del popolo palestinese, se è giusto utilizzare quel terribile rimando storico. Ma ci si svegli una buona volta per tutte e si abbia un minimo di coraggio: ha davvero importanza formalizzare e dare una cornice ai massacri contro i civili, malati, donne, bambini, vecchi? Possibile che l'opinione pubblica rifugga, rigetti, rifiuti l'assuefazione e non capisca l'importanza di fermarli e di fermare l'abisso verso cui stiamo correndo? E di costringere il premier israeliano Netanyahu, che vive oramai con il sangue agli occhi e la convinzione di essere immortale e inamovibile dal suo posto di comando, a cambiare rotta? E a restituire Israele a una dimensione di pace per ritrovare sé stessa, riguardare con occhi umani la realtà e rinunciare agli insopportabili vissuti di morte che stanno creando più fossati divisivi nella società israeliana?
Dinanzi all'ecatombe gazawa, anche il segretario di Stato americano Marco Rubio, è entrato a fare parte del salotto dei "preoccupati", commentano i quotidiani. Non è mai troppo. Il prossimo passaggio dovrebbe essere quello di guardare diritto negli occhi Netanyahu e leggergli le parole pronunciate da Agnés Callamard, segretaria generale di Amnesty International, nel novembre scorso, a corollario dei mandati d'arresto per crimini di guerra e crimini contro l’umanità emessi dalla Corte penale internazionale emessi nei confronti del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, dell’ex ministro della difesa israeliano Yoav Gallant e di un comandante di Hamas:
La giustizia internazionale si è messa finalmente al passo rispetto a coloro che sono sospettati di crimini di guerra e crimini contro l’umanità commessi in Palestina e in Israele. I mandati d’arresto di oggi rappresentano un momento storico per la giustizia e devono essere il segnale dell’inizio della fine della persistente e diffusa impunità che è al centro della crisi dei diritti umani in Israele e nel Territorio palestinese occupato.
Il primo ministro israeliano Netanyahu è ora ufficialmente un ricercato. Dopo il mandato d’arresto emesso nei suoi confronti, così come dopo quelli contro Gallant e al-Masri, gli stati membri della Corte penale internazionale non dovranno fermarsi fino a quando queste persone non saranno processate dai giudici indipendenti e imparziali della Corte. Non può esservi alcun ‘riparo sicuro’ per chi è sospettato di aver commesso crimini di guerra e crimini contro l’umanità.
Emettendo questi mandati d’arresto, la Corte penale internazionale reca finalmente una speranza concreta di giustizia alle vittime di crimini di diritto internazionale e ripristina un po’ di fiducia nei valori universali degli strumenti legali internazionali e della giustizia internazionale
Sollecitiamo ora tutti gli stati parte della Corte penale internazionale e anche gli altri, come gli Usa e ulteriori alleati di Israele, a mostrare rispetto per la decisione della Corte e per i principi universali del diritto internazionale arrestando e consegnando alla stessa Corte le persone ricercate.
Chiamare alti responsabili a rendere conto della loro sequela di crimini è un passo avanti cruciale per porre fine alle continue violazioni dei diritti umani in Israele e nel Territorio palestinese occupato e potrà contribuire ad affrontare il continuo spossessamento e la continua oppressione dei palestinesi sotto l’illegale occupazione e il sistema di apartheid di Israele.
“I mandati d’arresto per Netanyahu e Gallant comprendono accuse di crimini di guerra che costituiscono ‘gravi violazioni’ delle Convenzioni di Ginevra. Ogni stato nel mondo ha l’obbligo di portare di fronte alla giustizia chi è sospettato di aver commesso tali ‘gravi violazioni’, a prescindere dalla nazionalità del sospetto autore o della vittima.
Dopodiché il Dipartimento di stato degli Stati Uniti dovrebbe cominciare a trasmettere nel mondo il desiderio di aiutare Gaza a rialzarsi in pace e nel rispetto delle sue tradizioni, che sono millenarie, le stesse su cui, per usare la corrispondenza apparsa oggi sul Manifesto, "Israele sta abbattendo una violenza che non lascia scampo". Una violenza che semina terrore e morti. Sessanta solo a Khan Younis, denuncia ancora il Manifesto, "dove intere famiglie sono state massacrate. I volti dei bambini, rossi di sangue e bianchi di morte, penzolavano insieme agli arti esanimi dalle braccia dei genitori. Il piccolo Ibrahim Al-Banna è stato ucciso nell’area di al-Qarara, da un bombardamento che ha colpito la sua casa. Solo la sera prima piangeva, inconsolabile, ai funerali di suo zio. Sempre a Khan Younis un raid aereo ha ammazzato il giornalista Hassan Samour, conduttore radiofonico di Al-Aqsa Voice Radio, morto insieme a undici membri della sua famiglia. Un altro reporter, Ahmed al-Helou, tecnico video per Quds News Network, è stato ucciso insieme a suo fratello".
Dobbiamo leggere oltre?
Comments