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24 FEBBRAIO, UN ANNO FA Debolezza europea e soluzioni di pace

Aggiornamento: 7 apr 2023

di Stefano Rossi

All’inizio del mese di febbraio 2022, pochissimi credevano che la Russia di Putin avrebbe invaso l’Ucraina con un’aggressione militare sul terreno, puntando all’occupazione dell’intero territorio nemico. Ricordiamo tutti le analisi rassicuranti sul fatto che lo spiegamento di truppe al confine fosse solo un atto dimostrativo, che mai Putin avrebbe osato rompere l’ordine internazionale e scatenare una guerra ad alta intensità in Europa.

Anche al gelido risveglio del 23 febbraio, pochi avrebbero immaginato che la guerra, dopo un anno di conflitto aperto e ininterrotto, sarebbe stata ancora così lontana da una qualsiasi conclusione. Che l’esercito ucraino avrebbe tenuto testa sul campo a quello russo, grazie agli aiuti militari occidentali, alle sanzioni e a una stretta cooperazione della NATO (considerata “cerebralmente morta” un paio di anni prima da Macron). Molti credevano in una guerra lampo, o limitata a consolidare le occupazioni pregresse nelle zone contese.

Se è un esercizio sterile fare previsioni sul futuro, con l’unica certezza che il tempo smentirà ogni pronostico, si può provare a guardarsi indietro e tentare di mettere in prospettiva alcuni fatti:

1. la Russia ha scatenato un’aggressione ingiusta e ingiustificabile, scommettendo che l’UE si sarebbe divisa, che gli Stati Uniti – reduci dal disastro afgano – non avrebbero avuto la forza di intervenire, e che l’Ucraina sarebbe crollata in poche settimane; agli errori di valutazione sono seguiti adattamenti di strategia che, finora, hanno scongiurato la sconfitta sul campo e il ritiro delle truppe, ma che hanno portato a una recrudescenza delle ostilità e il ricorso a crimini di guerra;

2. la risposta della NATO, a guida statunitense, è stata forte dal punto di vista militare, evitando allo stesso tempo un allargamento del conflitto: al governo ucraino sono state concesse massicce forniture militari, ma negati interventi diretti più volte richiesti (come la no-fly zone);

3. l’UE ha risposto con i suoi strumenti: nuove sanzioni sono state adottate rapidamente, hanno avuto un effetto immediato minore di quanto sperato, ma hanno creato seri problemi all’economica russa nel medio termine, come ammesso dalla stessa banca centrale russa;

4. i governi europei hanno fallito, specialmente a causa delle debolezze della leadership tedesca, a trovare intese tempestive su alcune forniture militari e soprattutto sul price cap alle importazioni di gas, il che ha esposto l’economia europea a una stagione turbolenta e ha permesso un’inflazione che sta solo ora tornando lentamente sotto controllo.

In questo scenario, la mancanza di una politica estera e di sicurezza comune ha consentito il deteriorarsi di una crisi internazionale iniziata con l’occupazione “camuffata” della Crimea e del Donbass, e culminata con l’invasione “plateale” dell’Ucraina. L’assenza di un’autonomia strategica europea, che continua a demandare la propria sicurezza agli Stati Uniti, ha rinforzato negli anni le mire espansionistiche del regime di Putin e ha impedito di creare e gestire un’area di pace intorno ai confini europei – dal Nord-Africa, al Medio Oriente, ai Balcani Occidentali – e un multilateralismo collaborativo con le altre potenze.

Poche soluzioni si intravedono all’orizzonte, per un’Europa che a quasi vent’anni dalla bocciatura della Costituzione Europea non è ancora riuscita a trovare una nuova strada per costruire la propria politica estera e di difesa, e che resta inerme a osservare il crescente disordine internazionale e l’espansione di regimi autoritari. Allo stesso tempo, non sembrano esserci alternative se l’obiettivo è promuovere un mondo di pace e giustizia.







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