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Viaggio nell'Italia insolita e misteriosa.

Dalle piazze al Castello, le bellezze di Vigevano


di Ivano Barbiero


Diciannovesima tappa nell'Italia "insolita e misteriosa" di Ivano Barbiero[1]. In questa nuova puntata, il nostro instancabile viaggiatore, lasciati i luoghi misteriosi di Veneto e Firenze, ci introduce nello splendore rinascimentale di Vigevano. Siamo in provincia di Pavia e attorno alle vestigia della storia che si fa maiuscola con le vicende di Ludovico il Moro e della moglie Beatrice d'Este, i richiami diventano poi moderni e contemporanei per l'ammirazione che ispirano i monumenti della città.



E' considerata la piazza più bella d’Italia o almeno così bella da far innamorare il maestro Arturo Toscanini. La vasta Piazza Ducale di Vigevano, in provincia di Pavia, è in stile rinascimentale. La sua costruzione iniziò nel 1492 per volere di Ludovico il Moro, come anticamera del Castello e fu ultimata nel 1494 per accogliere Carlo VIII il potente re di Francia. Il signore e duca di Milano era desideroso di mostrare ai grandi signori del Rinascimento una piazza inedita e chiese ai suoi architetti ducali, fra questi Donato Bramante, di progettare una regale anticamera d’ingresso all’imponente Castello Visconteo sforzesco.


L’attuale forma architettonica venne disegnata e realizzata dal geniale vescovo architetto Juan Caramuel Lobkowitz che nel 1680 chiuse il quarto lato con la facciata barocca della Chiesa Cattedrale di Sant’Ambrogio ed eliminò la rampa d’accesso al Castello e i due archi trionfali. Lunga 134 metri e larga 48, la piazza è edificata su tre lati (il quarto è occupato dall’edificio sacro) ed è circondata da portici e arcate sorretti da 84 colonne in serizzo con capitelli l’uno diverso dall’altro.


Su ciascuna colonna è posto un medaglione che ritrae personaggi dell’epoca romana e rinascimentale, tra cui Ludovico il Moro e la sua consorte Beatrice d’Este, figlia di Ercole d'Este, accompagnati da alcuni motti e proverbi.

I tondi sono oltre settanta e sono affrescati alla maniera del XV secolo. Questi si trovano in corrispondenza di ciascun pilastro, in forma di una decorazione pittorica inscritta in un cerchio.


Vi sono volti di eroi classici, imprese sforzesche, simboli araldici e medaglioni di difficilissima interpretazione. La quasi totalità di ciò che è possibile ammirare è frutto del restauro firmato da Giorgio Silva nel 1887 che molto probabilmente ha introdotto numerosi elementi anacronistici.

Tra il 1905 e il 1910 fu realizzato un ampio restauro che riportò alla luce i lacerti degli affreschi sforzeschi, nascosti dalle pitture settecentesche, a opera dei pittori vigevanesi Casimiro Ottone e Luigi Bocca. Durante i lavori furono rifatti i tetti con la realizzazione degli eclettici camini e installati i lampioni attuali. Ulteriore particolarità: i comignoli di mattoni sui tetti delle case che danno su Piazza Ducale riproducono le torri dei castelli che al tempo degli Sforza facevano parte del feudo di Vigevano.

In occasione del cinquecentesimo anno della sua costruzione, tra il 1992 e il 1996, fu eseguita la ripittura della decorazione di inizio secolo e il restauro di ciò che restava degli affreschi sforzeschi originari. 

La Piazza Ducale è da sempre considerata il cuore, antico e moderno, meglio ancora “il salotto” della città; uno spazio scenografico di grande suggestione e armonia. Il grande maestro Arturo Toscanini, seppure malato, chiese di essere portato proprio in quella piazza, per sedersi ai tavolini dei bar, in quanto la considerava una sinfonia musicale, una composizione orchestrale su quattro lati, simile ai quattro movimenti delle sinfonie. A destare ulteriore curiosità sono i motti che stanno sul Palazzo, in tutto 29, che stanno scritti sopra un nastro: ognuno di essi è illustrato da un dipinto allegorico. Leggiamone qualcuno e proviamo a interpretarlo:


“Sona se tu poi”: campanile spezzato con campana a terra.

“Per mal dire”: una colonna spezzata e un uomo con un martello che batte le lingue del serpente.

“Che per grase fa”: (Che si fa per grazia): lupo che mangia l’agnello.

“Non desedar el cano che dorme”: un ragazzo in camicia che molesta un cane che dorme.

“Vendeta de trenta ani”: asino che tira calci.

“Ambo florentes”: (entrambi in fiore): una fronda di palma e una di quercia unite da una corona ducale.

“Achi non pexabene porta”: (a chi non pesa bene, porta): un uomo con il sedere scoperto portante sulle spalle un sacco.

“O mò o mai”: ferro da stiro caldo.

“Ele piato lorato”: (è preso il sorcio: un topo che entra in una zucca fiorita e rosicchiata.

“Non me ne fare dove per una”: (non farmene due per volta): una mano che tiene un legno e un’altra mano che fa un taglio con un coltello.

“Quando sarà tempo”: un sacco rigonfio.

“Vetum non impune lacesset”: (non si provoca impunemente una cosa proibita): mano che scioglie un cane legato.

“Tuto el torto vain”: (lo storto va in pezzi): scure che squadra un tronco.

“Ut ion gor”: (per unire): due draghi aventi fra loro il caduceo.

“Se tu no voi credere giarda”: (se non vuoi credere guarda): una mano nel fuoco.

“Non me spavento”: anatra e uccello rapace.

“Quando quest sachosa tira tuto el mon dotrema”: (quando questo sacco si aprirà tutto il mondo tremerà): sacco pieno di…

“Per non perd el tempo”: uomo con un cucchiaio che asciuga una sorgente.

“El to pense sarode”: (il tuo pensier si rode): drago con verga in bocca.

“Chosi sa quista”: (così si acquista): mezza donna e mezza capra con in spalla un bilanciere.

“Eon poso cheleroto el nodo”: (non posso perché è rotto il nodo): una mano che regge una fune rotta legata ad un mattone.

A Vigevano merita senz’altro una visita anche la “Strada coperta” o “Livello Superiore”. Si tratta di un manufatto unico in tutta l’architettura castellana europea che rappresenta una delle più formidabili opere di ingegneria militare medievale. Chiamata anche “strada serrata” o “pensile”, ha proporzioni gigantesche: è lunga 167 metri e larga 7 e supera un dislivello di 10 metri tra il maschio del Castello e il luogo in cui un tempo sorgeva la Rocca Vecchia, fortilizio affacciato sulle campagna, al limite delle mura.  La “Strada coperta” fu realizzata nel 1347 da Luchino Visconti per consentire ai signori di Milano di entrare e uscire dal Castello senza essere visti dagli abitanti del borgo, e di fuggire in caso di pericoli incombenti. 

Tra tante dicerie e voci incontrollate di strade di sicurezza o sotterranee che permettevano ai vari re di fuggire in caso di rivolte, tumulti o invasioni (emblematiche in questo caso le vie di fuga dai palazzi reali torinesi attribuite ai Savoia) questa è la riprova che i percorsi di salvezza esistevano realmente. La costruzione possente è rimasta intatta nella sua colossale struttura. Basti pensare che i militari vi fecero transitare pesantissimi cingolati fino alla metà degli anni '60 del secolo scorso senza alcun danno per la struttura.


Ritratto di giovane donna, cerchia di Leonardo da Vinci. Identificato come ritratto di Beatrice d'Este ma dubbio. Da Wikipedia

La strade sotterranee sono in realtà due: imponenti e suggestive strutture di collegamento che, in successione, dalle immediate vicinanze di Piazza Ducale, conducono attraverso piani rialzati all’antico fossato del Maschio del Castello e allo spazio della Cavallerizza. Completamente percorribili grazie ad un recente restauro, si presentano divise in due sezioni di grandi dimensioni che ospitano nel corso dell’anno mostre ed eventi di richiamo

Durante le opere di manutenzione e restauro sono stati scoperti stemmi sforzeschi ed alcune tracce della cappella di Beatrice D'Este. Il passaggio, specialmente del secondo tratto, consente di ammirare le stratificazioni storiche e funzionali: la scuderia per cavalli a partire dal XVIII secolo, il luogo di lavoro per le maestranze della corte ducale degli Sforza; ed è pure visibile il locale adibito a ghiacciaia. Una ennesima suggestione la si prova sapendo che in questa città soggiornò anche Leonardo da Vinci, in qualità di sovrintendente alle acque, sempre su incarico di Ludovico il Moro, che lo ammise anche a corte apprezzandone le eccellenti capacità artistiche e il sapere scientifico e matematico. Durante il suo soggiorno il genio toscano studiò le Scuderie del Castello, costruite durante il ducato del Moro per ospitare gli allevamenti dei cavalli degli ospiti invitati a partecipare alle battute di caccia, trovandone ispirazione per il progetto della stalla-modello disegnata nel manoscritto B di Parigi. Si dice inoltre che anche la celebre piazza Ducale, porti i segni di Leonardo. Progettata dall’ingegnere ducale Ambrogio da Corte, come ingresso monumentale al castello, fu costruita tenendo conto anche delle sue osservazioni dopo che ne visionò i progetti, contribuendo così alla realizzazione dell’opera assieme al Bramante.


Note


[1] In:



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