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La pace invocata da Francesco, un disturbo per gli adepti della guerra

di Luca Rolandi


Nella sera del Venerdì Santo, Papa Francesco non arretra e sceglie ancora una volta la posizione più scomoda, ma la più vicina alla sofferenza del Cristo che cammina verso la crocifissione: l'amore per gli altri. E lo fa, in questa Santa Pasqua della Chiesa cattolica, di cui è la guida morale spirituale, con la forza e la passione di un visionario che rifiuta a priori la guerra e nome della Pace. Ma, ancora una volta nella solitudine più estrema e profonda che fu di Gesù di Nazareth, rifiutato dalla folla che a Gerusalemme, tra lui e Barabba, sceglie di salvare quest'ultimo, uomo d'armi, in carcere per aver ucciso. La differenza che ci propongono i Vangeli è netta. Ma i Potenti che impongono la loro volontà ai più umili, a quelli che oggi soffrono e muoiono, sembrano i primi a rifiutare il Cristo. La riflessione di Luca Rolandi.


Ieri sera, il Papa non c’era. Troppo freddo. Lui appena rientrato dal ricovero, anziano e acciaccato, ha seguito la preghiera da lontano come milioni di persone nella sua stessa condizione. Per il Venerdì Santo 2023 Francesco ha voluto che le 14 meditazioni che ripercorrono la passione di Gesù fossero ”Voci di pace in un mondo di guerra", fin dalla preghiera iniziale: il ragazzo russo e quello ucraino, le donne del Sud est asiatico e dell'Africa centrale, i migranti che tentano il viaggio via mare, il ritorno alla violenza e alle tensioni in Medioriente, la terra di Gesù. Tutte testimonianze raccolte da papa Francesco nei suoi viaggi, diventati testi toccanti e sinceri, che non lasciano l'ultima parola alla morte, ma alla speranza, vera protagonista del genere umano. Alla fine la preghiera composta da papa Francesco, con un "grazie" ripetuto 14 volte.

Il Papa dunque che incarna nel Vangelo nella storia, il Cristo morto, abbandonato, deriso, negli abissi del nulla che oggi e sempre è rappresentato dalla condizione dei vinti, degli sconfitti, di tutti coloro che alla vita si aggrappano per sopravvivere se ci riescono. Lezione di umanità e di cristianità radicale, vera, profondamente ancorata all’essere chiesa nel tempo e nella realtà quotidiana, in una parole evangelica fino in fondo.

Un giovane ucraino e un giovane russo alla decima stazione ("Gesù è spogliato delle vesti") hanno pregato insieme, per dire che la guerra distrugge tutti, tutti sono vittime, solo i fanatici, gli opportunisti e i politici senza scrupoli la pensano come - si badi bene - come prima soluzione. "Voci di pace dai giovani dell'Ucraina e della Russia" è il titolo della meditazione in cui i due ragazzi dovrebbero raccontare la loro esperienza. "Gesù, per favore, fa che ci sia la pace in tutto il mondo e che tutti possiamo essere fratelli", diranno i giovani.


I comunicati di protesta dell'Ucraina

Lo scorso anno, dopo le polemiche per la presenza in una stazione di due amiche, una ucraina e una russa, Papa Francesco decise che la meditazione non fosse letta. Questo non bastò ad evitare l'incidente diplomatico con Kiev. E anche quest’anno non sono mancate le polemiche. Dopo l’ambasciatore dell’Ucraina presso la Santa Sede, anche la Chiesa greco-cattolica ucraina, attraverso l’arcivescovo di Kiev Sviatoslav, contesta il testo delle meditazioni. Nel comunicato si arriva a parlare di “indignazione” e “rifiuto” trasmessi al Vaticano. Inoltre, all’Arcivescovo maggiore della Chiesa greco-cattolica ucraina è stato chiesto di trasmettere alla Sede Apostolica la grande indignazione e il rifiuto di questo progetto da parte degli ucraini di tutto il mondo. Il commento di Sviatoslav è molto duro: “Per i greco-cattolici dell’Ucraina, i testi e i gesti della XIII stazione di questa Via Crucis sono incomprensibili e persino offensivi, soprattutto in attesa del secondo, ancora più sanguinoso attacco delle truppe russe contro le nostre città e villaggi. So anche che i nostri fratelli cattolici del rito latino condividono con noi questi pensieri e preoccupazioni”. Singolare "manifestazione" d'amore per chi predica l'incontro tra i popoli e comunità diverse.

All'opposto, il Papa guarda avanti e non chiude il dialogo con i fratelli e le sorelle, anzi rilancia il suo grido di pace e speranza, unica strada ed unico orizzonte per salvare l’umanità.









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