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Sicurezza sul lavoro, il messaggio da Torino: “ora si deve girare pagina”

di Menandro|

Al presidio di oggi pomeriggio, davanti alla Prefettura di Torino, organizzato dai sindacati Cgil, Cisl e Uil per rivendicare maggiori tutele e sicurezza sul lavoro, non c’era affollamento. I più sono rimasti a casa o hanno preferito sciamare nel centro cittadino in cerca di regali natalizi. In parole povere, la società nel suo insieme non ha risposto come ci si aspetterebbe dopo un trauma della dimensione di tre morti sabato scorso a Torino. Tre vite umane spezzate in un attimo, mentre lavoravano su una gru in via Genova. Erano tre operai di un cantiere edile intenti nelle operazioni per sistemare il ponteggio della facciata di un condominio da ristrutturare.

Eppure, appare evidente dal numero di vittime giovani e meno giovani sui posti di lavoro, che nel nostro Paese non c’è più tempo per dedicarsi all’indignazione da salotto. Occorre partecipare per non lasciare soli chi difende i lavoratori e chi crea lavoro nel rispetto delle regole, nonostante la concorrenza sleale di chi quelle regole bellamente si “impegna” a ignorare. Ma dal negativo, come in una foto, si forma un’altra immagine, positiva: è la conferma della giustezza dell’iniziativa sindacale, la conferma che è fondamentale riprendere ad arare in profondità il campo dei diritti del lavoro e dei diritti civili e a riportare le persone alla riflessione su scelte e comportamenti e sulle conseguenze che producono. Sempre. E da governo, Parlamento, istituzioni, partiti, associazioni imprenditoriali è legittimo chiedere di non concedere più il diritto di asilo a quelle locuzioni che spalancano la porta alla degenerazione nella convivenza civile. In primis, alla madre di tutte le frasi con cui si concede porto franco o addirittura si pretende l’approvazione alle ingiustizie: “che male c’è?”.

Che male c’è a far lavorare per più di 10 ore in situazioni rischiose? Che male c’è a chiedere di lavorare sette giorni su sette? Che male c’è se si risparmia utilizzando il personale in nero e non specializzato per vincere l’appalto al ribasso, magari strizzando l’occhio al committente? Che male c’è se in fabbrica si riduce la frequenza della manutenzione degli impianti o se non si investe su macchinari più sicuri e moderni? In ultimo: che male c’è se esiste sempre una buona ragione per trasgredire o violare le leggi? La risposta a “che male c’è… a morire sul lavoro?” purtroppo non arriva mai in tempo utile. Perché chi rimane stritolato in un macchinario, chi è intossicato dalle esalazioni di carburante, vernici, vapori tossici, chi cade da un ponteggio o da una gru, chi è travolto da un’auto in autostrada o dal ribaltamento del trattore, semplicemente non la può dare.

 
 
 

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