SETTIMANA FINANZIARIA. Dazi, bandiera bianca della UE
- Michele Ruggiero
- 6 giorni fa
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a cura di Stefano E. Rossi

Dazi Usa al via. Invece l’Unione Europea china la testa e, almeno per un altro semestre, non attiva il bazooka. È questo il soprannome bellico della contromisura che l’UE ha ideato per contrastare l’entrata in vigore della tariffa al 15% imposta dal governo Trump agli alleati (ex…).
Così, dallo scoccare della mezzanotte di giovedì 7 agosto, mentre abbiamo visto pienamente applicati i dazi alle nostre esportazioni oltre Atlantico, non c’è stato pressoché nulla per i flussi di merci e servizi americani che prendono la direzione inversa. Da quella mezzanotte, però, è anche scoccata l’ora della verità, quella della verifica delle promesse. I fronti che si aprono sul giudizio all’operato del Presidente sono molti. Si passa dalla tenuta dei fondamentali dell’economia, all’invarianza dei prezzi al consumo e dell’inflazione. E ancora, dal rispetto delle promesse di riduzione delle imposte sul reddito, alle aspettative del re-shoring, cioè della ri-localizzazione delle attività produttive sul territorio statunitense. Perciò, con l’approssimarsi delle elezioni di mid-term previste a novembre dell’anno prossimo, si avvicina anche il momento della verifica del consenso popolare. Il count-down per ridisegnare la composizione della Camera dei Rappresentanti e del Senato è già iniziato e, stasera, segna 450 giorni.
Sorpresa sui lingotti d'oro
A sorpresa, l’ufficio doganale Usa ha oggi, 8 agosto, chiarito che i dazi si applicheranno anche ai lingotti d’oro di peso pari o superiore al chilogrammo. E a New York il valore del future, il contratto a termine sul metallo prezioso, schizza nuovamente all’insù, bucando quota 3.500 dollari l’oncia. Questo si compensa con il rapporto euro-dollaro che, dopo un breve calo, ha ripreso a dare segnali di tensione. In questo caso a noi europei va bene. A fine settimana un euro vale 1,166 dollari. Si determina così un costo finale che però rasenta i 100 euro al grammo. Risultato: in borsa salgono le quotazioni delle imprese estrattive, ma soffrono e rischiano di chiudere i settori artigianale e commerciale, con aziende sempre più in preda alle crisi di vendite.
Ma sui mercati europei e a Hong Kong l’oro frena e trova un argine a 3.400 dollari l’oncia. Quindi, costa meno. È un’anomalia dei mercati telematici che stupisce, ma che, per altre materie prime come il rame, abbiamo già visto. Sono i tempi del magico mondo di Trump.
Tra i primi ad accusare Donald Trump di bullismo, definendolo già al primo mandato Bully-in-Chief (bullo in carica), era stato il Washington Post, otto anni fa. Ma se all’estero il Presidente ha finora incontrato atteggiamenti tutto sommato accondiscendenti, sia da parte dei capi di governo, che delle diplomazie, in patria è riuscito nel suo più gratificante intento: quello di scatenare la rissa. Trascuriamo le mobilitazioni di massa e le rivolte sociali, che esulano dal nostro campo di osservazione, ma che in alcuni casi hanno richiesto l’intervento della Guardia Nazionale.
Trump, il tagliatore di teste...
Ci interessiamo perciò a due vicende che rischiano, incredibilmente, di minare la credibilità della prima potenza industriale e finanziaria del mondo: i casi di Erika McEntarfer e di Jerome Powell.
La prima era la responsabile dell’Ufficio statistica del Lavoro. Ha pubblicato, con l’usuale riservatezza, il report settimanale sull’occupazione. Si doveva trattare di un licenziamento esemplare, nelle intenzioni di Trump. Per questo, è stato molto sbandierato, quanto contestato. L’accusa alla McEntarfer, senza prove, del Presidente Usa era di aver manipolato i dati. L’intera stampa americana si è rivoltata contro la decisione. A quel licenziamento sono seguite le quasi immediate dimissioni di Adriana Kugler. Era una componente del Board (Comitato) della Federal Reserve. Ma quest’ultima sostituzione è già pronta e indebolirà la già precaria posizione di Powell. C’è all’orizzonte un fedelissimo di Trump, il suo consigliere Stephen Miran.
Il secondo caso riguarda proprio il tentativo di sostituzione del presidente della Federal Reserve, la banca centrale Usa. Che la prestigiosa, benché scomoda poltrona di Jerome Powell fosse in bilico è noto dai tempi dell’esito dello scrutinio elettorale. Trump, l’ha ripetutamente attaccato, l’ha accusato di stupidità, ha fomentato le divisioni interne alla Banca centrale. Ha portato il Comitato della FED, il FOMC, all’aperta sfiducia del loro capo da parte di due dei suoi 19 policymaker componenti. Ma questo non è stato sufficiente a far cadere Powell. Nonostante tutto, difficilmente Trump riuscirà a rimpiazzarlo entro la sua naturale prossima scadenza primaverile. Ma Donald il bullo non smetterà di mostrare i pugni. Infatti oggi tocca a un altro, a Lip-Bu Tan, CEO di Intel: se ne deve andare.
Stellantis e Filosa sotto esame
L’agenzia di rating Fitch ha messo nel mirino Stellantis. Ne declassa l’outlook, cioè le prospettive future, che diventano negative. Ma, peggio del peggio, ritira il rating, già al livello più basso (BBB). D’ora in avanti, non esprimerà più alcun giudizio, finché permarranno gli attuali livelli di rischio finanziario e di debolezza commerciale. L’unico aspetto confortante dell’analisi che Fitch ha espresso riguarda il profilo di business, che resta forte. Robusti vengono anche definiti il portafoglio ordini e l’attrattività del marchio. Adesso, spetterà al nuovo CEO Antonio Filosa rimettere in carreggiata il gruppo aziendale e far cambiar parere agli analisti delle società di rating. La borsa gli dà già fiducia (+6,55% questa settimana).
Le spese obbligate delle famiglie italiane salgono a un massimo mai registrato in passato, pari al 42,2% del totale. Lo rivela l’analisi dell’Ufficio Studi di Confcommercio, che ha confrontato i dati del 2025 con quelli storici degli ultimi trent’anni. A quelle classiche, come le spese per la casa, le bollette e i trasporti, se ne sono aggiunte e man mano amplificate molte altre, un tempo meno tipiche e onerose, come le tariffe telefoniche, le spese sanitarie e le assicurazioni. È una tendenza che richiede attenzione: per rilanciare la domanda interna, è necessario rimuovere gli ostacoli che comprimono la libertà di spesa, a partire dal contenimento dei costi fissi e dalla tutela del potere d’acquisto.
Costo della vita sul doppio binario
Un altro studio, stavolta di Unioncamere, fotografa nuovamente un’Italia a due velocità. Per i consumi delle famiglie, a Milano si spende il doppio rispetto a Foggia. La spesa pro-capite nel capoluogo lombardo tocca i 30.993 euro annui, nella capitale della Capitanata la media scende a 13.697 euro. La dinamica ricalca, inevitabilmente, quella del reddito disponibile, già pubblicata lo scorso trimestre. La provincia di Milano è in testa con 34.885 euro pro-capite, chiude la classifica ancora la città pugliese con 14.554 euro. Il divario, negli ultimi cinque anni, ha mostrato la tendenza a ridursi, ma, a quanto si vede, la strada è ancora lunga.
Non era ancora successo. A giugno 2025, per la prima volta da sempre, la principale fonte di elettricità nell’Unione Europea è stata l’energia solare. Lo attesta Ember, agenzia di ricerca leader nella transizione energetica. Pone il solare al 22,8%, con una potenza espressa pari a 45,4 Twh (un tera watt ore = un miliardo di Kwh). In classifica supera, nell’ordine, il nucleare (21,8%), l’eolico (15,8%) e il gas (14,4%). Il carbone crolla dal 25% di dieci anni fa all’attuale 6,1%, il minimo storico.
Piazza Affari questa settimana macina nuovi record: pochi colori rossi e molte intonazioni verdi al rialzo. Tra tutti spiccano i soliti titoli finanziari, come Mediobanca e Banca Mps, al centro degli interessi degli investitori per il ben noto risiko bancario.
Anche Interpump si mette in luce. La società di Fulvio Montipò, indiscussa leader mondiale nel settore delle pompe ad alta pressione, dopo un 2024 già ottimo è uscita con una semestrale spettacolare, di gran lunga al di sopra le aspettative. Buoni utili, crescita supplementare delle vendite e un margine operativo che sale di un ulteriore +6%. I mercati l’hanno subito premiata.
Il Borsino della settimana – rassegna dei migliori e dei peggiori titoli del listino FTSE MIB.
I Tori: Interpump +13,11%, Mediobanca +12,00%,
Gli Orsi: Diasorin -3,83%, Hera -2,07%
FTSE MIB: +4,21% (valore indice: 41.623)
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