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Sarajevo: "Frammenti di uno spettacolo" chiude la mostra al Mastio

Aggiornamento: 14 mar 2023

di Vice

Sarà una pièce dal titolo evocativo "Sarajevo. Frammenti di uno spettacolo"[1] a chiudere domenica alle 17.45 la mostra fotografica "La lunga notte di Sarajevo", organizzata dall'Associazione La Porta di Vetro, ospitata al Mastio della Cittadella dal Museo nazionale d'Artiglieria con il sostegno del Consilio regionale del Piemonte e del Comitato Diritti umani e civili, il patrocinio della Città di Torino, la collaborazione dell'Associazione nazionale artiglieri d'Italia (ANARTI) e il determinante lavoro dei numerosi e anonimi volontari, coordinati dal ten. colonello Gerardo Demo e dal Primo Luogotenente Enrico Galletti, che hanno prestato gratuitamente la loro opera a favore dell'evento.

Sulle toccanti immagini in bianco e nero di Paolo Siccardi accolte con grande favore dal pubblico (a cura di Tiziana Bonomo con testi di Marco Travaglini e di Michele Ruggiero), le attrici Chiara Bosco, Serena Bavo, Silvia Mercuriati, Stefania Rosso sotto la regia di Monica Luccisano e la consulenza di Diego Acampora, daranno voce alle emozioni terribili di quel lungo assedio alla capitale bosniaca durante la guerra dei Balcani per poi dare spazio al dialogo con il pubblico sulla genesi del loro progetti e sui prossimi appuntamenti.

Quello di Sarajevo fu l'assedio più lungo di una città in epoca contemporanea. Costò stragi e dolori infiniti con migliaia di morti e di feriti, vittime innocenti di un conflitto esacerbato dal cancro del nazionalismo, il cui malefico vessillo fu raccolto nella Jugoslavia dell'epoca da uomini violenti, assassini di professione in divisa e non, asserviti unicamente al potere, cinici nell'utilizzare l'appartenenza etnica a fini personali per dividere chi aveva vissuto in pace per quasi mezzo secolo. Fu così che nella Jugoslavia post titina, quella unita dal maresciallo Tito, il senso di comunità si ritrovò soppiantato dalla "pulizia etnica" di una parte contro l'altra, croati contro bosniaci e serbi contro tutti.

"Sarajevo. Frammenti di un spettacolo", nasce da costola del testo "Fuga da Sarajevo" rappresentato a Torino allo Spazio Kairos il 17 e il 19 febbraio scorsi.[2] Opera della drammaturga Monica Luccisano, "Fuga da Sarajevo" trae libera ispirazione dai racconti di Irina Dobnik consegnati all’autrice Monica Luccisano in un’intervista del 2012, e in particolare dalle vicende del Kamerni Teatar ’55 di Sarajevo. Lo spettacolo, che sarà riproposto sabato 6 maggio alle 21 sempre allo Spazio Kairòs di Torino, si avvale della collaborazione in coproduzione di cinque associazioni culturali di Torino, da Doppeltraum Teatro, Liberipensatori Paul Valéry, Onda Larsen, Progetto Zoran e a Tékhné e vede in scena sette attrici, interpreti e co-registe, in una prospettiva tutta al femminile[3].

Nel raccontare gli anni dell'assedio, “Fuga da Sarajevo” entra nelle pieghe introspettive di Irina Dobnik e della sua idea di teatro, del suo essere una giovane attrice, poco più che ventenne, del Kamerni Teatar ‘55. Quella esplosione di violenza entra a gamba tesa nella sua vita. "Ma in quell’angoscia crescente - scrive Monica Luccisano - il suo teatro intraprende una straordinaria “resistenza culturale”: spettacoli, concerti, prove aperte, performance di ogni genere continuano ad animare il Kamerni durante l’assedio, e non è solo per l’ostinata voglia di vita dei suoi attori e attrici, ma anche di quei cittadini che continuavano a frequentare quel luogo trovandovi un rifugio per corpo e mente, quando a Sarajevo è l’inferno".

E in una sorta di osmosi tra vita e teatro, il lavoro su “Aspettando Godot” è il testo scelto su cui si intreccia l’angoscia di quei giorni. Angoscia che le prove, alla luce delle candele portate da quei pochi spettatori che sfidano il fuoco dei cecchini, sollevano in parte, almeno in quel desiderio che donne e uomini provano nello "scippare" una boccata d’aria che significa vita contro l'odio mercificato dalla guerra. La lavorazione dello spettacolo diventa così sempre più intensa. E in una sorta di congiunzione tra realtà e finzione, "Aspettando Godot" si prefigura di giorno in giorno come il metro di misura della tensione e della paura individuale e collettiva, tensione e paura destinate a riassorbirsi nell'attesa che qualcosa o qualcuno riesca a mettere fine all'incubo divorante.

"La drammaturgia - annota ancora Luccisano - racconta parallelamente i due mondi: quello della guerra e quello delle prove. Ma quei due mondi, la città di Sarajevo assediata e la trama di “Aspettando Godot” si mescolano sempre di più, come vasi comunicanti. All’incrocio, scorre la vita di Irina e delle sue compagne “sorelle” con le quali si stringe sempre di più nel teatro diventato rifugio, la sua storia d’amore con Goran, e il suo profondo amore per Sarajevo".


Note


[1] L'evento, organizzato dall'Associazione La Porta di Vetro, ha ricevuto il sostegno diretto del Consiglio regionale del Piemonte e del Comitato Diritti umani e civili.

[2] https://www.laportadivetro.com/post/fuga-da-sarajevo-in-scena-allo-spazio-kairos-di-torino . Le foto della pièce presenti nell'articolo di oggi sono di Stefano Roggero.

[3] Fuga da Sarajevo. Info sulla pagina IG “fugadasarajevo”, oppure scrivendo a: fugadasarajevo@gmail.com.

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